Nuova legge in Gran Bretagna per la protezione degli squali
La notizia pone la Gran Bretagna in prima linea nella conservazione globale degli squali e rappresenta un duro colpo per il commercio di pinne di pescecane
La notizia pone la Gran Bretagna in prima linea nella conservazione globale degli squali e rappresenta un duro colpo per il commercio di pinne di pescecane
Gli ambientalisti britannici aspettavano il “reale assenso” di re Carlo III per la fine dell’anno ma l’attesa è durata molto meno del previsto: la legge che vieta l’importazione e l’esportazione di pinne di squalo in Gran Bretagna è già stata firmata. La notizia pone così il Regno Unito in prima linea nella conservazione globale degli squali e rappresenta un duro colpo per il commercio di pinne di pescecane, di solito vendute per fare la zuppa.
Allo stesso tempo segna il trionfo di Bite-Back Shark & Marine Conservation, l’organizzazione che ha guidato per otto anni la campagna “No Fin To Declare“. Quest’ultima aveva messo in luce, in particolare, il coinvolgimento del Regno Unito nel commercio di pinne di squalo, raggiungendo la stampa nazionale e coinvolgendo nella lotta per rendere il Paese “shark fin free” sia politici che personaggi famosi.
Una maggiore consapevolezza riguardo la salvaguardia della natura e una fitta campagna informativa hanno quindi portato a un cambiamento di pensiero e di gusto: all’inizio della loro attività promozionale e informativa, in Gran Bretagna c’erano 63 ristoranti che avevano le pinne di squalo nei loro menu, mentre oggi sono solo 14.
“Questo – ha dichiarato in un’intervista Graham Buckingham, direttore della campagna per Bite-Back – è un grande giorno per la conservazione degli squali e la prova che la perseveranza ripaga. Per il bene degli oceani, speriamo che questa notizia incoraggi altri Paesi a seguire l’esempio del Regno Unito e ponga fine al devastante, barbaro e inutile commercio di pinne di squalo”.
Il quantitativo di pinne che veniva esportato dal Paese, prima per la lavorazione in Spagna e da lì inviato poi in Estremo Oriente, sembra ammontasse a circa 20 tonnellate all’anno, senza contare quelle consumate sulle tavole dei ristoranti e degli appassionati nel Regno Unito. La specie maggiormente presente nel commercio inglese, uccisa attraverso lo “shark finning“, il barbaro taglio delle pinne con il conseguente soffocamento dell’animale rigettato in mare, è quella delle verdesche (Prionace glauca o squalo azzurro).
Non risulta, invece, completamente chiaro il percorso del prodotto verso la Gran Bretagna. Con il classico aplomb britannico, qualcuno ha dato la colpa all’Europa, a causa di una legge continentale che consente il trasporto di 20 kg a testa di pinne di squalo essiccate come franchigia di consumo personale. Se questa normativa sembra assurda, lo è anche l’idea di una fila di contrabbandieri alla dogana che portano uno zainetto puzzolente ciascuno.
Adesso, dopo la firma del monarca, tutto questo avrà fine. “Un divieto del Regno Unito sull’importazione e l’esportazione di pinne di squalo – ha sottolineato Buckingham Palace – rappresenta una vittoria a livello mondiale (word-leading victory) per la conservazione degli squali, un duro colpo per l’industria legata al commercio delle pinne e una nuova speranza per i Paesi che cercano un divieto simile in Europa e nel resto del mondo”.
“Ogni anno – ha concluso Buckingham Palace – vengono macellati almeno 73 milioni di squali, molti dei quali solo per le loro pinne, utilizzate come ingrediente principale della zuppa di origine asiatica. In alcune parti del mondo le popolazioni di squalo bianco, martello, volpe e pinna bianca oceanica sono diminuite del 90%. Peggio ancora, potrebbero scomparire del tutto entro il 2048“. Ci auguriamo decisamente di no.
Argomenti: squali