I benefici del teak nel refit: una coperta bella e sana e qualità della vita a bordo
L’utilizzo del teak nel refit è tra i principali valori aggiunti che si possono apportare ad un’imbarcazione. Fulvio Montaldo dei Cantieri Navali di Sestri ci spiega il motivo
L’utilizzo del teak nel refit è tra i principali valori aggiunti che si possono apportare ad un’imbarcazione. Fulvio Montaldo dei Cantieri Navali di Sestri ci spiega il motivo
I benefici del teak nel refit di una barca portano questo materiale ad essere tra i più consigliati ogni volta che ci si appresta a riammodernare o a refittare un’imbarcazione. Che sia una barca in legno o in vetroresina, uno strato di questo legno sulla coperta porta benefici e un valore aggiunto che vanno ben oltre l’aspetto estetico. Il suo compito, infatti, è garantire alla barca durata, impermeabilità e isolamento termico.
Il teak è un legno duro, ottenuto da alberi tropicali, tipici delle foreste tropicali e subtropicali del sud e del sud-est dell’Asia. Si tratta solitamente di alberi dal tronco molto grosso, diritto e cilindrico, in grado di raggiungere fino a 40 metri di altezza e un diametro di un metro e mezzo. Negli esemplari più grandi, la base del tronco può superare anche i 10 metri di diametro.
Produce dei fiori bianchi e profumati, ma è il legno il prodotto con il maggior interesse commerciale. Il legno di teak ha un colore che può variare dal giallo pallido, fino al rosso, passando per il bronzo. La sua resistenza è dovuta ad una resina oleosa naturale che lo protegge anche dalle termiti.
L’UTILIZZO DEL TEAK NELLA NAUTICA
Il teak sopporta molto bene escursioni termiche, umidità, attacchi della salsedine e degli agenti atmosferici, condizioni che mettono a dura prova qualsiasi altro tipo di legno. Queste caratteristiche lo rendono uno dei legni più durevoli al mondo, insieme al legno ebano, guaiaco e bosso.
Abbiamo parlato dell’utilizzo del teak nella nautica con Fulvio Montaldo, esperto di refit e titolare dei Cantieri Navali di Sestri, dove vengono refittate imbarcazioni di ogni dimensione. Proprio grazie a queste sue caratteristiche di bellezza, durabilità, resistenza, duttilità, e immarcescibilità, il teak risulta un legno eccellente per le applicazioni più diverse, tra cui anche l’utilizzo a bordo di imbarcazioni.
“Solitamente – spiega Fulvio Montaldo a Liguria Nautica – il teak viene posato in doghe da 65 millimetri per le imbarcazioni più grandi, mentre la larghezza scende a 40/45 millimetri per le barche più piccole, con spessori che variano dagli 8 ai 12 millimetri. Un tempo si costruivano barche con spessori diversi, ma oggi ci sono problemi di reperibilità e di ecologia“.
La principale area di provenienza del teak sono le foreste naturali della penisola indiana, in particolare in Birmania e in Thailandia. “Tutti attingono da qui – sottolinea Montaldo – ma è una pianta che cresce molto lentamente. Allo stato attuale, però, è la soluzione migliore per la coperta di una barca. Infatti, ancora oggi, avere la coperta in teak è un valore aggiunto per l’imbarcazione“.
I BENEFICI DEL TEAK: BELLO MA NON SOLO
Certo, una coperta in teak è bella da vedere. Ma non c’è soltanto l’aspetto estetico: i benefici del teak nel refit sono anche altri.
“Il teak – racconta il titolare dei Cantieri Navali di Sestri – permette in estate di non bruciarsi i piedi mentre si cammina scalzi a bordo e isola i locali dal caldo. I nostri vecchi utilizzavano questo materiale per ricoprire la coperta perché aveva un senso, non certo per un capriccio o per una questione estetica. Si tratta di una tavola di legno, con un certo spessore, con certe caratteristiche che durano nel tempo, che serve a impermeabilizzare e isolare termicamente“.
Nel caso di una coperta in plastica da refittare, “è sufficiente – spiega Montaldo – pitturare il copertino, mettendoci un mandorlato di plastica, o pitturare, lisciarlo e coprirlo con l’antisdrucciolo. Ma vere alternative che appaghino gli occhi come una coperta in teak non ne esistono. Se dovessimo trovare alternative per ridurre i costi, potremmo pensare ad un compensato, fare dei settori e pitturarli con antisdrucciolo, garantendo un po’ di isolamento termico, impermeabilità e antisdrucciolo“.
In alcune imbarcazioni si trovano coperte di lastre di teak dello spessore di 3 millimetri, già con le fughe in gomma. Ma attenzione, “per materiali di questo tipo – ricorda Montaldo – ci sono problemi di durata. Meglio trovare soluzioni più economiche, ma che corrispondano ai criteri base per cui la coperta è stata concepita: durata, impermeabilità e isolamento termico”.
Ovviamente ci sono delle eccezioni. Le esigenze di una navetta dislocante non sono le stesse di una barca a vela da regata, che invece ha tra le sue prime necessità quella di contenere il peso. “La scelta – conclude il titolare dei Cantieri Navali di Sestri – parte dalle esigenze del tipo di barca e dell’armatore. Da qui si parte a selezionare la soluzione migliore, che rispetti i requisiti di peso e di estetica“.
Argomenti: Daily Nautica