Il relitto del Santo Antao a Capo Verde
Il relitto capoverdiano Santo Antao era una motonave in acciaio lunga 53,3 metri, con una stazza lorda di 543 tonnellate e una capacità di carico di 450 metri cubi
Il relitto capoverdiano Santo Antao era una motonave in acciaio lunga 53,3 metri, con una stazza lorda di 543 tonnellate e una capacità di carico di 450 metri cubi
L’arrivo sull’arcipelago di Capo Verde è denso di aspettative ma anche di perplessità. I racconti di chi ha visitato queste isole sono infatti spesso contrastanti ma derivano per lo più da preferenze personali e variano fra le diverse isole. Quella dove mi sto recando è probabilmente la più conosciuta. Stiamo parlando dell’isola di Sal, chiamata in questo modo per le sue antiche e incredibili saline situate all’interno della bocca di un vulcano. Mentre durante i mesi invernali viene spazzata da un forte vento, negli altri periodi dell’anno la brezza risulta più che sopportabile ed è abbastanza ovvia la sua presenza data la posizione in mezzo all’Oceano Atlantico.
Arida e selvaggia, è stata fino a pochi anni fa una colonia portoghese molto povera. Solo negli ultimi anni i suoi abitanti stanno uscendo da tale condizione grazie al turismo. La gente ne è consapevole perché sull’isola quasi tutte le famiglie hanno qualcuno che lavora nel settore e sembra facciano a gara per farti un sorriso o per offrire quattro chiacchiere. La bellezza dei luoghi selvaggi e l’affabilità degli abitanti hanno persino convinto qualche italiano a farne la propria dimora. Uno di questi è Fabrizio Accoroni, titolare del Cabo Verde Diving, giunto sull’isola abbandonando le nebbie bergamasche.
Prima di partire mi sono sentito diverse volte con lui e ho fatto ricerche su internet: queste acque sono piene di pesci ma anche di relitti che si possono visitare. “Avrò la possibilità di vederne qualcuno, Fabrizio?”, gli chiesi. “Tranquillo, non rimarrai deluso”, mi rispose convinto. In effetti, l’espansione europea cominciata nel Quattrocento rivoluzionò le rotte navali e l’arcipelago di Capo Verde divenne uno dei punti principali delle vie marittime che da un lato portavano verso il Senegal e il golfo di Guinea e dall’altro, grazie agli alisei, verso le Antille o il Brasile. Un numero enorme di navi ne faceva il fulcro dei traffici verso la madrepatria portoghese o le colonie del sud del mondo. Naturale, quindi, che tempeste, mareggiate o eventi bellici abbiano riempito le sue acque di un gran numero di relitti.
“Nelle isole di Capo Verde abbiamo una concentrazione di oltre 150 relitti che devono essere ancora studiati in modo approfondito ma soprattutto protetti”, ha spiegato Jair Fernandes, presidente dell’Istituto per il Patrimonio culturale, al I° Congresso di Archeologia Subacquea della Macaronesia svoltosi nel 2021 a Lanzarote, nelle Canarie. È stato così creato il progetto MARGULLAR, in partnership con tutte le isole della Macaronesia (Madeira, Azzorre, Canarie e Capo Verde), che si propone di realizzare diversi progetti di archeologia marina finalizzati alla salvaguardia del patrimonio sottomarino, fino alla sua valorizzazione a fini turistici.
E’ la fine degli avventurieri che si recavano sulle isole a caccia di tesori sommersi, di galeoni portoghesi, di navi mercantili di ogni epoca o di navi negriere di cui sono piene queste acque. Secondo uno studio di Emanuel Charles d’Oliveira pubblicato nel 2005, i relitti visitabili potrebbero essere addirittura più di 300, tanti da creare un incredibile polo di attrazione per i subacquei di tutto il mondo.
L’immersione
Il diving di Fabrizio comincia il mio tour subacqueo capoverdiano portandomi a vedere i resti di un affondamento noto e molto vicino al molo di Santa Maria, luogo di imbarco del gommone e di partenza delle barche dei pescatori del sud dell’isola. Dopo un breve tratto in pick-up, percorriamo tutti attrezzati il molo, tra mille sorrisi di ragazzi che puliscono il pesce appena pescato, contrattano per la sua vendita e lo portano con le carriole agli acquirenti, di solito i ristoranti e i villaggi della zona. Il tragitto in barca è brevissimo e conduce direttamente a una boa collegata al relitto. In poco tempo terminiamo la vestizione e scendiamo nelle profondità marine per una nuova avventura.
I resti della nave che andiamo a visitare sono quelli del mercantile capoverdiano Santo Antao. Era una motonave in acciaio lunga 53,3 metri x 9,02, con una stazza lorda di 543 tonnellate e una capacità di carico di 450 metri cubi. Costruita nel 1957 dalla Companhia União Fabril presso i cantieri A.G.P.L. di Lisbona, aveva un equipaggio di 14 marinai. Il motore era un diesel a 5 cilindri costruito nel 1955 dalla Burmeister & Waine di Copenhagen, in Danimarca, con 500 cavalli di potenza che le consentivano di raggiungere una velocità massima di 11 nodi e una velocità di crociera di 9 nodi.
La nave era di proprietà della Société Générale di Commerce, Industrie et Transports de Lisbonne, registrata con il numero H448 presso l’Autorità Portuale di Lisbona, con la sigla C S D L. Al suo arrivo nel porto di Santa Maria l’8 gennaio 1966 incontrò una tempesta: la nave, ormai ingovernabile, finì contro le rocce vicino alla costa e affondò in breve tempo, mentre i marinai vennero tutti miracolosamente tratti in salvo dai pescatori di Santa Maria.
Adesso la nave giace in buone condizioni ma è spezzata in tre tronconi in parte capovolti, ad una profondità massima di circa 11 metri. È incredibile il numero di pesci presente nel relitto, mai spaventato o infastidito dai subacquei, tanto da darti fastidio quando passi in mezzo a qualche banco e cerchi di scattare una fotografia. Come alle isole Canarie, anche qui le specie sono una commistione fra mediterranee e tropicali, con una preponderanza di queste ultime. Si finisce così per adorare questa facilissima immersione, nuotando sopra o in mezzo alle lamiere, spesso attorniati da una miriade di pesci che ne hanno fatto la loro nuova casa.
Si tratta di pesci di barriera ma anche di passo, cernie, murene, trigoni, molti snapper e tante altre specie di mille forme e colori. Non sono infrequenti gli incontri con le tartarughe, mentre una specie è immancabile e per trovarla basta cercare bene sotto le lamiere o in qualche buca della roccia: lo squalo nutrice. Attorniati da piccoli pescetti, questi squali sembrano guardare la tua lampada col fastidio di chi sta dormendo e ha una luce puntata negli occhi. E hanno pienamente ragione, lo devo ammettere. Ne risulta, quindi, un’immersione molto semplice ma davvero di grande fascino, così come quest’isola meravigliosa nella quale tornerò sicuramente per visitare altre navi affondate.
Argomenti: relitti