Nauta Design e il Nilaya: “Così abbiamo progettato il nostro 48 metri in alluminio leggero e veloce” – L’intervista di DN

Intervista a Mario Pedol e Massimo Gino, fondatori e amministratori di Nauta Design, che ci raccontano com’è nato il loro studio di design, il dietro le quinte di un progetto e la storia di Nilaya, uno dei loro più recenti successi

29 May 2024 | di Redazione Daily Nautica
nauta design Massimo Gino Mario Pedol
Da sinistra, Mario Pedol e Massimo Gino di Nauta Design

Massimo Gino e Mario Pedol hanno fondato Nauta Design nel 1985. Hanno ottenuto una reputazione internazionale nel design delle barche a vela personalizzate e di serie da 30 a 130 piedi ma hanno anche lavorato alla creazione di yacht a motore di ogni dimensione, fino ai 180 metri di Azzam, attualmente il più grande yacht privato al mondo.

Li abbiamo intervistati per scoprire com’è nato il loro studio di design e il dietro le quinte di ogni progetto, ma anche per farci svelare le caratteristiche del Nilaya, un progetto a cui sono particolarmente legati, all’insegna della leggerezza e delle prestazioni.

 Mario Pedol e Massimo Gino, come avete iniziato a lavorare insieme e come è nata Nauta Design?

La storia di Nauta – spiega Pedol – nasce dalla passione per la vela e il mare. Negli anni ’70 con un amico commissionammo, quasi per gioco, il progetto (ad opera dell’architetto Andrea Vallicelli) di un Mini Tonner chiamato ‘Avventura 703”'(lunghezza f.t. 7,03 m) che ebbe un successo sorprendente (40 unità costruite e vendute).Questo mi portò a lasciare l’università e a dedicarmi a tempo pieno alla mia vera passione.

Fondai una società chiamata Nauta Imports che agiva come rappresentante e dealer per l’Italia di Oyster Marine, ma dopo alcuni anni i movimenti dei cambi valutari resero molto sconveniente l’importazione di barche dall’Inghilterra, quindi decisi di cambiare prospettiva e comprai la ‘demo boat’ per iniziare con quella a fare charter ai Caraibi con un amico. Sulla via del ritorno in Europa rischiammo anche di naufragare e dovemmo in seguito fermarci per settimane a Lisbona per le riparazioni.

Gli amici che mi hanno aiutato in quella fase sono ancora tra le persone più importanti della mia vita. Una è diventata mia moglie, mentre gli altri, Massimo Gino ed Enzo Moiso (deceduto nel 2009), sono diventati miei soci in Nauta. Anche se avevo esperienza nella vela e nella vendita di barche, in quel momento non sapevo ancora abbastanza su come fossero progettate e costruite. Così, dopo essere tornato dai Caraibi, mi sono iscritto a un corso di yacht design a Milano. Ne è seguito uno stage a New York con Scott Kaufman, ex designer di Sparkman & Stephens, la cui sensibilità stilistica è stata molto importante per me come designer.

Tornato a Milano, convinsi Massimo Gino ed Enzo Moiso ad unirsi a me in un progetto ancora più grande: abbiamo messo insieme tutto quello che avevamo e abbiamo fondato una nuova Nauta per progettare e costruire il primo Nauta 54. A quell’epoca infatti eravamo costruttori oltre che designer. Nauta ha lavorato sul layout della coperta e degli interni, mentre Scott Kaufman ha disegnato lo scafo, le appendici e il piano velico. La barca è stata portata al Salone Nautico di Genova nel 1986, registrando una buona accoglienza. Nel volgere di pochi anni abbiamo costruito in tutto sette Nauta 54, quattro Nauta 70 e quattro Nauta 65. Poi, nella prima metà degli anni ’90, la crisi del mercato ci ha portato a scegliere di abbandonare l’attività di costruzione per concentrarci sul design, e così andiamo avanti ancora oggi, dopo quasi 40 anni.

Avete iniziato con le barche a vela, per poi approdare ai megayacht a motore. Com’è avvenuto questo passaggio?

In realtà già nei primi anni ’90 Nauta fu chiamata da Bertram Yachts per ridisegnare gli interni del loro 43’ e poi dell’intera gamma, che fu mantenuta in produzione per diversi anni, con un successo commerciale importante. Quindi è una percezione errata che Nauta sia ‘sbarcata’ nel motore soltanto di recente.

