20 dicembre 2024

Vis: alla scoperta del relitto della nave ammiraglia di Tito

20 dicembre 2024

La motonave Vis era lunga 58 metri e dotata di due saloni e 32 cabine con 52 posti letto

Vis: alla scoperta del relitto della nave ammiraglia di Tito

La motonave Vis era lunga 58 metri e dotata di due saloni e 32 cabine con 52 posti letto

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Visitare navi affondate porta con sé una grande emozione, perché conduce il subacqueo ad affacciarsi a storie diverse, qualche volta tragiche e in altri casi semplicemente curiose. All’inizio degli anni Cinquanta, la Marina Militare della Repubblica Federale di Jugoslavia decise di costruire la sua "nave ammiraglia". Non si voleva (e non si poteva) fare una gigantesca corazzata o una portaerei ma una nave di bandiera che accogliesse i vertici della Marina e magari facesse bella mostra di sé nei porti del Mediterraneo. Fu così che nel 1956 venne varata la motonave Vis, che prendeva il nome dall’isola dalmata di Lissa ed era destinata a essere la nave comando della Marina, a disposizione del maresciallo Josip Broz Tito, che in realtà vi si imbarcò solo poche volte.

L’unità fu costruita nei cantieri Uljanik di Pola ed era lunga 58 metri, larga 8,7 metri, con un pescaggio di 3 metri e una stazza di 662 tonnellate. Era dotata di due saloni e 32 cabine con 52 posti letto. Lo scafo era interamente in acciaio, con i ponti in alluminio ricoperti di teak, ed era spinta da due motori diesel da 1000 cavalli ciascuno, in grado di farle raggiungere i 17 nodi di velocità massima. Il suo armamento? Due mitragliatrici da 20 mm. Non era insomma né veloce, né imponente e neppure una vera nave da guerra ma una specie di base galleggiante per i vertici della Marina, che qui potevano godere di un lusso altrimenti inusuale in patria. Una nave ammiraglia che fungeva da nave di rappresentanza per ammiragli e capi di stato maggiore.

Dopo il crollo della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, rimase per alcuni anni in disarmo al porto di Pola, per poi finire nel porto montenegrino di Tivat. Nel 2002 il vento era decisamente cambiato. Arsen Brajkovic, un ricco uomo d’affari istriano che da ragazzo aveva svolto il servizio militare sulla Vis, decise di acquistare la nave con l’intenzione di trasformarla in un lussuoso yacht da crociera oppure in un locale notturno ancorato nel porto di Pola. I due progetti, per costi e difficoltà varie, divennero impraticabili e allora l’imprenditore croato decise di trasformarla in un’attrattiva per i subacquei, incassando una tassa da ognuno di loro, cosa che avviene ancora oggi.

Dopo quattro anni di difficile iter burocratico, la nave venne bonificata dagli inquinanti (o almeno da buona parte di essi), venne tagliato l’albero che poteva creare problemi alla navigazione e fu deciso il punto esatto dell’affondamento: nel meridione istriano, a circa 250 metri dalla costa di Uvala Polje, vicino alla punta Plovanije del Parco naturale protetto di Kamenjak, nel Comune di Medulin. L’affondamento non fu semplice e vennero utilizzate delle cariche esplosive che fecero scendere la nave in assetto di navigazione. Vennero poi sistemate due cime a poppa e a prua, collegate a delle boe.

All’evento, che si svolse il 22 maggio 2016, parteciparono molti curiosi e sono disponibili in rete fotografie e filmati dei momenti dell’esplosione e della scomparsa della nave sotto le acque istriane. Oggi è un relitto molto visitato dai subacquei che si recano a vedere i bei fondali e gli innumerevoli relitti nascosti sotto la superficie del mare: è una specie di museo sommerso della storia navale del secondo dopoguerra, un ricordo di un’epoca che per fortuna non esiste più.

La penisola di Capo Kamenjak, che si raggiunge attraversando il piccolo e pittoresco paesino di Premantura, è chiusa da una sbarra e i veicoli a motore possono attraversarla solo mediante il pagamento di una tassa d’ingresso. Appena varcata la soglia del parco le strade diventano di terra battuta e pietra, mettendo a dura prova le gomme delle vetture ma regalando al contempo scorci e paesaggi magnifici. Le spiagge di sabbia qui non esistono (tranne una, affollatissima, che si trova nella vicina Medulin) e sono sostituite da quelle di sassi o di roccia, raggiungibili attraversando boschi e macchia mediterranea. Ci sono anche alcuni punti di ristoro, uno più particolare dell’altro, dove bere un aperitivo mentre il sole tramonta o un frullato di frutta fresca per togliere la sete. Uno di questi si trova proprio vicino al punto dell’affondamento.

Il relitto è invece raggiungibile mediante l’ausilio di diversi diving center della zona, con un breve tragitto che permette di ammirare lo splendido parco dal mare. Io mi immergo in una perfetta giornata d’agosto, con 32 gradi di temperatura mitigati da una piacevole brezza marina. In superficie l’acqua è di 24 gradi, che diventano 19 sul fondo, facendomi stare benissimo con la mia pesante semistagna: soffrire il freddo sott’acqua è questione di un attimo, mentre patire il caldo è ben difficile. La barca trasporta subacquei molto poco esperti e quindi passerò la mia immersione in gran parte da solo, mentre l’unica guida controlla che nessuno finisca per perdersi, pallonare o combinare qualche guaio, anche se la profondità massima è intorno ai -32 metri e non c’è traccia di corrente.

Rispetto alle foto che ho visto in rete, il relitto è decisamente più ricco di concrezione e vita bentonica, segno che il mare lo sta facendo suo, come sempre accade. La visibilità è mediocre e non consente foto d’insieme, tranne in qualche raro momento in cui la nebbia sembra aprirsi come se volesse farti un regalo. Bella la prua con il grande argano salpa ancore, diverse immagini della coperta e la poppa, schiacciata dall’impatto con la superficie del fondale il giorno dell’affondamento. Cerco di effettuare qualche minima penetrazione ma sono solo e non conosco nulla del relitto a causa della totale mancanza di un briefing adeguato. Così non mi azzardo più di tanto, anche perché vengo richiamato presto dalla guida, che non vuole problemi e cerca di tenere tutti uniti come un cane da pastore.

Farò quindi la brava pecorella, godendomi un mondo la ruota del timone di rispetto poggiata a poppa, che doveva servire a ben poco, considerato che da quel punto era impossibile riuscire a distinguere la rotta con le grosse sovrastrutture a bloccare la vista. Mi perdo in questo modo la sala macchine e uno dei saloni, che su internet, al mio ritorno, scopro essere molto interessanti da visitare, visto che le lamiere non sono ancora collassate e non ci sono particolari difficoltà ad effettuare un’adeguata penetrazione. Dopo soli otto anni dall’affondamento il relitto comincia a essere la casa di ostriche e bivalvi e fra poco sarà facile trovare gronghi, astici e murene tra le sue lamiere, con qualche bella corvina a sbucare da una saletta interna, come una passeggera non invitata.

Mi piacerebbe poterci tornare fra qualche anno per poterla visitare meglio e andare a scoprire il fascino dei locali interni che purtroppo mi sono perso, trovando, se avrò fortuna, una maggiore visibilità per le mie fotografie. D’altronde visitare la nave ammiraglia di una Marina Militare non capita tutti i giorni. Se avete voglia di leggere altre storie di mare e di immersioni, vi rimando al volume "Storie Sommerse – Esplorazioni tra i relitti" edito da Il Frangente.

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