Massimo Verme: “Per progettare servono pensiero trasversale e creatività. Anche nella nautica ci vuole contaminazione”
Massimo Verme è un ingegnere di Lavagna, che ha trascorso gran parte dei suoi 25 anni nella progettazione nautica e non solo. Ora vuole rendere la nautica accessibile a tutti, con GerrisBoats
Massimo Verme: “Per progettare servono pensiero trasversale e creatività. Anche nella nautica ci vuole contaminazione”
Massimo Verme è un ingegnere di Lavagna, che ha trascorso gran parte dei suoi 25 anni nella progettazione nautica e non solo. Ora vuole rendere la nautica accessibile a tutti, con GerrisBoats
Massimo Verme è un ingegnere di Lavagna. Nato nel 1971, ha trascorso gran parte dei suoi ultimi 25 anni nella progettazione nautica e non solo. Nel corso del tempo ha progettato anche turbine, attrezzature meccaniche ed idrauliche e persino un ponte.
Questa visione allargata gli ha permesso di evitare il famigerato “abbiamo sempre fatto così”, che spesso si incontra anche nella costruzione nautica, da cui oggi in molti si stanno allontanando.
La sua passione non è solo la nautica, ma la progettazione. In particolare quella innovativa ed integrata. Ha infatti scelto la nautica non perché gli piacesse andare per mare, seppur l’ha sempre avuto a due passi, ma per il suo amore per questo tipo di progettazione.
Alla fine degli Anni ’90, quando ha iniziato muovendo i primi passi con Andrea Bacigalupo, il singolo progettista poteva occuparsi della linea esterna, della carena, delle strutture, delle movimentazioni e degli impianti, progettando in modo integrato. Oggi, invece, Massimo Verme sente che si va verso un livello di progettazione molto più avanzato, conservando la voglia di occuparsi di tutti i suoi aspetti.
Per farlo, all’avanzare della tecnica e per mantenere questa capacità, ha costruito una squadra, anche in questo caso un po’ in controtendenza rispetto a diversi progettisti nautici usciti di scena da “one man band”, conservando gelosamente i loro piccoli segreti.
Il suo studio, Verme Projects, che riunisce una dozzina di persone, per diverso tempo ha puntato a fornire progetti chiavi in mano, dal design degli esterni alla carena, fino all’intero sviluppo tecnico. L’esempio più calzante è l’Amer Cento, progetto iniziato ormai dieci anni fa, poi mantenuto sempreverde ed evoluto dal Cantiere Permare, fino ad oggi.
Ingegner Verme, com’è avvenuto il suo incontro con la nautica?
Per caso e per arrotondare le mie entrate da studente, nello studio di Manlio Formentini, un bravissimo tecnico che, come avrei fatto io per diversi anni a seguire, serviva nell’ombra i grandi della nautica dell’epoca, da Bacigalupo a Righini, fino a DeJorio e Caliari, per il quale feci il mio primo lavoro di calcolo, in sub-sub-subappalto.
Nella sua carriera ha avuto modo di progettare anche in altri settori. Quanto può far bene a un progettista nautico “cambiare aria” provvisoriamente?
Ad ogni progettista farebbe bene cambiare aria, così come l’ideale per molti sarebbe seguire un percorso lavorativo variegato in aziende grandi e piccole, al loro interno ed al loro esterno, in Italia e all’estero. Credo che per Progettare, con la P maiuscola, servano non solo conoscenze e rigore ma anche pensiero trasversale e creatività.
Secondo lei come cambierà la progettazione navale?
Probabilmente l’evoluzione della progettazione navale sarà simile a quello della Formula 1: cento ingegneri per progettare un motore, cento per il telaio e così via. Ci sarà meno spazio per i “team” minori e forse per contenere i costi si adotteranno piattaforme tecniche comuni e consolidate.
Dunque anche noi ci stiamo evolvendo verso tematiche sempre più specialistiche, devo dire a beneficio della qualità, della sicurezza e delle performance del prodotto e dell’utente finale, anche se a scapito del mio iniziale romanticismo per l’approccio “olistico”.
Qual è il progetto di cui va più fiero?
Se dovessi dire qual è il progetto che più mi appassiona, direi, come Ferrari, “il prossimo”. E nel mio caso sono due, entrambi per ora autofinanziati: da un lato un concentrato di tecnologia in 7 metri di piattaforma navale innovativa e con un valore sociale, il #GerrisBoats, dall’altro un progetto collaborativo di sviluppo di un 52 metri custom, a quattro mani con un grosso studio di architettura e design, non nautico.
Insomma, lei punta sulla “contaminazione” della progettazione nautica e non ama i personalismi per consentire alla progettazione stessa di evolversi. E’ così?
Sì, la “contaminazione” serve, anche all’interno della stessa nautica! Ogni tanto si dovrebbe far sforzare l’ingegnere di mettersi nei panni dell’architetto e viceversa, senza chiudersi nel proprio orticello. I personalismi, non solo progettuali, esisteranno sempre e la singola buona idea verrà sempre dal singolo, ma il prodotto ottimo si costruirà sempre di più col lavoro organizzato di squadra.
Lei non si definisce un uomo di mare, almeno per quanto riguarda “l’andar per mare”. Eppure con alcuni progetti, come ad esempio il GerrisBoats, ha dimostrato di capire le difficoltà di chi vorrebbe andare per mare ma non può, con un approccio quasi filosofico alla progettazione. Da dove arriva questo modo di concepire i suoi progetti?
Cerco, anzi, per quanto ho detto, cerchiamo, costantemente, miglioramento ed innovazione. A dire il vero è per noi anche fonte di divertimento e soddisfazione, anche se spesso rimane in un brevetto o in un cassetto.
GerrisBoats nasce ad esempio nell’ambito del progetto di una carena per la propulsione elettrica a bassa resistenza e formazione d’onda. Ci siamo chiesti come migliorare l’accessibilità e ci siamo resi conto che potevamo farlo con scafi mobili per regolare l’altezza e conferire forte stabilizzazione al rollio. L’insieme di queste sue caratteristiche la rende unica, iconica e con il plus di una funzione sociale che ci ha dato la forza di iniziare una nuova sfida nel cercare di realizzarla.
A parte il suo lavoro, qual è oggi il suo rapporto con il mare?
A onor del vero, un buon progettista dovrebbe viverlo, vivere una barca per “sentire” le esigenze e non farsele raccontare. Nel mio caso, pur amandolo in versione “ashore”, fino ad oggi mi sono limitato a viverlo nella confusione delle prove di imbarcazioni e raramente come ospite.
Non sarò mai un navigatore, ma nella mia “bucket list” c’è una casella da spuntare, che recita: “ogni tanto vedere casa mia dal mare in barca (a vela) e non come al solito viceversa!”.
Giuseppe Orrù
Foto di Claudio Colombo
NAUTICA IN UN RITRATTO. Un progetto di Liguria Nautica e Claudio Colombo che propone una galleria di personaggi liguri o comunque con un legame con la nostra regione, che hanno lasciato un segno nella nautica italiana o con profonde radici e sinergie con il nostro mare. Per ognuno di loro, vi presenteremo un ritratto fotografico realizzato da Claudio Colombo e un’intervista del nostro giornalista Giuseppe Orrù, per conoscere meglio ogni protagonista, anche con curiosità sulla loro vita privata.
Argomenti: Daily Nautica