Le conseguenze della Brexit sulle coperture assicurative marine per le compagnie italiane. La nostra intervista all’esperto
L'intervista di LN ad Alessandro Morelli di SIAT sulle conseguenze della Brexit sulle coperture assicurative marine
L'intervista di LN ad Alessandro Morelli di SIAT sulle conseguenze della Brexit sulle coperture assicurative marine
Con l’avvento della Brexit e la conseguente decadenza del precedente regime di libera prestazione di servizio (LPS), sono tanti gli interrogativi delle compagnie e degli armatori italiani.
Per fare un po’ di chiarezza sull’argomento, Liguria Nautica ha intervistato Alessandro Morelli, direttore tecnico di SIAT, la primaria compagnia italiana interamente dedicata all’assicurazione dei trasporti. SIAT è una solida realtà genovese che da anni offre servizi rivolti agli armatori ed agli operatori marittimi nell’ambito dei Corpi marittimi.
Che cosa cambia per le compagnie assicurative marine con la Brexit?
L’avvento della Brexit e la conseguente decadenza del precedente regime di Libera Prestazione di Servizi (LPS) pongono alcuni quesiti pratici che interrogano in generale le compagnie italiane. In particolare, nel corso del 2019 le compagnie che operavano in LPS in Regno Unito hanno per lo più aderito al Temporary Permission Regime (TPR), il regime di autorizzazioni provvisorie emanato dalla Financial Conduct Authority inglese, che consente alle compagnie ubicate nello spazio economico europeo (EEA) ed operanti nel Regno Unito, al termine del periodo di transizione (31/12/2020), di continuare a lavorare temporaneamente come prima, per un periodo limitato, in attesa di ottenere piena autorizzazione, sebbene già soggette alla supervisione dell’autorità di sorveglianza inglese e ad obbligazioni ben superiori a quelle del precedente regime di LPS.
Il TPR, peraltro, è un regime provvisorio, che necessariamente deve poi evolvere o nell’apertura di una succursale con ottenimento di una piena autorizzazione da parte dell’autorità inglese, o nell’uscita dal TPR stesso con la conseguente cessazione dell’attività in UK. La legge inglese, infatti, stabilisce un divieto generale (General Prohibition) di svolgere una “regulated activity by way of business in the UK”, salvo autorizzazione – rilasciata dalla PRA, l’autorità di vigilanza – all’apertura di una succursale in UK.
Le compagnie Ue che non hanno una succursale in UK non possono quindi più sottoscrivere rischi inglesi?
Occorre considerare la portata e l’applicazione pratica del principio sopra menzionato della “General Prohibition of carrying on regulated activity by way of business in the UK“, principio che si attua in 3 requisiti concomitanti. Se è pacifico che l’attività assicurativa debba considerarsi come un’attività regolamentata (regulated activity) svolta con finalità di business, occorre invece esaminare cosa implichi il terzo elemento, cioè il fatto che tale attività sia svolta nel Regno Unito, precisando che – a tal fine – non hanno rilievo l’ubicazione dell’assicurato o del rischio bensì dove si svolge la “regulated activity”.
Diventa quindi importante verificare dove si concretano, anche parzialmente, le attività di negoziazione, conclusione e formalizzazione del contratto e si può ritenere che laddove queste attività siano svolte in Italia, esse possano legittimamente essere attuate anche da una compagnia italiana che non abbia una succursale in UK. Particolare attenzione dovrà essere prestata nei casi in cui sia coinvolto un intermediario inglese, curando il fatto che tutte le attività, inclusa la sottoscrizione dei documenti contrattuali, siano formalmente svolte dalla compagnia in Italia, salvo che l’intermediario non operi attraverso una sua filiale in Ue.
Quali sono gli effetti sull’armatore italiano di uno yacht con bandiera UK dal punto di vista assicurativo?
Da quanto sopra esposto consegue che la bandiera UK non ha di per sé rilevanza sulla legittimità dell’operazione assicurativa svolta in Italia, ma determinerà semplicemente l’applicazione sulla polizza delle imposte assicurative previste dal Regno Unito su tale rischio.
L’assicuratore italiano applicherà quindi sulla polizza le imposte del 12% (secondo l’attuale aliquota prevista dalla normativa inglese) e provvederà poi a versarle al fisco inglese attraverso il suo rappresentante fiscale in UK, in modo del tutto analogo a quanto praticato in regime di LPS prima della Brexit. Ai fini della Brexit e del rispetto della “General Prohibition” non hanno rilievo né la nazionalità dell’armatore né la bandiera della barca, ma solo il fatto che l’attività non sia svolta dall’assicuratore nel Regno Unito.
Un assicuratore Italiano può continuare ad assicurare “rischi inglesi” nel settore yacht?
L’assicuratore italiano può legittimamente continuare ad assicurare tali rischi dall’Italia, senza necessità di una succursale nel Regno Unito, nella misura in cui sia attento a far sì che tutte le attività legate al contratto siano svolte in Italia, in modo da poter sostenere che sta operando al di fuori dell’ambito territoriale del Regno Unito.
E può assumere nuovi rischi?
Certamente sì, con le stesse cautele esposte in precedenza.
Argomenti: Assicurazioni, Daily Nautica
visione del tutto parziale