Sui fondali di Capo Passero torna a galla l’ultima battaglia dell’Artigliere

Testando un nuovo e potente sonar, una nave laboratorio ha trovato il relitto del cacciatorpediniere italiano ad una profondità di 3600 metri

Il mare è un grande narratore di storie ed i relitti sono i suoi libri preferiti. Ma è un narratore capriccioso. Chi ha orecchie per ascoltarlo, può attendere pazientemente che cominci a narrarci miti e leggende ma non chiedetegli mai nulla: è lui che decide quando e cosa raccontare. Prendete il signor David Reams. Uno scienziato di fama internazionale, nonché responsabile della attività marine di Vulcan, la fondazione per lo sviluppo di alte tecnologie creata da Paul Allen. Che non è un miliardario qualsiasi ma il cofondatore dell’impero Microsoft. Ebbene, Reams stava testando un nuovo sonar, dalle prestazioni a dir poco fantascientifiche, a bordo della sua nave laboratorio, la Vulcan, scandagliando a casaccio il fondale tra Malta e la Sicilia, quando all’improvviso…

“E’ stata una vera sorpresa anche per me -ha raccontato a La Repubblica lo scienziato- avevamo appena iniziato le prove del nostro nuovo sonar a scansione quando è apparsa una sagoma anomala: il profilo di un vascello adagiato in una fossa profonda ben 3 mila e 600 metri. Un fondale su cui finora nessuno era stato in grado di compiere ricerche”.

Identificare il relitto non è stato difficile per gli uomini della Vulcan. Il mare che ha accolto la nave nel suo ultimo viaggio verso le profondità dell’abisso, ha saputo rispettarla e conservarla. A tali profondità, infatti, le correnti non sono mai distruttive e la salinità è tale da preservare le lamiere dalla corrosione del tempo. Le linee della nave, pur se piegate dalle tante cannonate ricevute, sono rimaste le stesse. Anche le scritte di riconoscimento sono leggibili. E persino il tricolore dello stemma della Regia Marina, se illuminato dalle sonde, è ancora visibile a quell’incredibile profondità dove la luce del sole non arriva mai. 

L'Artigliere in porto

L’Artigliere è stato affondata durante la battaglia di Capo Passero

E così, senza neppure avvertirci con un trailer, il mare ha restituito alla nostra memoria un’altra storia che la “Storia” aveva dimenticato: quella del cacciatorpediniere Artigliere e della sua ultima battaglia. Una battaglia combattuta esattamente 78 anni fa, nella mattinata del 12 ottobre del 1940. In  quel tragico autunno, la seconda guerra mondiale era ancora lunga. Il Mediterraneo era un mare conteso dalla flotta italo tedesca e dalla Royal Navy che aveva la sua principale base navale nell’isola di Malta, che l’Asse cercava di porre sotto assedio. Nella serata dell’11 ottobre, l’Artigliere, sotto il comando del capitano di vascello Carlo Margottini, salpò da Messina con l’ordine di ingaggiare una battaglia con una nave britannica segnalata ad est dell’isola dei celebri cavalieri.

A seguire il cacciatorpediniere, che era la nave ammiraglia, c’erano altre tre unità della sua squadriglia e tre torpediniere: Alcione, Airone e Ariel. Le tre torpediniere, più veloci, furono le prime ad avvistare l’incrociatore Hms Ajax e subito cominciarono quella battaglia che gli storici battezzeranno di “Capo Passero”. Ma l’Ajax non era solo. La nave inglese aveva alle spalle l’intera Mediterranean Fleet che tornava dal porto di Alessandria d’Egitto. L’Ariel e l’Airone furono immediatamente affondate mentre l’Alcione riuscì a sganciarsi, sia pure con danni rilevanti.

L'affondamento dell'Artigliere

L’Artigliere colpito dal siluro dell’Hms York affonda mentre la caldaia è in fiamme

Nel tentativo di salvare le sue torpediniere, l’Artigliere, giunto sul luogo del combattimento, si gettò nella mischia colpendo con quattro cannonate l’Ajax ma senza infliggergli grossi danni. La reazione della nave inglese, che riusciva a vedere la posizione del nemico grazie al radar, fu devastante: la sala macchine fu centrata in pieno, la coperta spazzata via e la torre prodiera abbattuta. Quasi tutti gli ufficiali rimasero uccisi e il comandante Margottini fu ferito mortalmente. L’Artigliere, non più in grado di manovrare autonomamente, fu preso a rimorchio dal cacciatorpediniere Camicia Nera, che lo trascinò lontano dal fuoco inglese. I pochi sopravvissuti, sotto il comando del maggiore Mario Giannettini, riuscirono a domare l’incendio, a rimettere in moto una caldaia e a dirigersi verso le coste della Sicilia per cercare scampo. 