È vero che abbiamo trovato riconoscimento dalla critica e dal mercato soprattutto nei progetti a vela fino a circa 15/20 anni fa, quindi sostanzialmente nei primi 20 anni di attività di Nauta, ed è altrettanto vero che la nostra passione per lo yacht design è nata come effetto della passione per la vela, ma non in via esclusiva. Il mare, il rapporto tra l’uomo e l’ambiente marino sono sempre stati al centro del nostro interesse e soprattutto Nauta ha sempre avuto una vocazione ad esplorare progetti diversi, a lavorare sul design di barche molto diverse per dimensioni, funzione (pur rimanendo nell’ambito del diporto) e prestazioni, sempre cercando di declinare le nostre idee e il nostro gusto nel design di oggetti così diversi tra loro.

Dal 180 metri Azzam costruito da Lurssen fino all’Oceanis 30.1, è sempre visibile uno stile, un approccio e anche una calligrafia ‘tipica’, che negli anni è diventata il nostro marchio di fabbrica, mirata alla ricerca di una bellezza senza tempo, senza eccessi inutili o non funzionali nel design. Dopo le esperienze con Bertram e Toy Marine nei primi anni 2000, Nauta è entrata in modo più importante nei progetti a motore con l’exterior design di Azzam e con la collaborazione con il Cantiere delle Marche, che nel giro di pochi anni ha portato al design e alla costruzione di cinque CDM Nauta Air in pochi anni“.

I vostri nomi godono di un’altissima reputazione tra i cantieri di tutto il mondo. Come nasce un progetto che vi viene richiesto da un cantiere? Fino a dove arriva la “carta bianca” che vi viene lasciata a disposizione?

Esistono diversi tipi di progetti e di barche e non esiste una regola generale, la distinzione principale è tra progetti custom e di serie, che sono molto diversi tra loro perché in un caso abbiamo come referente un cliente privato, nell’altro la barca deve piacere non a uno solo ma a molti, il cliente è il mercato stesso, quindi servono soluzioni che, pur mantenendo originalità, siano anche più convenzionali e sostenibili economicamente per il costruttore.

Quando il cliente è un cantiere il limite entro cui possiamo agire come designer è definito di volta in volta da un insieme di indicazioni che derivano dai costi stimati di produzione, dalle specifiche tecniche richieste, dagli standard da rispettare. Nei progetti di serie esistono maggiori vincoli legati ai costi di produzione, rispetto al custom, ma in generale è chiaro che abbiamo un ampio spazio di manovra in cui proporre idee, sempre rispettando i costi e i tempi del progetto“.

Ovviamente oltre alle esigenze costruttive del cantiere bisogna tenere conto anche delle richieste degli armatori. Come vi interfacciate con loro?

La nascita di uno yacht è un percorso non semplice, ma quasi sempre molto interessante e stimolante, durante il quale accompagniamo il cliente nella definizione delle caratteristiche funzionali ed estetiche che avrà la sua barca. Gli yachts che progettiamo sono strumenti per creare esperienze di vita, per fare viaggi indimenticabili. Quindi l’essenza del nostro lavoro di yacht designers è utilizzare il design per ottimizzare la qualità dell’esperienza a bordo del proprietario e dei suoi ospiti.

Ogni yacht ha una sua personalità propria, definita dal lifestyle e dalle preferenze del suo proprietario. Ecco perché è fondamentale ‘mettersi nelle scarpe’ degli armatori, saperli ascoltare e capire, conoscere bene i loro gusti e preferenze, calarsi completamente nella loro futura esperienza. La produzione in serie e le barche full custom sono due mondi diversi, per molti aspetti lontani tra loro, ma il principio è sempre quello, interpretare i desideri degli armatori, capire come utilizzeranno la barca, riuscire a disegnare ciò che stanno sognando. Tutti i progetti di Nauta sono stati sviluppati in stretta e amichevole collaborazione con i loro proprietari, e questi con la loro personalità e i loro gusti sono una parte fondamentale di ogni progetto“.

C’è un progetto a cui siete particolarmente legati? E perché?

