Il Baron Gautsch, il relitto più famoso dell’Adriatico e la paradossale storia del suo affondamento
Al largo di Rovigno, su un fondale di 40 metri, si trovano i resti del piroscafo austriaco che oggi è una palestra per i sub più esperti
Il Baron Gautsch, il relitto più famoso dell’Adriatico e la paradossale storia del suo affondamento
Al largo di Rovigno, su un fondale di 40 metri, si trovano i resti del piroscafo austriaco che oggi è una palestra per i sub più esperti
Il relitto più famoso del Mar Adriatico è senza dubbio quello del Baron Gautsch. Il relitto giace in assetto di navigazione su un fondale di 40 metri nel mare antistante la bella città di Rovigno, sulla costa croata. I subacquei delle città adriatiche, considerano il Baron Gautsch coma la “tesi di laurea” del sub. Chi lo ha raggiunto, può vantarsi senza tema di smentita di essere un “subacqueo esperto”. L’immersione infatti è piuttosto impegnativa, sia per la corrente che non manca mai, sia per la temperatura dell’acqua, che per la notevole profondità ai limiti del brevetto di terzo grado.
Per chi sa usare le miscele, è una buona idea ascendere con il nitrox, solitamente un Ean 32, che, oltre ad una maggior sicurezza in curva, ti consente di rimanere a bassa quota più a lungo. La nave è piuttosto grande, la sua struttura ancora in buono stato e non basta una sola immersione per godersela tutta, soprattutto se mettete in conto anche qualche penetrazione nello scafo. Il piroscafo è sempre generoso con i sub che lo vanno a trovare e non manca mai di regalare loro qualche sorpresa.
La seconda volta che mi ci sono immerso, ad esempio, ci ho trovato dei cocci di piatti con il simbolo della marina militare tedesca. E vi dico subito che ho resistito alla tentazione di portarmeli su come souvenir. Ho fatto il bravo e rispettoso sub, e li ho lasciati dove stavano! Un relitto che domina nell’immaginario di tutti i subacquei italiani e croati, questo del Baron Gautsch. Sono in pochi però, anche tra coloro che lo hanno visitato, a conoscere la tragica quanto assurda storia del suo affondamento.
Il piroscafo austriaco Baron Gautsch fu varato in Scozia, il 3 maggio del 1908. I Lloyd, che lo costruirono, vollero dargli il nome di un noto politico dell’epoca: il barone Paul Gautsch von Frankenthurn. Non era una nave da guerra ma una lussuosa nave passeggeri. Soltanto durante la prima guerra mondiale, la Marina Austriaca requisì la nave per adibirla a trasporto truppe e far da spola tra le coste adriatiche. Ma non era questa la vocazione del piroscafo che presto venne riconsegnato ai Lloyd perché tornasse a trasportare passeggeri.
Proprio nel primo viaggio in cui era ritornato ad essere un lussuoso piroscafo di linea, il Baron Gautsch andò incontro al suo destino. Il suo comandante militare era stato appena sostituito da un comandante civile, il triestino Paolo Winter, che il 13 agosto del 1914, salpò dal piccolo porto di Lussingrande, Veli Lošinj in croato, per raggiungere Trieste con 300 persone a bordo, tra equipaggio e passeggeri. La nave avrebbe dovuto raggiungere la meta alle 18 di sera, ma il comandante fece l’errore di avvicinarsi troppo alla costa di Rovigno, le cui acque erano state minate dagli stessi austriaci.
Vedendo il grande piroscafo lungo oltre 85 metri che si dirigeva nella zona minata, l’equipaggio del posamine Basilisk lanciò prontamente l’allarme ma tanto i marinai quanto i passeggeri a bordo del Baron Gautsch interpretarono questi segnali come un caloroso benvenuto. Alle 15 e 45, il piroscafo cozzò contro una mina e, in pochissimi minuti, affondò trascinando con sé 130 passeggeri, molti dei quali donne e bambini.
L’affondamento ebbe pesanti strascichi giudiziari. Il capitano Winter, che si salvò su una scialuppa, fu accusato di codardia assieme a molti marinai che avrebbero pensato più a salvare se stessi che a soccorrere i civili a bordo. In realtà, la maggior parte delle scialuppe non riuscì neppure ad essere calata in acqua per la cattiva manutenzione. Cattiva manutenzione che, secondo la difesa, andava imputata alla passata gestione da parte della Marina Militare.
Ma la vicenda più incredibile riguarda i giubbotti salvagente che avrebbero potuto salvare decine e decine di vite, e che era stati chiusi a chiave nei cassetti. Il comandante si giustificò spiegando che la decisione si era resa necessaria perché i passeggeri di terza classe li rubavano per usarli come cuscini. Alla fine del processo, gli ufficiali furono tutti assolti e nessuno di loro ebbe la minima ripercussione sulla carriera.
Argomenti: #subacquea, Daily Nautica