28 febbraio 2014

Quale futuro per la nautica con il nuovo governo?

28 febbraio 2014

Un incontro organizzato dal Partito Democratico a Roma, con alcuni operatori del settore, rilancia la riflessione sulla nautica, ma restano i dubbi

Un incontro organizzato dal Partito Democratico a Roma, con alcuni operatori del settore, rilancia la riflessione sulla nautica, ma restano i dubbi

5 minuti di lettura

 

“La nautica al lavoro è Lavoro per il Paese” questo il titolo del convegno promosso a Roma, dal Partito Democratico lo scorso martedì 25 gennaio. Un appuntamento che anche Liguria Nautica ha seguito per capire quale futuro attende il nostro settore.

«Il gruppo del Pd al Senato sosterrà sino alla fine tutte le iniziative capaci di dare sostegno al settore della nautica che da sempre svolge un ruolo importantissimo nel sistema economico e produttivo italiano» ha dichiarato Luigi Zanda, presidente dei senatori del Pd. Parole di grande speranza, che da anni risuonano nelle aule parlamentari e non solo.

 

La giornata di martedì ha visto protagonisti diversi rappresentati del settore e della politica: Anton Francesco Albertoni (presidente UCINA), Giovanna Vitelli (Gruppo Azimut Benetti), Pietro Vassena (Lepanto Yachting), Andrea Razeto (Razeto&Cesareto), Antimo Di Martino (responsabile progetto End Life Boats), Roberto Perocchio (presidente Assomarinas), Gian Marco Ugolini (direttore scientifico dell’Osservatori Nautico Nazionale), Armando Cirillo (responsabile turismo Pd), Massimo Mucchetti (presidente Commissione industria, commercio e turismo del Senato) e Debora Serracchiani (presidente della Regione Friuli Venezia Giulia).

Gli ospiti hanno espresso preoccupazione, fornito numeri e qualche proposta per il rilancio di questo settore che, da oltre sei anni, versa in una crisi preoccupante.

Gian Marco Ugolini, dell’Osservatorio nautico nazionale, ha affermato che «dal 2008 c’è stato un crollo del mercato nazionale pari al 90%: nel 2012 sono state registrate 932 nuove unità (365 a vela, 556 a motore e 11 navi) contro le 4.500 del 2008». Dati più che impressionanti.

Da qui l’intervento di Albertoni: «La politica deve fare delle scelte per le aziende perché la nautica è uno dei settori che muove il motore dell’economia nazionale e dell’indotto».

Infine il microfono è passato nelle mani degli imprenditori: Andrea Razeto, titolare dell’ azienda Razeto&Casareto, che ha richiamato la necessità di un Contratto collettivo nazionale specifico e una riduzione dell’IVA sui charter.

 

Qualche passo più in là, per aiutare il settore, era stato fatto con la modifica della legge sulla tassa di Stazionamento, passata a tassa di Possesso (n. 214 del 22/12/2011), che rientrava nella manovra, dall’allora premier Mario Monti, Salva Italia. Chi c’era nell’eterogenea compagine che votò la manovra? Anche il PD che oggi rilancia l’iniziativa sulla nautica.

Non c’è forse un’ulteriore contraddizione quando il senatore piddino Vidmer Mercatali nel 2011 dichiarò: «I sacrifici richiesti dal provvedimento sono più duri per i cittadini più deboli, ma per la prima volta, giustamente, si colpiscono anche i grandi patrimoni, la ricchezza e il lusso». Lo stesso partito che oggi vuole rilanciare l’economia del mare? Del resto, il piano di Mario Monti aveva vinto anche sul Partito Democratico e Nicola La Torre lo confermava: il suo gruppo avrebbe votato la manovra “anche se durissima”.

 

Ma gli spunti non sono finiti. Il titolo del convegno di Roma conteneva anche questa frase “Analisi e proposte per il rilancio dell’industria e del turismo nautico”. Se si tratta, come vuole essere, di un incontro nazionale, dov’erano tutti gli altri attori che completano il comparto della nautica: scuole vele, scuole nautiche e microimprese? Da dove arrivano dunque le proposte e per chi sono stilate le analisi? Sembrerebbe che a prendere parola, a Palazzo di Santa Maria in Aquiro, siano stati certamente gli addetti ai lavori, quelli però che potremmo considerare “big”. Manca forse una frangia di rappresentati?

 

La nautica resta un’eccellenza del nostro Paese: alla convention Ucina Satec, tenutasi a Cagliari dal 31 maggio al 1 giugno 2013, è emerso che quasi un terzo della domanda mondiale è stato commissionato ai cantieri italiani; in questo settore, pur ridimensionato (dai 532 ordini del 2009 ai 272 del 2012) l’Italia è ancora la numero uno.

