A cura di Giuseppe Orrù

Fabio Pozzo: “Il mare è un modo di vivere, è uno stato d’animo, non un panorama”

Fabio Pozzo, giornalista de La Stampa, ha avuto il merito di portare su un grande quotidiano generalista una pagina e un canale Web dedicati al mare. Al centro mette sempre le storie, i protagonisti e le passioni

Fabio Pozzo: “Il mare è un modo di vivere, è uno stato d’animo, non un panorama”
A cura di Giuseppe Orrù

Fabio Pozzo: “Il mare è un modo di vivere, è uno stato d’animo, non un panorama”

Fabio Pozzo, giornalista de La Stampa, ha avuto il merito di portare su un grande quotidiano generalista una pagina e un canale Web dedicati al mare. Al centro mette sempre le storie, i protagonisti e le passioni

7 minuti di lettura

Fabio Pozzo è un giornalista de La Stampa. Si è occupato di cronaca, economia e finanza, ha prestato servizio presso l’ufficio del caporedattore centrale. Ha ideato e coordina il canale Mare del sito lastampa.it. Segue da sempre i temi legati al mare, dallo shipping alla storia della navigazione, dalla nautica alla vela, quella delle grandi regate, dai giri del mondo come la Volvo Ocean Race e il Vendée Globe all’America’s Cup.

Ha lavorato, a ruolo di bordo, sul transatlantico Galileo Galilei (Ici/Chandris) e sul traghetto svedese Drotten (Miura Line) e ha navigato sulla portaerei Cavour e sulla nave scuola Amerigo Vespucci. E’ stato il 18° uomo di Mascalzone Latino nella semifinale contro Team New Zealand del Louis Vuitton Trophy Dubai 2010, l’ultima regata della classe Iacc. È stato il 6° uomo a bordo dell’Ac45 Artemis per lo speed test dell’America’s Cup World Series di Cascais 2011 e sempre il 6° uomo di Luna Rossa nella regata di flotta delle Ac World Series di Napoli 2012. Ha regatato con Abu Dhabi nella practice-race di Abu Dhabi e con Groupama nella pro-am race di Galway della Volvo Ocean Race 2011/12. È stato in regata a bordo dei maxi IdeaSai, Ourdream, Grande Orazio, Farewell, Viriella, Ancilla Domini. E ancora, lo Swan 70 Flying Dragon, il Cookson 50 Mascalzone Latino.

Fabio Pozzo è inoltre autore e co-autore di numerosi libri tra i quali “Assolvete l’Andrea Doria”, “I colori dell’oceano”, “Ho sposato l’oceano” e “Odiavo i velisti” con Cino Ricci, tutti per Longanesi. Ha ricevuto diversi premi letterari e a giugno 2019 è stato premiato nella categoria giornalisti italiani con il “Premio Pionieri della Nautica”, istituito da Ucina Confindustria Nautica nel 1988.

Fabio Pozzo, com’è avvenuto il suo incontro con la nautica?

Ho uno zio che ha navigato e che lavora nello shipping. Sono stati i suoi racconti ad accendere la mia fantasia di bambino e a farmi vedere oltre l’orizzonte. Da qui l’idea di frequentare l’Istituto Nautico a Trieste, città che ha aggiunto del blu ad una identità che già s’identificava in questo colore. Sono nato a Recco, ho vissuto in diverse altre città d’Italia sempre affacciate sul mare. Facile, da tutto ciò, anche il passo verso la nautica. A Trieste ho cominciato ad andare a vela, a frequentare l’ambiente della nautica, ad ammirare le belle barche.

Per 16 anni si è occupato di cronaca per il noto quotdiano torinese La Stampa. Poi i primi articoli legati al mare e allo shipping, fino alla nascita di un canale tematico dedicato al Mare sul sito de La Stampa, sempre ricco di informazioni. Com’è stato portare il mare nella redazione di un grande quotidiano nazionale, in una città lontana dal mare?

Ho sempre coltivato la passione del mare anche nella professione, in parallelo con gli altri incarichi svolti per il giornale per cui lavoro. Ho cominciato a scrivere di mare, con ciò intendo vela, nautica e storia della navigazione, in Liguria e ho proseguito a Torino, dove ho ideato il canale Mare e anche una pagina dedicata al Mare sulla versione cartacea, quest’ultima purtroppo solo stagionale. Non è semplice portare il blu in un quotidiano generalista, credo che non lo sia in verità su tutti i media, se non specializzati. Un motivo in più per provarci.

Qual è il suo approccio per raccontare il mare e la nautica ai lettori di un quotidiano nazionale, non specializzato in questo settore, che per la maggior parte vivono lontano dal mare?