Ma la Royal Navy non è mai stata famosa per mollare facilmente l’osso. L’ammiraglio Andrew Browne Cunningham al comando della Mediterranean Fleet inviò immediatamente all’inseguimento della nave italiana due incrociatori, lo York e l’Ajax, accompagnati da alcune siluranti e, per buona misura, chiese anche l’intervento dell’aviazione. Attaccato dal mare e dal cielo, con la caldaia di nuovo in panne e con tutti i cannoni distrutti, l’Artigliere fu abbandonato anche dal Camicia Nera che troncò il rimorchio e fuggì.

A questo punto l’Hms York decise di porre fine al gioco e sparò due cannonate sulla prua dell’Artigliere intimando la resa. Gli inglesi permisero ai marinai ancora vivi di raccogliere la bandiera e di abbandonare la nave, quindi affondarono l’Artigliere con un preciso siluro. Prima di riprendere la rotta, la nave di Sua Maestà Britannica lanciò in mare alcune zattere gonfiabili perché le poche scialuppe di salvataggio rimaste intatte del cacciatorpediniere italiano non erano sufficienti a contenere tutti i naufraghi. Quindi il comandante inglese chiamò il comando italiano segnalando la posizione del naufragio  e chiedendogli di venire a prendere “quei vostri marinai che hanno combattuto così bene”. 

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10 commenti

  1. Prof Giovanni Carlini says:

    grazie per questa bella storia di dignità e rispetto tra nemici

  2. Gambini Aldo gmblda says:

    Mio padre Gambini Giulio per i fatti dell ARTIGLIERE è stato decorato sul campo di medaglia d’argento in particolare per i tre giorni del naufragio la sua salvezza la deve alle sue mansioni come capo macchina non era in coperata nei momemti del cannoneggiamemti che uccisero il comandante e lo stato maggiore della nave

  3. Nono Andò says:

    Il ns esercito , marina ed aeronautica , come tutto il paese ( industrie per prime,) non erano pronte alla guerra.
    Così le tre navi , prive di Radar, finirono in bocca al lupo. E Amen.
    Ed i ns Servizi Segreti, negli anni precedenti non furono mai capaci di mettere le mani sui progetti di simili dispositivi.

  4. Maria Pia Infantinoa says:

    Molto interessante, grazie .Non si conosceva questa pagina della nostra storia.

  5. Ranieri Raffaele says:

    Il valore dei nostri marinai senza gli adeguamenti tecnici, in possesso della royal navy, poteva fare ben poco.

  6. marini cesare says:

    Guerra sciaguratissima e sfortunata quella del 1940,guerra che gli ammiragli delegarono a capitani di corvetta e tenenti di vascello…Questi però combatterono con straordinario valore e non senza risultati..La royal navy era una grande marina e non si poteva affrontarla con il pressappochismo di Mussolini e del suo regime di cartapesta…una generazione di giovani valorosi fu gettata allo sbaraglio in fronti di guerra sconclusionati senza la minima misura della realtà.Guerra sbagliata che non si poteva vincere ma che fu perduta nel peggior modo possibile…Ma quei marinai che affrontarono con poche piccole navi l’intera royal navy meritano il rispetto che si deve ai valorosi e che Cunningham non mancò di tributare.

  7. Roberto Pampaloni says:

    Non c’è commento che valga oltre quello del comandante inglese.

  8. Marinella nuscis says:

    In quella nave torpediniere artigliere c’era mio padre sopravissuto esalvato dopo 36 ore . Ha raccontato a noubambini della sua brutta esperienza ,e di tutti i suoi amicimirti i mare e colori il suo comandante.

  9. Mario Colica says:

    Conoscevamo la battaglia di Capo Passero , ma non del’esistenza del relitto a 3000 mt di profondità.
    La ricostruzione dell’episodio di guerra è perfettamente coincidente con i rapporti sia da parte britannica che italiana

  10. paola Giovanna says:

    Grazie per le notizie che ci regalate! La storia che viene custodita dalle profondità marine ha un grande fascino. Il mio ultimo bagno in mare a settembre, Capo Passerò.

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