Il prodotto realizzato in Italia, da un punto di vista qualitativo resta leader anche a livello internazionale. Ma questo è un punto che andrebbe a stridere con la possibile visione del neo ministro allo Sviluppo Economico Federica Guidi, che sembra voler affrontare a modo suo il tema della proiezione sui mercati esteri da parte delle nostre imprese. A suo avviso l’internazionalizzazione potrebbe essere uno snodo cruciale per restituire movimento alla stasi economica italiana. Le aziende di famiglia del nuovo Ministro delocalizzano su larga scala, trasferendo il lavoro nei paesi dove la manodopera costa meno. Attenzione perché internazionalizzazione non può essere sinonimo di delocalizzazione: se si vuole mettere un freno alla chiusura di aziende italiane, ci sembra occorra anzi disincentivare chi delocalizza e premiare chi mantiene il lavoro in Italia.

 

Dove stiamo andando? A oggi tra i primi punti del nuovo governo Renzi, si sente parlare di alleggerimento della tassazione sul lavoro grazie a un taglio di 10 miliardi del cuneo fiscale. Sarebbe poco meglio di quello che riuscì a fare il Governo Letta, non certo una misura choc per l’economia come sarebbe nelle intenzioni. Ci auguriamo che i nostri dubbi non abbiano fondamento e vadano rapidamente in porto misure per risollevare l’economia e l’impresa in Italia. Nel frattempo vigileremo con attenzione sull’operato della politica, per vedere quanto i proclami corrisponderanno a realtà.

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8 commenti

  1. cristoforo colombo says:

    Ma qualcuno gliel’ha detto, a chi ci governa (si fa per dire) che l’Italia è circondata da tre lati dal mare ????

  2. Antonio gripppo says:

    Lo sforzo di chi conta in questo settore, dovrebbe essere di consentire a tutti l’andare in barca per mare senza tanti fronzoli. Si danno patente per guidare la macchina provocando poi tanti incidenti a volte senza ritorno. Mentre per una patente nautica, di base bisogna avere una preparazione da Capitano di Lungo Corso. Chi inizia ad andare per mare è un principiante che cresce con il tempo e l’esperienza. E, in ultimo fare tanti posto barca come i posti macchina.

  3. Giorgio says:

    Bisogna fermare il detto ” proprietario di barca = evasore” questo penso sia uno dei maggiori problemi da combattere altrimenti chi si avvicinerà più alla nautica sia essa piccola o media.
    I super yacht chiaramente vanno ancora bene.gli armatori di queste navi non hanno tali problemi

  4. Maurizio says:

    La nautica italiana e già morta e sepolta, inutile sperare in un rilancio ad opera di chi ha già delocalizzato le proprie aziende a danno delle maestranze italiane, questo paese ha raggiunto il punto di non ritorno, niente investimento da quaranta e più anni non si recuperano in qualche mese a colpi di proclami in piazza, e le tasse assurde hanno inchiodato il coperchio della bara a tutti i settori.
    Se poi far credere che vendere qualche super yacht agli arabi o ai russi significa ripresa, allora si continua a vendere fumo per arrosto.

  5. ridgeback says:

    Chi e’ causa del suo mal pianga se stesso. Andiamo a vedere chi scriveva che ” la crisi non tocca la nautica” quando già la crisi era conclamata. Un associazione che da quarant’anni rappresenta solo la voce di 4 cantieri di superyacht non puo’ oggi lamentarsi di quello che è successo , né del fatto che il Salone di Genova è ridotto ad una triste festa paesana.

  6. PiGi says:

    Vere tutte le problematiche sollevate quindi ben vengano i ravvedimenti. Una questione non viene mai approfondita: i porti. In Italia si trovano posti barca per transatlantici ma non per barche da 5-10 mt. Anche quello é un potenziale mercato di appassionati , famiglie che acquistano e consumano in loco magari anche più dei proprietari dei grandi yacht che arrivano e ripartono in elicottero. Perché non se ne occupa nessuno? Non é denaro anche quello utile a fra muovere un economia asfittica? Se la risposta é si allora assieme a tutte le questioni normative, economiche e fiscali, se si vuole vendere barche occorre anche facilmente disponibili ed a costi ragionevoli i posti barca.

  7. Paolo says:

    Quando verrà equiparata l’iva sugli ormeggi, come sulle presenze negli alberghi al 10% non sarà mai troppo
    tardi.

  8. Giorgio Telesi says:

    Mi sembra quantomeno opportuno eliminare tutte le sopratasse imposte sulle imbarcazioni e riprendere la vendita del gasolio e benzina a prezzi agevolati. Solo cosi’ la nautica potra’ ripartire sia per i piccoli che i medi appassionati del mondo marino.