Il mondo sottomarino: un territorio ancora da scoprire
Il mare non nasconde più mostri in agguato come nell'immaginario medievale ma vere e proprie meraviglie ed enormi fonti di reddito
Il mare non nasconde più mostri in agguato come nell'immaginario medievale ma vere e proprie meraviglie ed enormi fonti di reddito
Noi uomini occidentali siamo portati a pensare che il mondo sia a nostro uso e consumo. La mappa del mondo da noi conosciuta è quella di Mercatore e siamo abituati a vedere l’Europa come al centro di tutto, dimenticandoci così delle diverse visioni degli altri popoli. Per un australiano, ad esempio, il pianeta Terra è rovesciato. Così a scuola abbiamo imparato che è esistita l’Era delle Grandi Esplorazioni, condotte in zone dove altre popolazioni vivevano da migliaia di anni senza il nostro intervento e che in seguito sono state conquistate ed assoggettate dai diversi imperi coloniali.
Oggi che gli imperi non ci sono (quasi) più, riteniamo di conoscere interamente il nostro pianeta e che esso non possa celare altre sorprese. L’ultima frontiera rimasta, la prossima meta da esplorare, conoscere e magari un giorno colonizzare, è lo spazio. Ci mettiamo quindi con il naso all’insù ad immaginare avventure e scoperte ormai impossibili sulla Terra. Ma ne siamo davvero certi? In realtà ci sono due categorie di “territori” ancora in gran parte inesplorati, per i quali occorre modificare il punto di vista e spostare lo sguardo verso un’altra direzione, il basso.
Sulla terraferma si tratta dell’infinita serie di cunicoli che formano la rete di grotte presenti in tutti i Paesi del mondo, esplorate da quei pazzi degli speleologi. Antri bui, umidi, dove esiste solo la notte e le poche creature che vi abitano si sono adeguate all’ambiente circostante evolvendosi in forme cieche (come il proteo) e sviluppando altri sensi. Non dobbiamo però dimenticare che il 75% della superficie terrestre è formata da acqua, come il nostro corpo. È quindi in questo enorme spazio tridimensionale così difficile e costoso da esplorare che potremo avere le più grandi sorprese e soddisfazioni.
Nell’ultimo secolo la tecnologia ha fatto passi da gigante e ha fornito un grande aiuto in tal senso, con attrezzature alla portata di ogni sigolo individuo per le basse profondità e alla portata delle industrie o delle nazioni per quelle maggiori. Il punto fondamentale è che il mare non nasconde più mostri in agguato come nell’immaginario medievale ma vere e proprie meraviglie ed enormi fonti di reddito. Alla caccia di avventura o sapere, del mero profitto o ancora della sfida militare fra nazioni, sono nati quindi i sommergibili e i sottomarini che hanno esplorato una parte importante ma infinitesimale dei mari di tutto il mondo, arrivando al punto più profondo del pianeta: la Fossa delle Marianne.
Negli ultimi anni poi hanno fatto la loro comparsa i ROV (Remotely Operated Vehicle), veicoli sottomarini pilotati da una postazione remota che può essere una piattaforma petrolifera, una nave oppure una postazione fissa come la banchina di un porto. Dotati di telecamere, svolgono compiti esplorativi e di lavoro subacqueo, affrontando profondità e pericoli non sostenibili da un essere umano. Gli scopi possono essere di natura militare o civile. In quest’ultimo caso si parla di prospezioni petrolifere o minerarie, posa di cavi, installazioni di vario genere e ricerca di tesori sommersi. L’Unesco stima infatti che sui fondali dei mari di tutto il mondo giacciano circa 3 milioni di relitti, alcuni dei quali ricchi di tesori.
Per quanto riguarda le basse profondità, più facilmente accessibili dagli esseri umani, sono state inventate dapprima le attrezzature per le immersioni da palombaro, con scafandro e fornitura della miscela respirabile dalla superficie, poi, grazie a geniali pionieri come Jacques Cousteau, è stata la volta delle apparecchiature definite SCUBA. Questo acronimo (Self Contained Underwater Breathing Apparatus, ovvero apparato di respirazione subacqueo autonomo) definisce le attrezzature che consentono l’immersione senza legami con la superficie: essenzialmente bombola ed erogatore. A questi si aggiungono maschera per vedere, pesi per scendere, pinne per muoversi e muta per non battere i denti dal freddo. Una vera rivoluzione.
Con una spesa non particolarmente elevata, buone condizioni fisiche e giusto addestramento, il mondo sottomarino (almeno alle basse profondità) è diventato accessibile a tutti. E’ nata così un’industria mondiale enorme, quella della subacquea ricreativa, fatta non per motivi militari o economici ma per puro divertimento. Aziende produttrici di materiale ed attrezzature, didattiche per l’insegnamento, istruttori e diving center per accompagnare sott’acqua le persone in maniera sicura e divertente. Oltre a questo, la subacquea ha portato altri due grandi risultati. Innanzitutto ha condotto alla nascita di un fiorente turismo specializzato, molto più diffuso di quanto si possa credere.
Trasporto aereo, strutture alberghiere, ristoranti, diving, negozi per turisti: l’impatto economico è notevole, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo dove, grazie alle meraviglie dei loro fondali, è sorta una serie di infrastrutture che hanno portato benessere alle popolazioni locali. Dalle Andamane ai Caraibi, dalle Maldive alle Fiji, il turista subacqueo è sacro perché la moglie fa le pulizie in un hotel, il figlio lavora al diving, il fratello ha un piccolo ristorante e il papà produce artigianato. Finalmente tutti hanno un lavoro, stanno bene e la povertà è un fantasma del passato. Nel Mar Rosso, dove la situazione è diversa, la gente che lavora nelle strutture ha lasciato la famiglia a Il Cairo e la mantiene con questo lavoro.
Non pensate però che questa spirale positiva sia tipica solamente dei Paesi poveri. La tragedia della superpetroliera Haven, affondata davanti ad Arenzano nel 1991, ha portato in un primo momento inquinamento, poi soldi comunitari per la bonifica e l’abbellimento dei paesi rivieraschi interessati, infine il turismo. Tanto. Io mi sono immerso con canadesi, americani, norvegesi, tedeschi e molti altri stranieri che qui dormono, mangiano, si divertono e spendono, magari con le famiglie al seguito. Insomma, è un business positivo quello della subacquea.
Il secondo effetto? Chi vede il mare sotto la superficie non può che imparare ad amarlo. Un’intera generazione di bambini è cresciuta con Nemo: quanti di essi diventeranno subacquei amando e rispettando gli abitanti del mare? Sicuramente moltissimi. Imparando soprattutto che non si tratta di un’enorme miniera da depredare ma la casa di animali meravigliosi da comprendere e proteggere. Chiedete a un subacqueo quale sia la sua opinione sugli squali. Killer psicopatici bramosi di carne umana? Tutt’altro. Sono animali meravigliosi con una storia antichissima e una funzione ben precisa nell’ecosistema marino, da rispettare più che da temere.
I subacquei lo sanno. Mentre siete sott’acqua provate a fare il segnale di “squalo” con una mano messa di taglio sopra la testa, come a simulare una pinna di pescecane. Li vedrete agitatissimi schizzare da ogni parte ma non per sfuggirgli, piuttosto per cercarlo, ammirarlo e magari fotografarlo. E questo proprio perché i subacquei lo sanno: i veri pescecani non vivono nell’acqua ma sulla terraferma. Siamo noi.
Paolo Ponga
Argomenti: #subacquea, ambiente-&-sostenibilità, Daily Nautica