L’Istituto Idrografico della Marina Militare: l’importanza del tempo per la navigazione

Entrando nella sala del tempo si respira un profumo di antico. Tra gli orologi conservati al suo interno è possibile ancora ammirare il primo dell’osservatorio, nato con l’istituto nel 1872 e costruito a Londra, oltre a numerosi orologi autentici, utilizzati nel corso del tempo dalle navi

L’Istituto Idrografico della Marina Militare: l’importanza del tempo per la navigazione

L’Istituto Idrografico della Marina Militare: l’importanza del tempo per la navigazione

Entrando nella sala del tempo si respira un profumo di antico. Tra gli orologi conservati al suo interno è possibile ancora ammirare il primo dell’osservatorio, nato con l’istituto nel 1872 e costruito a Londra, oltre a numerosi orologi autentici, utilizzati nel corso del tempo dalle navi

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Quanto è importante per i naviganti la misurazione del tempo? È fondamentale, oserei dire. Ci sono scienziati che nel corso dei secoli hanno perso la vita per capirne i meccanismi.

Non molti, però, sanno che l’evoluzione della misurazione del tempo è parte integrante dell’Istituto Idrografico della Marina Militare, che a Genova custodiva, tra le mura dell’ottocentesco Forte San Giorgio, un osservatorio adibito a tale scopo, oltre ad una sala, presente ancora oggi, denominata “sala del tempo“.

Il tempo è prezioso.. soprattutto in navigazione

Nella seconda metà del 1800, quando era ancora possibile calcolare la longitudine solamente confrontando l’ora locale con quella del meridiano di riferimento, il tempo era davvero prezioso.

Proprio per questo un intero piano dell’Istituto Idrografico della Marina Militare era riservato all’attività dei maestri orologiai. Al suo interno era collocata, ed è conservata tutt’oggi, la “stanza del tempo”, una particolare camera controllata, voluta dall’ammiraglio Magnaghi nel 1883 e dedicata alla conservazione di precisissimi pendoli astronomici.

A Genova l’ora esatta si calcolava da qui, grazie allo sparo a salve di un colpo di un cannone situato a Forte Castellaccio e comandato elettricamente da un segnale inviato da uno dei pendoli campione. Un patrimonio storico unico da ammirare e da raccontare.

Latitudine ma soprattutto longitudine

Il problema della navigazione è sempre stato quello di determinare, nella maniera più precisa possibile, il proprio posizionamento nello spazio o per meglio dire la propria latitudine e longitudine.

Se il calcolo della latitudine non ha mai destato troppi problemi grazie all’osservazione della stella polare in alcuni momenti particolari della giornata (in corrispondenza del crepuscolo nautico, ovvero poco prima del sorgere del sole oppure poco dopo), per la longitudine la situazione era completamente differente.

La longitudine e l’orologio

Grazie all’orologio, i naviganti poterono usufruire di uno strumento abbastanza efficace su cui fare affidamento per il calcolo della propria posizione.

Se la Terra infatti compie una rotazione completa di 360° attorno al proprio asse in 24 ore, ciò vuol dire che ruota di 15° ogni ora. Quindi, teoricamente, se a Genova calcolo quando sono esattamente le 12.00 e poi prendo un orologio, vado in mezzo al mare e osservo quando il sole passa al meridiano, la differenza di orario che leggo tra Genova e la mia attuale posizione potrà essere tradotta in gradi di longitudine.

Detta così sembra semplice, ma le difficoltà nascono quando nel corso della navigazione si ha la necessità di calcolare la longitudine in modo preciso, perché per farlo si ha bisogno di una strumentazione adeguata, ossia di orologi accurati e stabili nel tempo che, a bordo delle imbarcazioni, risentano il meno possibile dei problemi relativi ad umidità e movimento.