“In realtà siamo legati a tutti i nostri progetti, proprio perché ognuno di questi è stata per noi una preziosa esperienza e anche una lezione. Disegnare yachts la cui eleganza non sfiorisce nel tempo, dare una calligrafia comune ai nostri lavori di exterior e di interior design, integrando le diverse parti di un progetto in una visione olistica per cui una barca è un tutt’uno dove esterni ed interni comunicano tra loro senza interruzioni: questo è sempre stato l’obiettivo del nostro lavoro. E riuscire a declinarlo su progetti così diversi, dalla vela al motore, dalla serie al custom, dalle piccole dimensioni fino ai gigayachts, ci ha portato ad avere quella versatilità nel declinare l’eleganza, che oggi ci viene riconosciuta dalla maggior parte della critica e dal mercato. Questo successo è stato reso possibile dall’insieme di tutti i nostri progetti, a cui quindi siamo ugualmente legati”.

È vostra anche la matita che ha disegnato “Azzam”, che con i suoi 180 metri di lunghezza è considerato lo yacht privato più grande del mondo. Sicuramente dietro a quel progetto ci saranno tantissimi aneddoti. Ce ne raccontate almeno uno?

Ricordo che fin dall’inizio rimasi impressionato dalle dimensioni gigantesche del progetto. Avevamo già lavorato su molti progetti diversi, ma mai nessuno di quelle dimensioni. In una presentazione di Lurssen vennero diffusi alcuni dati e numeri interessanti sulla sua costruzione. Ricordo che fu reso noto che se Azzam fosse stato costruito da un solo uomo, per rispettare la data del varo i lavori avrebbero dovuto iniziare nel 1737 A.C. dato il numero di ore di lavoro necessarie al suo completamento. Questo dà l’idea delle dimensioni gigantesche non solo dell’opera finale, ma anche della struttura e dell’organizzazione che hanno reso possibile una costruzione simile in pochi anni“.

Uno dei vostri recenti progetti di maggior successo è Nilaya, di cui avete curato il design di esterni e interni. Quali sono i suoi punti di forza?

La qualità più grande di Nilaya, disegnato da Reichel/Pugh (architetto navale) e Nauta (exterior e interior design), che ne fa un progetto quasi unico per le sue dimensioni (circa 48 metri di lunghezza f.t.) è la sua straordinaria leggerezza in rapporto alla mole, risultato della costruzione di Royal Huisman ma ancora prima del lavoro di Nauta nello studio preliminare del progetto.

Questa è una storia che merita di essere raccontata. L’esperto proprietario di Nilaya è un cliente di Nauta, che voleva un superyacht che combinasse nel miglior modo possibile velocità, sicurezza, robustezza costruttiva e silenziosità, che fosse anche efficiente e moderno con un potente piano velico. Questo brief impegnativo (perché conciliare performance e comfort su uno scafo di queste dimensioni non è per niente facile) ci ha portato a ragionare approfonditamente su vantaggi e svantaggi di una possibile costruzione in alluminio rispetto ad una in composito di carbonio.

La velocità era chiaramente importante per il proprietario e la prima prospettiva è stata di costruire in fibra di carbonio, perché uno scafo di questo materiale è più leggero e generalmente più veloce di uno in alluminio. Ma in termini di dimensioni, Nilaya è sulla soglia in cui la costruzione del carbonio diventa molto più costosa e richiede più tempo per essere costruita. D’altra parte, l’alluminio garantisce una navigazione più confortevole ed è più resistente agli urti. Nauta ha deciso fin dall’inizio di considerare e approfondire entrambe le opzioni per quanto riguardava il materiale di costruzione, in modo che il cliente potesse prendere una decisione informata sulla base di dati concreti.

Il s/y Nilaya

Guardando alla flotta esistente di yacht in alluminio e in composito di dimensioni comparabili, si poteva notare una differenza di dislocamento di circa il 50%. Questo nonostante il fatto che lo scafo, il ponte e la sovrastruttura rappresentino comunemente solo il 15% del dislocamento totale di una barca. Così ci siamo posti una domanda molto semplice: potevamo progettare uno yacht in alluminio che fosse molto più vicino in termini di dislocamento ad una barca in carbonio di dimensioni analoghe?

