Giancarlo Pedote conclude la sua seconda Vendée Globe: “Un’altalena di emozioni” – L’intervista di DN
Il 4 febbraio alle 09:34:01 il navigatore fiorentino ha concluso il suo secondo giro del mondo in solitario e senza scalo a bordo del suo IMOCA Prysmian, dopo 85 giorni, 20 ore e 32 minuti di mare. Daily Nautica gli ha parlato al suo ritorno
Il 4 febbraio alle 09:34:01 il navigatore fiorentino ha concluso il suo secondo giro del mondo in solitario e senza scalo a bordo del suo IMOCA Prysmian, dopo 85 giorni, 20 ore e 32 minuti di mare. Daily Nautica gli ha parlato al suo ritorno
Concludere una volta la Vendée Globe, giro del mondo in solitario senza scalo né assistenza passando per i tre “grandi capi” di Buona Speranza, Leewin e Horn, è già di per sé un risultato che caratterizza la vita di un velista solitario. Concluderla due volte rappresenta il consolidarsi della costruzione dell’identità di chi va per mare per mestiere. E’ il caso di Giancarlo Pedote, l’unico italiano in gara quest’anno, che il 4 febbraio alle 09:34:01 ha tagliato il traguardo di Les Sables d’Olonne, portando a termine così il suo secondo giro del mondo a bordo dell’IMOCA Prysmian in 22esima posizione, dopo 85 giorni, 20 ore e 32 minuti di mare.
Un risultato, a detta del navigatore fiorentino, non in linea con le sue aspettative iniziali, ma che non svaluta la forza e la profondità dell’avventura che ha vissuto. A vincere questa edizione, in appena 64 giorni di navigazione, è stato il francese Charlie Dalin, che ha compiuto un vero exploit, una regata perfetta.
“Ogni Vendée Globe – ha dichiarato Pedote subito dopo l’arrivo – è unica e va affrontata con umiltà. Questa regata è imprevedibile e sono orgoglioso di averla portata a termine nonostante le difficoltà. Soprattutto non voglio pensare che la valutazione finale di quattro anni di duro lavoro mio e del mio team, si limiti semplicemente ad un numero. Chi giudica il Vendée Globe da un numero, senza prendere in conto le eventuali difficoltà incontrate, non ha capito niente di questa regata. Arrivare alla fine è una misura più significativa per un marinaio rispetto alla posizione finale in classifica“.
In 85 giorni di mare in solitario, Pedote ha affrontato momenti elettrizzanti e difficoltà: dalla prima importante decisione tattica di attraversare una zona di bonaccia al largo delle Canarie per tentare di risalire la classifica, alla rottura di una vela che ha richiesto 14 ore di riparazione in un momento fondamentale, rallentandolo e facendolo scivolare in basso in classifica. Dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza, Prysmian battagliava ancora con avversarsi ravvicinati, ma una serie di sistemi di bassa pressione all’entrata dell’Oceano Indiano ha fatto la prima, fondamentale, selezione nella flotta.
In quel frangente, un danno grave al timone di sinistra, che si è sganciato dalla sua sede compromettendo il controllo della barca, l’ha fatto dubitare di “riuscire ad arrivare in fondo”. La riparazione, però, è riuscita, anche se l’ha costretto a procedere più conservativamente. Nell’Atlantico del Sud il velista fiorentino non è quindi riuscito ad “attaccare” come avrebbe voluto, anche a causa delle condizioni meteo particolarmente instabili e variabili e alle ferite ancora vive al sistema di timonaggio. L’arrivo a Les Sables d’Olonne è stato una gioia ed un sollievo e Daily Nautica l’ha raggiunto al telefono per farsi raccontare le prime emozioni “a freddo”, una volta a terra.
Bentornato, Giancarlo! Cominciamo dalla fine: ci racconti il tuo arrivo?
“L’ultima settimana è stata dura, perché il timone ha dato segni di cedimento nella riparazione fatta, quindi purtroppo ho dovuto prendere una rotta più a nord per non sforzarlo. Se avessi orzato come i miei colleghi, avrei messo il massimo carico e probabilmente qualcosa nel sistema di trasmissione si sarebbe rotto. È stato un momento difficile anche per lo ‘scherzo’ di Eolo, che alla fine ha fatto tornare le barche a deriva sotto di noi e quindi praticamente c’è stata una nuova partenza, l’ultimo sprint di una serie lunghissima dall’inizio della regata, a cui però non ho potuto partecipare perché altrimenti avrei rischiato troppo… quello mi ha lasciato un grande amaro in bocca. Il giorno dell’arrivo però è stato meraviglioso, il più bello del Vendée Globe, perché si sciolgono tutti i problemi e rivedi la famiglia, gli amici, il team. Segna il ritorno alla normalità dopo tanto tempo di privazione”.
Qual è stato il momento in cui sei stato più orgoglioso di te e della barca?
“Quando ho fatto il record di miglia percorse in una giornata, 524,82 miglia: tutto andava bene, mi sono sentito a posto con la coscienza”.
Come hai gestito emotivamente questa seconda Vendé Globe rispetto alla prima quattro anni fa?
“L’esperienza della prima Vendé Globe c’era, ma era difficile quantificare quanto fossi cresciuto facendo quell’esperienza. Sapevo di essere preparato, anche se le dinamiche sarebbero state sicuramente diverse, quindi automaticamente anche le emozioni. Come nel Vendée Globe di quattro anni fa ci sono stati alti e bassi, di estrema felicità e di dire ‘chissà se riuscirò a tornare a casa'”.
Il momento più difficile in questi 85 giorni in mare?
“Quando nel punto Nemo (il punto oceanico più lontano da qualsiasi terra emersa, nell’oceano Pacifico, n.d.r) ho avuto problemi al motore, proprio il giorno del mio compleanno, il 26 dicembre. Il motorino di avviamento non andava e il ricambio che avevo a bordo era di un modello che era stato cambiato dalla casa madre: un membro del mio team meccanico mi ha detto che non c’era niente da fare, ma dovevamo per forza trovare una soluzione. Io, fra l’altro, avevo un idrogeneratore solo e pochi pannelli solari, quindi avevo davvero urgenza di ricaricare le batterie. Alla fine abbiamo trovato una soluzione adattando il pezzo di ricambio al motore, costruendo un castello di randelle, facendo degli spessori, e facendo ripartire tutto.
Quali sono i tuoi programmi adesso?
“A breve termine devo riportare la barca a Lorient per metterla in cantiere e far partire i lavori. Poi starò un po’ tranquillo in famiglia per rinsaldare tutti i nostri legami che sono mancati non solo durante i tre mesi del Vendée Globe, ma durante gli ultimi quattro anni. Il programma sportivo per quest’anno prevede la Transat Jacques Vabre, poi vedremo”.