Blue Hole, il sito di immersione più pericoloso del pianeta

Il ”cimitero dei sub” si trova nel golfo di Aqaba ed ha inghiottito almeno 100 subacquei

Blue Hole, il sito di immersione più pericoloso del pianeta

Blue Hole, il sito di immersione più pericoloso del pianeta

Il ”cimitero dei sub” si trova nel golfo di Aqaba ed ha inghiottito almeno 100 subacquei

4 minuti di lettura

Il Blue Hole, comunemente ritenuto dai subacquei come uno dei siti di immersione più spettacolari del Mar Rosso, si trova al largo della penisola del Sinai, nel golfo di Aqaba, poche miglia a nord est di Dahab, una nota cittadina turistica molto frequentata dagli amanti del windsurf, dello snorkeling o semplicemente del caldo sole egiziano.

Come tutta la costa del Sinai, la località è gettonata dai subacquei che si godono i colori e la straordinaria fauna della barriera corallina del Mar Rosso. Ma la vera attrazione subacquea di Dahab è il Blue Hole. Una voragine sommersa circolare dal diametro di circa 50 metri che sprofonda nella barriera corallina a pochi metri dalla superficie del mare e scende a -100.

Dal punto di vista geologico, il Blue Hole non è altro che una dolina sommersa. Una sorta di conca formatasi dalla dissoluzione del carbonato di calcio delle rocce che la costituivano. Un fenomeno che possiamo comunemente osservare anche in superficie in zone come il nostro altopiano carsico. 

Il Blue Hole è sorta di laguna di color azzurro inteso circondata dai colori arcobaleno della barriera corallina. Un sito tanto bello quanto mortale. Tanto mortale da meritarsi il soprannome di “Diver’s Cemetery”, cimitero dei subacquei. Almeno 200 sono i sub che hanno incontrato la morte nel tentativo di esplorare queste acque. Per lo più subacquei esperti, con molte immersioni in attivo. Nonostante la dichiarata pericolosità del sito, i diving di Dahab organizzano giornalmente escursioni nel Blue Hole e il bilancio delle vittime cresce di anno in anno. 

Ma perché il Blue Hole è così pericoloso? I motivi sono molteplici ma sono tutti riconducibili alla grande trasparenza di queste acque cristalline che sfalsa le distanze e trasmette una finta sicurezza che induce anche il subacqueo più prudente ad andare oltre i suoi limiti. All’interno del Blue Hole c’è un tunnel sottomarino, la principale attrazione del sito, che collega la dolina col mare aperto. Ed è proprio questo tunnel il posto più pericoloso.

“Il Blue Hole è il luogo più bello che abbia mai visitato”, mi ha raccontato qualche anno fa un amico subacqueo con il quale mi sono immerso più volte. “Il tunnel – ha aggiunto – è difficile da individuare ma quando appare sotto di te, ti dà l’impressione di essere raggiungibile con due colpi di pinna. Ti accorgi solo quando ci sei davanti che sei già sceso a 56 metri”.

Il limite dell’immersione sportiva, ricordiamolo, è 42 metri. Il mio compagno di immersioni, in quell’occasione, non era attrezzato tecnicamente per superare quel limite. Inoltre, a quelle profondità, la narcosi d’azoto può capitare a chiunque. “Quando ho visto il profondimetro che segnava 60 metri – ha spiegato – mi è venuto da ridere come un matto. Mi rendevo conto vagamente che ero sotto effetto della narcosi. Davanti a me si apriva un tunnel spettacolare in fondo al quale l’acqua brillava di un blu inteso“.

“Sembrava la porta di un mondo incantato – ha sottolineato – distante solo pochi colpi di pinna. Mi è venuta la tentazione di entrarci per risalire dall’altra parte. Sembrava che fosse la strada più semplice e sicura. Per fortuna, sono riuscito a resistere e sono tornato indietro. Per questo sono ancora vivo!”. Già, perché il tunnel della morte sembra corto per un effetto ottico ma in realtà è lungo più di una trentina di metri e, pur senza dare l’impressione di scendere, sfocia nel mare aperto alla bella profondità di 106 metri! Se non sei attrezzato, non ne esci vivo.

Ed anche se sei preparato alle eccezionali tappe di decompressione che una simile profondità comporta, la corrente del tunnel sempre contraria ti fa consumare più aria e ti sballa facilmente anche i calcoli più prudenziali. Il risultato è che i sub che sono riusciti a percorrendo ed a portare a casa le pelle si contano sulle dita di una mano. Degli altri rimangono solo le decine e decine di targhe commemorative che i loro amici hanno posato in quelle acque mortali per ricordarli.

Foto di copertina tratta da www.budgetwayfarers.com