A Venezia la Msc Opera travolge un battello e si schianta sulla banchina: si riapre il dibattito sulle grandi navi in laguna
Paura e panico tra i passeggeri e le persone sulla riva. Tre feriti e tante polemiche. Gli ambientalisti: "Da anni denunciamo l'incompatibilità di navi di queste dimensioni con la laguna"
Paura e panico tra i passeggeri e le persone sulla riva. Tre feriti e tante polemiche. Gli ambientalisti: "Da anni denunciamo l'incompatibilità di navi di queste dimensioni con la laguna"
Un incidente annunciato, quello verificatosi alle ore 8,34 di domenica nel porto di Venezia. La Msc Opera – 56 mila tonnellate – procedeva nel canale della Giudecca, appena dopo il bacino di piazza San Marco, alla velocità sostenuto di 5,5 nodi e si stava preparando per attraccare alle banchina, quando un improvviso black out dei comandi (stando perlomeno alla prima ricostruzione dell’incidente) non ha consentito alla nave di manovrare e di ridurre la velocità. Inutile l’intervento del rimorchiatore di sicurezza, perché il forte abbrivio ha spezzato la gomena di traino e la grande nave da crociera è andata a schiantarsi tra la banchina e un battello fluviale ormeggiato sul pontile di San Basilio.
Attimi di paura tra i 110 passeggeri a bordo della lancia e tra le persone che attendevano in riva l’arrivo della nave. I video messi in rete dai testimoni sono davvero impressionanti, considerata la mole enorme della Msc Opera, un “bestione” lungo 275 metri, largo 32 e capace di trasportare circa 2.679 ospiti e 728 membri dell’equipaggio. Per fortuna, l’abbordo si è concluso con tanta paura, la caduta in acqua di diverse persone ma “solo” tre feriti. Poteva andare molto peggio.
Un incidente annunciato, abbiamo scritto in apertura, perché da quasi dieci anni gli ambientalisti di Venezia denunciano l’intrinseca pericolosità del transito di navi superiori alle 50 tonnellate, costruite per navigare in alto mare, in canali stretti e poco profondi come quelli lagunari. Senza tener conto di incidenti come questo, che nel lungo periodo possiamo considerare inevitabili, bisogna considerare anche fattori non affatto secondari come l’inquinamento atmosferico (il porto di Venezia è a ridosso della città storica e nelle calli si registrano più polveri sottili che a ridosso di un’autostrada a due corsie).
Soprattutto va considerata la devastazione causata dell’enorme massa d’acqua spostata dalle grandi navi che si infrange sulle delicate strutture palafitticole che sostengono le “fondamente” ed i palazzi. Un equilibrio unico al mondo costruito per un “traffico” di gondole, galee e navi a vela e non per navi a motore di quella stazza e di quella potenza. L’incidente, se non altro, ha il merito di riportare la questione delle Grandi Navi all’attenzione del mondo intero, dopo che tutti gli ultimi governi hanno preferito evitare di affrontare la questione per timore di scontentare da un lato le potenti compagnie di crociera, e dall’altro di avallare scelte che comprometterebbero ancor di più l’assetto della laguna.
Una delle “soluzioni” infatti è quella di spostare l’approdo a Porto Marghera, obbligando le grandi navi a rinunciare alla “passerella” del passaggio davanti a piazza San Marco, percorrendo la via alternativa dal canale Vittorio Emanuele. Una scelta che gli ambientalisti considerano come una “soluzione” peggiore del male. Il Vittorio Emanuele infatti, come hanno sottolineato vari studi compiuti negli ultimi anni dai tecnici del Ministero per l’Ambiente, dovrebbe essere profondamente scavato trasformando definitivamente quella che era la laguna dei dogi in un braccio di mare aperto, per tacere dell’inevitabile rimozione di milioni di metri cubi di fanghi per lo più pesantemente inquinati. Il canale infatti corre a ridosso della zona industriale di Porto Marghera.
Intanto, l’incidente ha costretto gli organizzatori ad annullare la storica regata della Sensa. Era la festa dello “sposalizio” di Venezia col mare che portava alla città spezie, arte, cultura e ricchezza. Ma davvero, di questo tempi, non c’è nulla da festeggiare.