Come sta la Grande Barriera Corallina australiana? In 25 anni si è dimezzata
Non ci sono buone notizie, neppure per questo incredibile ed enorme ecosistema
Non ci sono buone notizie, neppure per questo incredibile ed enorme ecosistema
Come sta veramente la Grande Barriera australiana, la più grande barriera corallina del pianeta con i suoi 2300 chilometri di lunghezza? Purtroppo non è in buona salute, come conferma un recentissimo studio effettuato da alcuni scienziati australiani, che ha evidenziato come la metà dei coralli che la costituiscono siano andati perduti dal 1995.
La ricerca, guidata dal dottor Andy Dietzel dell’ARC Center of Excellence for Coral Reef Studies nel Queensland, ha misurato i cambiamenti occorsi nelle dimensioni delle colonie, ritenendo che gli studi sulla popolazione siano estremamente importanti per comprendere la demografia e la capacità di riprodursi dei coralli. Dietzel e i colleghi Michael Bode, Sean Connolly e Terry Hughes hanno misurato le comunità di coralli e le loro colonie, facendo un confronto con gli studi effettuati nel 1995. I risultati mostrano chiaramente un impoverimento delle popolazioni complessive.
“Il declino – sottolinea Terry Hughes – si è verificato sia in acque superficiali che più profonde e praticamente in tutte le specie ma in particolar modo nei coralli ramificati, come quelli a corna di cervo (acropora cervicornis), e in quelli a ombrello. Questi sono stati i più colpiti dalle temperature record che hanno innescato lo sbiancamento di massa nel 2016 e nel 2017″.
Le parti più interessate sembrano quelle settentrionali e centrali ma anche quella meridionale ha subito dei danni per colpa delle alte temperature dei primi mesi del 2020. La causa è sicuramente da attribuire a dinamiche a lungo termine, dovute al riscaldamento globale, che ha innescato anche quello degli oceani, oltre che ad una serie di eventi locali che hanno contribuito alla mortalità delle colonie: diversi cicloni, quattro eventi di sbiancamento di massa (causato dalla morte delle alghe che vivono simbioticamente con i coralli, le zooxanthelle) e due grossi focolai della famosa stella marina Acanthaster Planci (corona di spine).
Il proliferare di quest’ultima è legato essenzialmente alla cattura delle specie che si nutrono di essa, permettendole così di riprodursi a ritmi elevatissimi. Il suo principale nemico è infatti il gasteropode Charonia Tritonis, una conchiglia che viene catturata per essere venduta ai turisti come souvenir. I coralli ramificati e quelli a ombrello costituiscono delle strutture importanti per gli abitanti della barriera corallina come i pesci. La loro diminuzione significa perdita di habitat, che a sua volta porta ad una minor quantità di vita lungo tutta la catena alimentare.
“Pensavamo – ha spiegato Hughes – che la Grande Barriera Corallina fosse protetta dalle sue dimensioni ma i nostri risultati mostrano che anche il sistema corallino più grande e protetto del mondo è sempre più compromesso e in declino”.
Lo studio è particolarmente importante dal punto di vista scientifico perché ha esaminato non solo la varietà dei coralli ma anche la loro dimensione, notando che ad essere in crisi sono soprattutto le grandi colonie. Queste assomigliano agli alberi nel loro ruolo fondamentale di fornitori primari di habitat e il semplice paragone è in grado di evidenziare la loro importanza per il mondo sottomarino. D’altronde, potreste immaginare un pianeta senza alberi? Riteniamo che sia decisamente giunto il momento di porre rimedio ai nostri errori. Ricordate il famoso detto dei nativi americani? “Non ereditiamo la terra dai nostri avi. La prendiamo in prestito dai nostri figli. Nostro è il dovere di restituirgliela”.
Argomenti: Daily Nautica