Marittimi italiani: UCINA lancia l’allarme
Un problema che richiede soluzioni urgenti e risposte concrete, UCINA ha lanciato l'allarme a livello istituzionale
Un problema che richiede soluzioni urgenti e risposte concrete, UCINA ha lanciato l'allarme a livello istituzionale
Una problematica che questa testata ha più volte sollevato, quella dei marittimi, che finalmente arriva alla ribalta nazionale con un concreto interessamento di UCINA Confindustria Nautica. L’augurio è che gli interessi dei marittimi vengano seguiti con un’attenzione crescente da parte delle istituzioni competenti.
Il comunicato stampa di UCINA
Ad oggi sono migliaia coloro che lavorano come marittimi del diporto e trovano sempre maggiore difficoltà a vedere rinnovati i loro certificati di competenza. L’allarme, fino ad oggi inascoltato, è stato lanciato da UCINA nel corso di un incontro con i massimi vertici del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.
Già in passato l’Italia ha adottato norme di recepimento della Convenzione internazionale STCW che regola la materia ben più restrittive di quelle di altri Paesi europei, il che ha determinato una fuga di lavoratori verso l’estero, in particolare la Gran Bretagna.
“Si tratta di un grave danno occupazionale che si riflette sull’intera economia del nostro settore e non ce lo possiamo permettere”, spiega Carla Demaria presidente di UCINA Confindustria Nautica. “Un comandante italiano molto spesso si traduce in un equipaggio italiano, nella scelta di un porto base e di un cantiere di manutenzione nazionali; decidendo di essere più realisti del re e adottando normative inutilmente restrittive ogni giorno perdiamo quattro o cinque comandanti che decidono di andare a lavorare all’estero”.
UCINA insieme all’associata Italian Yacht Master – Associazione dei comandanti italiani di navi da diporto-, ha presentato al MIT le osservazioni alla bozza di decreto attuativo predisposto dagli uffici del ministero e volto a dare attuazione agli aggiornamenti della normativa internazionale.
“Non possiamo ripetere nuovamente gli errori del passato” – spiega Demaria – “la stessa Camera dei Deputati, grazie all’azione svolta da UCINA, ha riconosciuto che <nell’applicazione del decreto legislativo (il n. 136 del 2011, la norma vigente e ora sottoposta ad aggiornamento, ndr) e dei relativi decreti ministeriali di attuazione, si sono riscontrati una serie di inconvenienti, legati ad appesantimenti procedurali e rigidità propri della legislazione italiana, il che ha indotto numerosi lavoratori italiani del settore a conseguire i titoli marittimi in altri Stati dell’Unione europea e, in particolare, nel Regno Unito>”.
“Ai più stretti collaboratori del Ministro abbiamo chiesto che sia sfruttato ogni possibile utile spazio interpretativo a favore della marineria italiana – spiega il vice presidente di Italian Yacht Master, Dario Savino – esattamente come fanno gli inglesi. La Convenzione STCW contiene tutti gli strumenti per poter intervenire. Del resto, quando lo si è voluto fare, lo si è fatto, come è accaduto ammettendo, in deroga nazionale alla STCW, l’equivalenza della navigazione effettuata dal personale militare dei Corpi delle Capitanerie di Porto, della Guardia di Finanza, ecc., esercitata solo sulle motovedette costiere, equiparandola alle “attività alternative” utili a confermare l’assolvimento delle funzioni necessarie per il rinnovo dei certificati di competenza”.
Lo stesso deve essere fatto per:
– l’allineamento dei mesi di navigazione necessari ai fini del rinnovo dei certificati a quanto avviene in Gran Bretagna;
– il riconoscimento della validità della navigazione effettuata su tutte le tipologie di unità sopra le 80 GT (gross tonnage), anche quelle in uso privato, ai fini del rinnovo dei certificati mercantili, purché svolta nella funzione del certificato posseduto o in quella immediatamente inferiore nel grado, similmente a quanto fanno inglesi, francesi, spagnoli, greci;
– il riconoscimento dei corsi di addestramento effettuati nella Comunità europea, necessari al conseguimento e il rinnovo dei certificati di Competenza STCW;
– il riconoscimento della navigazione effettuata su navi battenti bandiera estera, così come fatto da altri Paesi europei;
– la riduzione del periodo di addestramento necessario per le “Funzioni equivalenti”, limitandolo a ventiquattro mesi, cioè una durata pari al doppio dei requisiti minimi previsti dalla Convenzione STCW, peraltro in aderenza alle indicazioni prescritte dal Parlamento;
– l’accettazione di tutte le possibilità alternative all’effettuazione dell’intero periodo di navigazione effettiva necessario ai fini della riconvalida dei certificati, così come vengono fornite dalla convenzione STCW, ad esempio attraverso la frequentazione di corsi di formazione sostitutivi del periodo di navigazione.
“Un altro tema cruciale è quello di scongiurare l’abrogazione della norma che regola i Rapporti tra titoli professionali marittimi e titoli professionali del diporto” (art. 13 del DM 10.5.2005 n. 121), ha spiegato intervenendo all’incontro Piero Formenti, Vicepresidente UCINA Confindustria Nautica e Presidente dell’Associazione europea di settore. “In questo modo non sarebbe più possibile il passaggio dalla carriera nel diporto a quella marittima mercantile, creando una nuova barriera di accesso al mondo del lavoro, penalizzando il diporto e ghettizzando l’Italia in una posizione che non ha riscontro presso le altre marinerie UE”.
Argomenti: Daily Nautica, shipping