Gli orologi meccanici e la tragedia di Scilly

I primi orologi meccanici in senso stretto, seppur ancora imprecisi, debuttarono in Europa attorno al 1200. Poi arrivarono i pendoli, che, molto ingombranti da portare in nave, risentivano del movimento del mare e delle variazioni climatiche. Tutto ciò inficiava il calcolo esatto del tempo e, siccome ogni 4 secondi corrispondono ad un miglio, un errore anche di qualche minuto, poteva comportare una variazione di rotta notevole soprattutto in una navigazione oceanica, anche a rischio della propria vita.

Fu proprio un errore nel calcolo della longitudine a concorrere alla tragedia delle isole Scilly, nel 1707, quando la flotta britannica, comandata dall’ammiraglio Sir Cloudesley Shovell, di rientro in patria, si perse ritrovandosi troppo vicina a quest’arcipelago situato a 45 chilometri di distanza dalla punta sud-occidentale al largo della Cornovaglia, una zona rinomata per la presenza di scogli, banchi di sabbia e fondali bassi. Per questo 4 imbarcazioni affondarono con i propri equipaggi e le perdite si stimarono tra i 1400 e 2000 uomini.

Harrison ed il Longitude acts

La tragedia ebbe un vasto eco in Inghilterra, tanto da convincere la regina Anna a promulgare nel 1714 il “longitude acts”: 20.000 sterline, l’equivalente dei nostri attuali 10 milioni di euro, furono promesse a chiunque fosse riuscito a proporre un metodo valido ed efficacie per il calcolo della longitudine.

Il vincitore fu un certo John Harrison, un falegname. Unendo legni africani molto duri e auto lubrificati a lamine di materiali diversi, costruì il primo prototipo di cronometro marino, l’H1, conservato tutt’oggi a Greenwich e perfettamente funzionante. Il prototipo entusiasmò la commissione, ma si narra che l’unico insoddisfatto fu proprio Harrison, che rifiutò il premio sostenendo di poter migliorare la propria creazione. Negli anni successivi realizzò così l’H2, l’H3 e L’H4 di dimensioni notevolmente ridotte, circa 13 cm di diametro e molto simile agli orologi da tasca moderni.

Stanza del tempo: la sala dei pendoli

La sala del tempo

I maestri orologiai presenti all’interno dell’Istituto Idrografico di Genova, aggiustavano e mantenevano efficienti gli orologi della Regia Marina. In cima al forte si trovava un osservatorio che misurava il passaggio in meridiano e riportava all’interno dei pendoli contenuti nella sala del tempo le informazioni.

Il mastro orologiaio più anziano aveva il compito di controllare il corretto funzionamento degli orologi avvicinandosi alla porta della sala del tempo, senza mai accedervi per non alterare le condizioni della stanza.

Entrando nella sala del tempo si respira un profumo di antico. Tra gli orologi conservati al suo interno è possibile ancora ammirare il primo dell’osservatorio, nato con l’istituto nel 1872 e costruito a Londra, oltre a numerosi orologi autentici utilizzati nel corso del tempo dalle navi.

Tra i più preziosi vi è anche un particolare pendolo di costruzione tedesca ma appartenuto all’Impero austro-ungarico. Dopo la vittoria della prima guerra mondiale, l’Italia ha voluto strenuamente questo strumento. Si tratta di un pendolo che aveva la caratteristica di lavorare sottovuoto e, oltre a possedere un’alimentazione elettrica e a poter trasmettere e ricevere, era molto più accurato degli altri orologi perché lavorando sottovuoto toglieva anche gli attriti dovuti alla presenza dell’aria.

Poi è venuto il tempo degli orologi al quarzo e di quelli atomici, che, rispetto ai cronometri meccanici a carica che campionavano il secondo dividendolo in quattro, hanno un margine di errore di circa un milionesimo di secondo. Certo non è possibile portarlo con sé in navigazione ma possiamo ricevere le sue informazioni grazie al segnale gps che fornisce anche la sincronizzazione di tutti i dati internet e attraverso il quale possiamo oggi conoscere ora e longitudine esatta in qualsiasi luogo del mondo ci troviamo.

 

Maria Cristina Sabatini

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