26 marzo 2015

Le motivazioni dei "dieci" e la risposta di UCINA: da che parte sta la ragione?

26 marzo 2015

E' un botta e risposta al veleno quello al quale si è assistito nelle ultime 24 ore tra le aziende dissidenti e i vertici di UCINA. Proviamo ad analizzare le posizioni di entrambi

E' un botta e risposta al veleno quello al quale si è assistito nelle ultime 24 ore tra le aziende dissidenti e i vertici di UCINA. Proviamo ad analizzare le posizioni di entrambi

5 minuti di lettura

Ucina_elezioneA 24 ore dall’annuncio choc dei “dieci” è tempo di analizzare meglio le posizioni assunte dalle aziende “dissidenti”, tra le quali ricordiamo figurano Azimut-Benetti e Ferretti, e quelle di UCINA Confindustria Nautica. Il ritiro della candidatura alla Presidenza di Lamberto Tacoli, spiana di fatto la strada a Carla Demaria che venerdì verrà ufficialmente nominata come nuovo Presidente.

 

Il botta e risposta senza esclusioni di colpi tra i “dieci” e UCINA ha lasciato di stucco il mondo degli addetti ai lavori, ed è per questo che risulta interessante andare ad analizzare alcuni dei passaggi chiave delle lettere tramite le quali i contendenti, concedeteci l’espressione, se le sono suonate di santa ragione.

 

Nella lettera inviata dai “dimissionari” ai soci si leggono alcuni punti cruciali:

 

Da tempo ormai non ci sentiamo più rappresentati da UCINA, pur essendo le nostre aziende realtà di rilievo in termini di valore – non solo economico – per la storia, la dimensione, l’importanza e il prestigio internazionale della Nautica Italiana…Non ci sentiamo rappresentati, in primo luogo, in quanto non è più possibile trovare all’interno dell’Associazione un terreno aperto al dibattito, elemento indispensabile per prendere in considerazione un cambiamento di orizzonte e di operatività che, prevalendo su posizioni individuali, dovrebbe mirare all’interesse collettivo. Alcuni di noi hanno avanzato proposte costruttive per un’evoluzione dell’Associazione, che sono state messe in discussione per la forma invece di essere valutate nella sostanza e affrontate in un dibattito privo di pregiudizi, che sembra non essere più percorribile nemmeno in seno al Consiglio…Riteniamo inoltre che il fine dell’Associazione non possa e non debba essere incentrato in via prevalente all’organizzazione del Salone Nautico di Genova…Troviamo incongruente il fatto che UCINA, e quindi il Made in Italy, possa essere rappresentata da un manager, per quanto preparato e rispettabilissimo, che è espressione organica di un importante gruppo straniero che ha solo minimi interessi in Italia ed i cui stabilimenti produttivi, livelli di impiego e creazione di indotto sono concentrati in un Paese concorrente del Sistema Italia. Che credibilità avremmo all’estero? 

 

Molto interessante valutare a questo punto la reazione di UCINA, riassumibile in questi passaggi:

 

L’Associazione risponde coesa alle dimissioni di alcune Aziende comunicate alla vigilia dell’Assemblea Elettiva del nuovo Presidente. In un momento in cui in tutta Italia e nel Mondo le aziende fanno sistema è un gesto di particolare gravità…In un momento in cui le aziende di tutto il mondo fanno gruppo e sistema non si capisce come, a pochi giorni da un momento dove si poteva ricostruire l’unità associativa, per ragioni incomprensibili o protagonismi personali sia stata presa la decisione di danneggiare in modo aprioristico e consapevole un’Associazione consolidata e rappresentativa degli interessi generali e non individuali del mondo della nautica…Giova ricordare che il Consiglio Direttivo di UCINA aveva raccolto tramite i Saggi le manifestazioni di voto dei Soci che si erano espressi per il 70%  a favore di Carla Demaria e per il 15% a favore di Lamberto Tacoli…Inoltre non si ritiene rilevante l’osservazione secondo cui il candidato Carla Demaria sia manager di un importante gruppo straniero, essendo già presente in Consiglio come Presidente e socia di un Cantiere di diritto italiano che produce in Italia imbarcazioni di disegno italiano, con una struttura di oltre 300 dipendenti e un fatturato che la colloca entro i cinque maggiori produttori nazionali.

 

Le principali accuse mosse dai “dieci” sono la mancanza di dialogo, la reazione negativa dei vertici di UCINA ai punti programmatici promossi dai big Azimuti-Ferretti-Baglietto, ma lanciati dagli stessi alla stampa prima di essere esposti ai soci. In ultimo la critica verte sulla stessa figura di Carla Demaria, ritenuta “poco italiana” per gli interessi che esprime, essendo legata al marchio Beneteau.

