Additive manufacturing: al Salone di Genova i primi casi fruttuosi per la nautica
"Zero tool-zero waste" al Salone di Genova svela come l'additive manufacturing nella nautica sia cruciale, anche per la sostenibilità
"Zero tool-zero waste" al Salone di Genova svela come l'additive manufacturing nella nautica sia cruciale, anche per la sostenibilità
Additive manufacturing, un’espressione legata a modalità produttive proiettate verso il futuro, che al Salone di Genova ha rivelato inedite applicazioni anche per il settore nautico, in cui flessibilità e sostenibilità iniziano ad essere imprescindibili. La conferenza “Zero tool-zero waste”, a cura di ATENA Lombardia, è stata infatti un momento di scoperta e di riflessione su una tecnica in costante evoluzione, già sfruttata per la realizzazione di progetti a diverse scale dimensionali.
Cosa si intende per “additive manufacturing”?
L’additive manufacturing (AM, in italiano traducibile come produzione additiva) è un processo utile alla creazione di oggetti partendo da modelli computerizzati, mediante aggiunta di materia – uno strato sopra l’altro – invece che sottrazione (come avviene ad esempio fresando un blocco iniziale) o stampaggio. Nata tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, ha avuto un’accelerazione qualitativa e applicativa in questi decenni, in cui è uscita dai laboratori di ricerca e di sperimentazione per entrare da protagonista nei luoghi dove si produce.
L’additive manufacturing al Salone di Genova
I relatori dell’incontro – Andrea Ratti, architetto ricercatore e docente di design per la nautica e tecnologia dell’architettura presso il Dipartimento di design del Politecnico di Milano, Davide Telleschi, co-fondatore di Superfici, Bianca Maria Colosimo, ingegnere professore ordinario presso il Dipartimento di ingegneria meccanica del Politecnico di Milano, Andrea Biraghi di Camozzi Group, Francesco Belvisi, Cto e fondatore di Nugae, e Marinella Levi, ingegnere professore ordinario presso il Dipartimento di chimica, materiali e ingegneria chimica Giulio Natta del Politecnico di Milano – hanno presentato lo stato dell’arte e prefigurato sviluppi prossimi venturi di questa tecnica, individuando dei casi applicativi significativi.
Molta strada è stata fatta anche nel comparto nautico, grazie al recepimento da parte degli attori delle potenzialità della produzione additiva che risulta ideale al servizio della crescente domanda di customizzazione di armatori e cantieri e della sempre più necessaria flessibilità, in risposta alle fluttuazioni (anche economiche) del mercato e delle tendenze. Perché l’additive manufacturing non richiede le tempistiche di una produzione tradizionale, né il consumo aggiuntivo di materiali – per gli stampi, ad esempio – o la produzione di sfrido: dall’input del software alla stampante 3D o al robot che costruisce, fino al prodotto finito, si tratta di ore, non di giornate, e la materia prima viene utilizzata solamente nella quantità necessaria ed esclusivamente dove serve.
“Il necessario svincolo dalle logiche produttive attuali del settore – ha spiegato Andrea Ratti – che negli ultimi anni ha visto crescere il fatturato globale a scapito però del volume di produzione – si realizzano meno scafi ma di grandi dimensioni e sempre più personalizzati – favorisce l’adozione della additive manufacturing”. E se la tecnica si sta vieppiù affinando, spaziando dalla selezione dei materiali compositi più adatti alle differenti tecniche di addizione materica fino alla ricerca delle fibre di rinforzo ottimali, parallelamente aumentano i risultati concreti.
Superfici, realtà spezzina nata una decina di anni fa dall’entusiasmo di tre compagni di università (Paolo Nazzaro, Davide Telleschi, Guido Zannoni) ha all’attivo, ad esempio, la plancia del motoryacht Amer 94, il redesign della console del Sacs Marine Strider 700, i supporti degli speaker del Tankoa 70 ed un volante con schermo multifunzione integrato per Raymarine, sviluppato con il design generativo che sfrutta l’intelligenza artificiale per generare forme personalizzate ma soprattutto altamente performanti dal punto di vista della funzionalità, dell’ergonomia, della riduzione di materia prima e di conseguenza del peso. “Anche il refit – ha commentato Davide Telleschi – è un ambito interessante per l’additive manufacturing: in mancanza di pezzi recuperabili, si possono riprodurre fedelmente”.
Nugae, start-up lombarda specializzata nella stampa 3D innovativa per “una nautica leggera e sostenibile“, come auspica Francesco Belvisi, ha realizzato invece, ad esempio, la struttura portante di una seduta imbottita per il Wally 100, la chiglia del catamarano Bali 4.3 e l’hard top su misura del Joy Marine 50 RIB.
Sostenibilità: la sfida del futuro della produzione additiva
Ma la vera sfida di domani, legata ai plus della produzione additiva, è quella legata alla sostenibilità. “Nessuno sta seriamente affrontando – ha ricordato Marinella Levi – il tema spinoso del fine vita delle imbarcazioni. Eppure, è un argomento che non si può più evitare. L’additive manufacturing potrebbe essere la chiave di volta del problema, poiché necessita di fibre di sostegno per le resine utilizzate nel processo produttivo: sminuzzare gli scafi, per ridurli in particelle utili, sarebbe un passo avanti auspicabile. Perché anche in questo ambito tecnologico è importante mirare a un’economia realmente circolare, che sfrutti scarti da filiere differenti, per ‘salvarle’ e reintrodurle a nuove vite”.
Operazione virtuosa che già perseguono le sue due “creature”, il +LAB, laboratorio di stampa 3D del Politecnico di Milano, e, dal 2018, lo spin-off, sempre del Politecnico milanese, moi composites, che progetta, produce e commercializza manufatti stampati in 3D utilizzando materiali compositi rinforzati con fibre lunghe (vetro, carbonio, naturali). Da lì è uscito anche il trimarano Mambo, primo scafo al mondo realizzato con l’additive manufacturing e presentato al Salone di Genova 2020.
Argomenti: Accessori nautici, ambiente-&-sostenibilità, Saloni Nautici