23 novembre 2020

Anche i pesci “fanno l’autostop”: alla scoperta delle remore, passeggere degli oceani

23 novembre 2020

Si tratta di un animale diffuso in tutti gli oceani, dalle zone tropicali a quelle temperate, che vive ovunque ci siano grossi animali a cui attaccarsi

Anche i pesci “fanno l’autostop”: alla scoperta delle remore, passeggere degli oceani

Si tratta di un animale diffuso in tutti gli oceani, dalle zone tropicali a quelle temperate, che vive ovunque ci siano grossi animali a cui attaccarsi

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L’idrodinamica è lo studio del moto dei liquidi. Pensate alla mole di lavoro fatto nei secoli per comprendere meglio il rapporto tra gli scafi e il mare, sia per le imbarcazioni da trasporto che per quelle militari. Vogliamo parlare, ad esempio, degli studi effettuati per i sottomarini? Non dimentichiamo, poi, ciò che è stato fatto per le imbarcazioni da regata.

Tutto per comprendere e mettere in pratica un’esigenza semplice: ridurre l’impatto dell’acqua sullo scafo e andare più veloci, consumando meno energia. Lo stesso lavoro fatto nell’ultimo secolo per l’aria e i veicoli terrestri e aerei. Tuttavia, la natura è incredibile e sempre un passo avanti a noi.

Se dovessimo, infatti, pensare ad un animale che approfitta di altri più grandi di lui per muoversi e vivere, quale vi verrebbe in mente? A me la remora, che ho anche avuto la fortuna di vedere sott’acqua. Si tratta di 8 specie diffuse in tutti gli oceani, dalle zone tropicali a quelle temperate, che vivono ovunque ci siano grossi animali a cui attaccarsi.

Sono pesci di forma allungata, che possiedono una porzione di tessuto piatto di forma ovale sulla testa e sul dorso, grazie al quale sono in grado di attaccarsi alla pelle di grandi mammiferi marini come squali, tartarughe e pesci luna ma anche a imbarcazioni umane.

Nell’antichità i Romani attribuivano alle remore la capacità di bloccare le navi con la forza delle loro ventose. Una leggenda riporta addirittura che durante la battaglia di Azio abbiano trattenuto la nave ammiraglia di Antonio, permettendone la cattura da parte di Ottaviano Augusto. Uno studio appena pubblicato sul Journal of Experimental Biology, condotto dai ricercatori del New Jersey Institute of Technology, ha portato a nuove incredibili scoperte sulla vita di questi animali.

In pratica, posizionando sulla pelle di alcune balenottere azzurre delle videocamere, i biologi hanno notato come le remore si attaccassero a regioni specifiche della sua superficie. Attraverso simulazioni al computer che hanno permesso l’analisi dei fluidi, hanno scoperto come i pesci scegliessero delle zone che consentivano una riduzione della resistenza fino all’84% di una superficie standard.

Non solo. Le remore sono in grado di scivolare lungo il corpo dell’animale in movimento scegliendo i percorsi con minore attrito, usufruendo dell’effetto Venturi. Nelle zone ad alta resistenza, invece, i pesci sono assenti. Beh, perché fare fatica? Sembra proprio questo il motto di questi animali specializzati nel fare “l’autostop”.

Qual è il vantaggio del “tassista”? Le remore si cibano dei parassiti presenti sulla pelle dei grandi animali, oltre che degli avanzi dei loro pasti e della materia fecale. “Le balene sono la loro isola galleggiante”, ha detto Brooke Flammang del NJIT, principale autrice dello studio.

“Grazie ad una serie di fortunate coincidenze – ha spiegato – le nostre registrazioni effettuate sulle balenottere californiane hanno catturato il modo in cui le remore interagiscono con questi animali in un ambiente in movimento veloce, utilizzando le distinte dinamiche di flusso a proprio vantaggio”.

Il filmato registrato durante lo studio ha catturato le immagini di ben 27 remore, che si sono posizionate in 61 punti specifici, quelli più idrodinamici. Il passaggio fra un punto e l’altro avviene attraverso comportamenti definiti di surf e “skimming”, cioè cavalcando e strisciando lungo speciali corsie di viaggio a bassa resistenza. Le posizioni più “ricercate” sulle balene sono quelle dietro lo sfiatatoio, che offre la minore percentuale di resistenza idrodinamica, e immediatamente dietro le grandi pinne.

“Abbiamo scoperto – ha raccontato Erik Anderson, coautore dello studio e ricercatore al Grove City College – che la ventosa della remora è così forte che potrebbe attaccarsi in ogni punto della balena, persino sulla grande pinna caudale, ma a loro piace scegliere la corsia facile. Questo consente loro di risparmiare energia e fare meno fatica, scivolando poi sulla superficie della balena come fa una sonda della NASA su un asteroide”.

Probabilmente, grazie all’effetto Venturi, nell’immediata vicinanza della pelle si crea un flusso a minor resistenza rispetto al flusso libero esterno: questo spiegherebbe il loro incredibile modo di nuotare sul corpo della balena. Questi studi potranno anche aiutare i ricercatori a scegliere i punti migliori per attaccare gli strumenti di analisi e le videocamere ai grandi cetacei: attualmente, infatti, il tempo massimo di permanenza non va oltre le 48 ore, nei casi più fortunati.

Se ci pensate, c’è dell’ironia facile da cogliere. I ricercatori devono impazzire a trovare le balene, magari grazie a droni o velivoli. Avvicinarle non è uno scherzo, figuriamoci riuscire a mettere correttamente sulla loro pelle un ricevitore o una videocamera, che magari si stacca dopo pochi minuti. Il tutto mentre un gruppo di remore, che si diverte a muoversi sulla pelle del cetaceo facendo poca fatica, osserva i poveri umani diventare matti. Io, immagino, con un sorriso.

 

posizioni di attacco delle remore su una balenottera azzurra di 26 metri - NOAA fisheries vedi nota

Nota relativa all’immagine della balena: posizioni di attacco delle remore su una balenottera azzurra di 26 metri come osservato durante lo studio. I cerchi blu indicano che è stata osservata almeno una remora, il cerchio rosso/giallo indica più di tre remore alla volta.

 

Paolo Ponga

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