La zattera di salvataggio: cosa c'è dentro e come comportarsi in caso di emergenza
La sacca di sopravvivenza interna alla zattera di salvataggio può salvare la vita, a patto che l'abbiate personalizzata sulle vostre esigenze: cibo, farmaci e lenze da pesca sono particolari importanti
La sacca di sopravvivenza interna alla zattera di salvataggio può salvare la vita, a patto che l'abbiate personalizzata sulle vostre esigenze: cibo, farmaci e lenze da pesca sono particolari importanti
La zattera di salvataggio è una delle dotazioni più importanti di bordo, e la sua manutenzione e il corretto utilizzo sono fondamentali per garantire la sicurezza dell’equipaggio anche in situazioni di pericolo. In pochi però conoscono a fondo le procedure da attuare nel caso in cui si è costretti ad aprire la zattera, e quasi nessuno sa che la sacca di sopravvivenza contenuta al suo interno può realmente salvare la vita.
Nell’analizzare questo tema partiamo sfatando un mito: “non toccare la cima di apertura altrimenti la zattera si apre”. Non è vero. Occorre tirare circa dieci bracciate per far esplodere la carica che aprirà la zattera, operazione da fare ovviamente quando la stessa è stata assicurata fuori bordo, stando attenti a posizionare la parte più pesante della zattera, quella dove è presente la carica, verso il basso in maniera che non si apra capovolta.
Il contenuto della zattera servirà poi alla sopravvivenza dei naufraghi, a patto che la sacca di sopravvivenza presente al suo interno sia stata preparata con cura. Come? Più o meno tutte le aziende che producono le zattere danno la possibilità di personalizzare la sacca di sopravvivenza. Esempio: soffrite di qualche patologia particolare per la quale siete costretti a prendere dei farmaci? Potrete inserire le vostre medicine nella sacca. Siete bravi nella pesca e pensate che in caso di naufragio potrete cavarvela bene pescando qualche pesce? Fate inserire le vostre lenze che saranno preziose al momento del bisogno. Allo stesso modo potrete personalizzare il cibo della sacca evitando gli ingredienti che possono provocarvi allergie o intolleranze.
Tutti questi particolari, che possono sembrare quasi superflui in condizioni normali, in situazioni estreme come quelle di un naufrago possono realmente salvare la vita. Il momento in cui l’equipaggio mette piede sulla zattera è poi particolarmente delicato, e occorre che un capo barca si occupi di razionalizzare le esigenze dei naufraghi. La prima operazione da fare, al dir poco fondamentale, è quella di distribuire a tutti le pastiglie contro il mal di mare presenti nella sacca di sopravvivenza. Fondamentale per mantenere in buona salute l’equipaggio e per evitare un pericoloso effetto a catena nel momento in cui il primo a bordo della zattera inizi a stare male. Anche chi non ha mai sofferto il mal di mare deve essere obbligato ad ingerire la pastiglia.
Il capo barca poi dovrà occuparsi di razionalizzare cibo e acqua evitando assolutamente di lasciare le preziose provviste all’equipaggio: questo compito inglorioso sarà importante per centellinare le provviste e per garantire a tutti gli uomini a bordo pari razioni. Consiglio importante: se siete sulla zattera e fa molto caldo non bevete mai di giorno: l’acqua andrebbe persa subito con la sudorazione senza idratare l’organismo, mentre bevendo nelle ore più fresche il corpo riesce as assorbire i liquidi reidratandosi.
Nell’augurarvi di non avere mai bisogno di mettere in pratica questi accorgimenti, vi consigliamo comunque alla prossima revisione della zattera di preoccuparvi di preparare adeguatamente la sacca di sopravvivenza secondo le vostre esigenze.
Mauro Giuffrè
Argomenti: Accessori nautici, Daily Nautica, mare
C’è sempre qualcosa da imparare. Non sapevo che fosse obbligatorio per tutti assumere la pastiglia contro il mal di mare. Meglio non trovarsi mai in quelle condizioni.
Saluti.
Pazzesca la storia di Alain Bombard: a bordo del gommone a vela Zodiac “Hérétique”, il fisico francese compì una traversata in solitario dalle Canarie alle Barbados, bevendo quantità controllate di acqua e succo di pesce da lui catturato. Un naufrago volontario, in quel lontano 1952, per dimostrare la teoria secondo cui dopo un naufragio si muore più per disperazione che per stenti….riuscì a portare a termine il suo viaggio, anche se fisicamente a pezzi e dimagrito di tantissimo!
Ok Paolo,ma chi lo edita? Grazie.
lettura fondamentale: Naufrago Volontario di Alain Bombard