Sono convinto che il mare e la nautica si possano raccontare attraverso le belle storie. E le storie quasi sempre hanno una donna o un uomo come protagonisti. Penso che possa essere questo un modo per portare il mare e la nautica al centro dell’attenzione: raccontarli attraverso i loro protagonisti. La nautica, ad esempio, è un comparto economico che deve fare naturalmente i conti con i bilanci, ma è una grande antologia di passioni. C’è tanto cuore dietro una barca. Ci sono tanto estro, dedizione, intuizione, sacrificio, emozione. Basta prendere parte a un varo, per comprenderlo. La sfida è riuscire a trasmettere questo mondo, nel modo giusto, anche a chi non lo frequenta e non lo conosce.

Cosa ricorda delle sue esperienze sulle navi in cui era imbarcato, da quelle in cui aveva un ruolo di bordo fino al Vespucci e al Cavour?

La voglia di avventura, durante le vacanze estive nei primi anni dell’Istituto Nautico, con un imbarco come mozzo e apprendista ufficiale di coperta (nel senso che frequentavo la plancia per imparare la professione) su uno degli ultimi transatlantici, la motonave Galileo Galilei. La voglia di libertà, durante il successivo imbarco tra la fine delle scuole superiori e l’inizio dei corsi universitari sul traghetto svedese che faceva spola tra Genova e Barcellona, inquadrato come una sorta di allievo commissario e sempre apprendista ufficiale di coperta.

 E poi il privilegio di vivere, anche se per poco, il Vespucci, sul quale sono stato a bordo e ho navigato per impostare insieme agli uomini della Marina militare una collaborazione speciale tra La Stampa e la nave scuola in occasione della campagna che l’ha riportata in America e l’opportunità del Cavour, che mi ha dato modo di sperimentare una navigazione notturna su una grande nave militare, “grigia” come si usa dire in Marina, sono stati la conferma che il mare è fatto di passione. Ne ho condivisa tanta, a bordo di tutte queste navi.

Lei ha regatato a bordo di tante barche, alcune tra le più importanti nell’ambiente. Quali sono le sue doti da velista? Dove ha imparato?

Nessuna dote. Quasi tutte le regate che ho fatto, di alto livello, mi hanno visto con il ruolo di zavorra. Mi sono limitato, e non avrei potuto altrimenti, anche per regolamento, a fare da contrappeso. Forse potrei provare a competere per la zavorra più titolata d’Italia.

Al di fuori del suo lavoro, qual è il suo rapporto con il mare?

Non ho barche. Qualcuno dice che è sempre meglio salire su quelle degli altri. A Genova vivo sul mare, che scorgo dalle finestre di casa e che guardo ogni qual volta posso. A Torino lo porto con me: parlo di mare, penso al mare, scrivo di mare, alimento reti di appassionati di mare, mi vesto di blu. Il mare è un modo di vivere, è uno stato d’animo, non un panorama.

Come pensa si possa promuovere la cultura del mare, oltre che attraverso i media?

L’Italia non conosce molto il mare e non ne coltiva la cultura, a differenza di altri Paesi che come il nostro sono bagnati dal Mediterraneo piuttosto che dagli Oceani. Ci sono regioni, città più votate e più vicine al blu di altre, naturalmente, ma in generale per molti è ancora quella cosa scura che si muove anche di notte e non sta ferma mai. Che fa paura e che magari si vive soltanto nella bella stagione. Eppure, il mare c’è anche d’inverno.

Disgressioni a parte, credo che il mare si debba raccontare quando e più possibile, proprio per farlo conoscere. Con incontri, libri, film. A Genova, ad esempio, lo stiamo facendo con gli “Incontri in blu” del Galata Museo del Mare, una rassegna sostenuta dal Mu.ma, dall’Associazione promotori Musei del mare e da altri soggetti, tra i quali anche Ucina, lo Yacht Club Italiano e la Federvela, che terminerà il suo primo ciclo il 19 settembre, il giorno dell’inaugurazione del Salone Nautico, con ospite Norberto Ferretti, il fondatore dell’omonimo gruppo che ha fatto la storia della nautica.

Una rassegna che tornerà anche nel 2020, sempre raccontando il mare attraverso i suoi protagonisti, donne e uomini che ad esso sono fortemente legati. Quest’anno abbiamo raccontato le vite di surfisti, apneiste, velisti, manager dello shipping e persino principi di isole che si sono fatte Stato. Un racconto a più cuori, perché alla fine quel che emerge, al di là delle loro storie straordinarie, è una grande testimonianza d’amore.

 

 

Giuseppe Orrù

Foto di Claudio Colombo

 

NAUTICA IN UN RITRATTO. Un progetto di Liguria Nautica e Claudio Colombo che propone una galleria di personaggi liguri o comunque con un legame con la nostra regione, che hanno lasciato un segno nella nautica italiana o con profonde radici e sinergie con il nostro mare. Per ognuno di loro, vi presenteremo un ritratto fotografico realizzato da Claudio Colombo e un’intervista del nostro giornalista Giuseppe Orrù, per conoscere meglio ogni protagonista, anche con curiosità sulla loro vita privata.

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