 

La stessa Carla Demaria, in un’ampia intervista rilasciata alla nostra testata solo poche settimane fa, aveva lanciato ampi segni di distensione con queste parole: “L’associazione ha la vocazione di difendere tutte le anime, la contrapposizione deve essere superata dal confronto. Ci sono molte più cose in comune tra grandi e piccoli costruttori piuttosto che tra un rivenditore di accessori e un marina. Accettiamo che ci siano le differenze e confrontiamoci sul merito, la contrapposizione è sbagliata se si vede solo come volontà di imporsi gli uni sugli altri. Accettare le differenze significa ricomporre: la vocazione è di rappresentare tutti i segmenti e lavorare per obbiettivi comuni”

 

Parole che, almeno da un punto di vista formale e diplomatico, non denotano la “mancanza di dibattito” denunciata dai “dieci”. Ovvio che possano esserci dinamiche interne differenti, ma i segnali di distensioni da parte della Demaria erano stati piuttosto chiari. Sul fatto di essere “espressione organica di un gruppo straniero”, se da un lato è indubbiamente vero, da un altro non si può non ricordare che la Demaria rappresenta anche Monte Carlo Yachts che, pur essendo parte del gruppo Beneteau, è in effetti un cantiere di diritto italiano che lavora e produce in Italia. Se a queste valutazioni aggiungiamo il fatto che le dichiarazioni di voto degli associati andavano nel 70% verso la manager Monte Carlo, le motivazioni dei “dieci” finiscono, almeno apparentemente e per quello che emerge, in una strettoia la cui uscita sembra molto in salita.

 

Resta a questo punto da capire se è stato fatto, da parte dei vertici UCINA, tutto il possibile per evitare lo strappo. Una vicenda che ha connotati molto “politici”, tutta interna ai giochi di potere dentro Confindustria Nautica, giochi che non possono e non devono penalizzare ulteriormente il comparto nautico già martoriato. Con l’uscita dei “dieci” resta anche da valutare come cambierà, e se cambierà, il prossimo Salone Nautico. Indubbio che si terrà a Genova nelle date previste, come sarà è ancora da vedere.

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3 commenti

  1. C’era una volta la nautica italiana e il Salone di Genova dove i ricchi e i poveri si incontravano per sognare. Oggi il sogno è finito ( per i ricchi, ovviamente, continua altrove). Dopo il Governo, i demagoghi e la stampa populista ci si sono messi anche gli imprenditori ! Bravissimi tutti! Sono riusciti a distruggere un primato d’eccellenza italiana e un Salone che ne era la massima espressione.
    A questo punto è inutile, anzi fa persino rabbia, cercare di individuare le colpe e le ragioni, perchè a nostro avviso le responsabilità sono generali.
    A Carla Demaria, presidente in pectore dell’Ucina, suggeriamo una soluzione …’provocatoria’ non tanto per tentare di ricomporre i cocci’ , quanto per superare almeno l’impasse: elimini definitivamente il ‘nautico’ di Genova e sposti tutto, baracca e burattini, a Cannes, meta ormai ideale decantata da tutti i maggiori cantieri italiani!
    In definitiva, chi meglio di lei in terra di Francia ?!…

  2. mario says:

    BRAVI!!!

    hanno fatto bene ad andarsene! Ma quale comparto in crisi, dal 2000al 2010 cani e porci si
    sono inventati “addetti” leasing dati a chiunque, tutto ciò è servito a far diventare la nautica un
    settore di barboni persone che entrano in negozio e ancor prima di sapere di cosa si parla chiedono
    quale è lo sconto.
    ucia a cosa serve a chiedere soldi allo stato o a organizzare un salone che è sempre peggio?
    STATE A CASA CHE è MEGLIO!!!

  3. Narese says:

    E’ possibile che l’unico candidato esistente per poter rappresentare il fior fiore dell’industria nautica italiana (Azimut, Benetti, Baglietto, Ferretti ecc.) sia la sig.ra Demaria che, come ammesso da Voi stessi (traspare peraltro il Vostro sostegno nei suoi confronti) e’ una “espressione organica di un gruppo straniero”!
    A mio avviso l’UCINA ha torto marcio e’ sta decretando la propria fine a spese della nautica italiana e dei numerosi lavoratori da essa impiegati ed il tutto solo per sostenere la ….Demaria!
    Svnarese