31 maggio 2021

L’antica arte del calafataggio a cui gli armatori delle “signore del mare” non rinunciano

31 maggio 2021

Cos’è il calafataggio? Ne parliamo con Fulvio Montaldo dei Cantieri Navali di Sestri, che ci racconta come viene praticata questa antica arte per prendersi cura del fasciame degli scafi in legno

L’antica arte del calafataggio a cui gli armatori delle “signore del mare” non rinunciano

Cos’è il calafataggio? Ne parliamo con Fulvio Montaldo dei Cantieri Navali di Sestri, che ci racconta come viene praticata questa antica arte per prendersi cura del fasciame degli scafi in legno

4 minuti di lettura

Cos’è il calafataggio? Si tratta di un’antica arte che ancora oggi viene praticata nei cantieri che si prendono cura delle “signore del mare”, per proteggere il fasciame degli scafi in legno.

Il calafataggio consiste essenzialmente nella stagnatura delle tavole del fasciame dello scafo, messe in maniera tradizionale. Sul fasciame incrociato, con i doppi sistemi, il calafataggio non viene richiesto, ma nel caso di uno scafo tradizionale, con le tavole una affiancata all’altra sulle ordinate, è evidente che si possano verificare delle infiltrazioni, soprattutto sulle barche con maggiore pescaggio: più il pescaggio aumenta e più aumenta anche la pressione sull’opera viva.

A raccontarci cos’è il calafataggio, come viene praticato e con quali strumenti è Fulvio Montaldo, esperto di refit e titolare dei Cantieri Navali di Sestri, dove vengono refittate imbarcazioni di ogni dimensione. “Soprattutto nelle barche che sono in acqua da tanti anni – spiega Fulvio Montaldo – il fasciame tende a gonfiarsi. La calafatatura serve a stagnare le tavole e ad evitare che ci siano spazi tra una tavola e l’altra“.

Dopo aver chiarito cos’è il calafataggio, Montaldo ci spiega anche come avviene. “La procedura – racconta a Liguria Nautica – dipende dagli spazi che bisogna riempire. Su grossi fasciami aperti, con comenti di 1 o 2 millimetri di apertura, prima si interviene con della stoppa arrotolata a mo’ di cordoncino e con dei ferri appositi da calafato“. Ad esempio si usano degli scalpelli larghi anche 50/60 millimetri, che vengono utilizzati per spingere la stoppa dentro al comento.

Una volta riempito e chiuso il comento, si procede poi con dei cordoncini di cotone di diametri diversi, con cui si rifinisce il comento. “Dopo aver aperto il comento, inserito la stoppa e il cordoncino – spiega Montaldo – si passa una sostanza per bagnarlo e prepararlo a ricevere lo stucco a finire“. Solitamente sulle barche d’epoca viene steso il minio di piombo, che bagna il cordoncino, e poi si fa una rasatura con lo stucco.

Anche lo stucco ha varie possibilità di scelta. “Ce ne sono molti tipi – sottolinea il patron dei Cantieri Navali di Sestri – dai classici epossidici, fino a quelli che si preferiscono nella tradizione, ovvero lo stucco monocomponente, chiamato stucco grasso. Gli stucchi epossidici moderni hanno rese nel tempo molto superiori, ma c’è ancora chi preferisce il metodo tradizionale, con stucchi monocomponenti grassi. Gli stucchi vengono lasciati asciugare e carteggiati, poi si dà un’altra passata dello stesso stucco e infine si passa l’antivegetativa. Esistono dei cicli appositamente studiati dai colorifici, ma le due ipotesi di lavoro sono le stesse“.

Questo è il procedimento del calafataggio per stagnare le barche a fasciame tradizionale. Per una barca che resta a secco per 2/4 mesi, è quasi inevitabile che le tavole si aprano un pochettino. “Questo – aggiunge Fulvio Montaldo – è il circolo vero del calafataggio. C’è anche chi utilizza la gomma, ma non è il vero calafataggio“.

Il calafataggio

E’ un lavoro difficile? “– risponde il titolare dei Cantieri Navali di Sestri – se non sei un cantiere che ha tradizioni di questo tipo. Noi abbiamo delle persone che già da ragazzi facevano questo lavoro. Oggi ci sono sempre meno barche che lo richiedono ma siamo pochi cantieri che ancora mantengono questo tipo di tradizione e professionalità. Non è un lavoro che può fare chiunque, come tutti i mestieri del resto. Bisogna saperlo fare, avere i materiali giusti“.

Anche il materiale per svolgere il lavoro, infatti, è sempre più difficile da reperire. Montaldo ricorda i tempi in cui si andava a Lavagna a comprare balle di stoppa. “Ora – racconta – è più difficile trovare il materiale. Una volta c’erano molte più barche di legno. Oggi ce ne sono sempre meno e quindi questa antica arte rischia di andare a perdersi“.

 

Giuseppe Orrù

Argomenti:

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Il lettore è responsabile a titolo individuale per i contenuti dei propri commenti. In alcun modo le idee, le opinioni, i contenuti inseriti dai lettori nei commenti ad articoli e notizie rappresentano l’opinione dell’editore, della redazione o del direttore responsabile.
Il lettore non può pubblicare contenuti che presentino rilievi di carattere diffamatorio, calunniatorio, osceno, pornografico, abusivo o a qualsiasi titolo illecito e/o illegale, né assumere atteggiamenti violenti o aggredire verbalmente gli altri lettori.
La segnalazione di eventuali contenuti diffamatori, offensivi o illeciti e/o illegali può essere effettuata all’indirizzo e-mail info@ligurianautica.com, specificando il contenuto oggetto della segnalazione attraverso link diretto. La redazione provvederà a verificare il contenuto e prenderà eventuali provvedimenti nel più breve tempo possibile.

1 commento

  1. Nicola Milone says:

    Salve .,ho difficoltà a trovare la stoppa o il commando per calafatare la mia barca .Lei mi può aiutare