Per testare la nostra intuizione, Nauta ha iniziato un programma di ricerca preliminare prima che il progetto fosse messo in gara e prima che fossero selezionati il cantiere costruttore e l’architetto navale. Insieme a Roberto Biscontini, architetto navale che ha lavorato in più campagne di America’s Cup con team diversi, abbiamo prodotto due modelli 3D, uno per ipotesi di scafo in alluminio e uno in composito di carbonio ma con gli stessi rapporti velocità/superficie velica, utilizzando anche programmi di previsione della velocità (VPP, Velocity Prediction Program).

I risultati hanno mostrato che mentre la barca in carbonio era leggermente più veloce in poppa, di bolina le prestazioni erano più o meno le stesse. Questo è stato sufficiente per convincere il proprietario ad optare per l’opzione alluminio in quanto la perdita minima di prestazioni è compensata dal fatto che uno scafo in questo materiale è meno rumoroso, più resistente ai danni da impatto e più facile da riparare, una caratteristica importante per uno yacht progettato per viaggiare per il mondo.

A questo punto Royal Huisman, specialista mondiale delle costruzioni di superyacht in alluminio, ha sostenuto con entusiasmo la visione di Nauta e ha accettato l’obiettivo impegnativo di costruire un superyacht con dislocamento sensibilmente più leggero della flotta esistente di barche in alluminio, ed è stato scelto logicamente come cantiere costruttore. Per rendere lo yacht il più leggero possibile, il cantiere olandese ha ingegnerizzato e realizzato una costruzione in alluminio (scafo e ponte a prua e a poppa) con parti in composito (la tuga, il pozzetto degli ospiti e i ponti laterali). Rondal, la società sorella di Royal Huisman, ha costruito l’albero “Panamax” ed il boma in carbonio, mentre, per garantire prestazioni ottimali, è stato scelto dal cliente Reichel/Pugh per l’architettura navale.

Basandosi su più di una dozzina di configurazioni CFD condotte insieme agli specialisti di America’s Cup Capponnetto, Hueber e Giorgio Provinciali per l’analisi dei VPP, Reichel/Pugh ha ulteriormente perfezionato le linee di scafo per ottimizzare l’idrodinamica, cioè la velocità e la stabilità in navigazione. Particolare attenzione è stata dedicata anche a mantenere la corsa della chiglia retrattile più lunga possibile, in quanto una pinna più lunga consente di usare un bulbo più leggero per lo stesso momento raddrizzante. Grazie alla nostra ricerca preliminare, alla costruzione leggera di Royal Huisman e all’ulteriore ottimizzazione da parte di Reichel/Pugh, Nilaya rappresenta un nuovo standard nella costruzione in alluminio, con un dislocamento di circa il 20% in più di un’equivalente barca full-carbon di analoghe dimensioni e molto meno di qualsiasi altro yacht in alluminio oggi esistente. Un progetto che fornisce prestazioni elevate, ma combinate con robustezza e comfort acustico, per una navigazione bluewater estesa“.

Su quali progetti sta lavorando Nauta attualmente?

Stiamo lavorando su diversi progetti interessanti, molto diversi tra loro. I più rilevanti per dimensioni e volume di lavoro sono un 130+ metri, sopra i 9.000 GT, in costruzione in Nord Europa, di cui Nauta è interior designer, e due 70 metri: il Thunderball in costruzione da CRN Yacht (interior design) e il Moonflower in costruzione da Wider (exterior e interior design). Poi ci sono tre barche in costruzione da Cantiere della Marche, il Flexplorer 146-35 e due CDM-Nauta Air 110’, per le quali Nauta ha creato l’interior design. Infine ci stiamo occupando dell’interior design della terza unità Moonlight 44 attualmente in costruzione da Conrad Shipyard.

Continua inoltre la collaborazione con Southern Wind: è appena stato varato il Southern Wind 96 Liberty e seguiranno un secondo SW 108 ed è in costruzione un nuovissimo modello, il SW 100XDi tutti questi progetti Nauta ha creato sia l’exterior sia l’interior design. Tanti sono anche i progetti di serie per Lagoon, Beneteau (linea Oceanis), Pardo Yachts e Grand SoleilAd oggi Nauta segue circa 30 progetti contemporaneamente, con un team di circa 25 persone guidato da me e da Massimo Gino. Un grande successo, partito da molto lontano, da una passione per il mare e per la navigazione che diventa sempre più forte e viva nel tempo“.

 

 

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