Relitti alle Isole Canarie: Puerto de Mogan
I relitti di Mogan sono due pescherecci: uno affondato da una tempesta, l'altro dall'uomo a scopo di ripopolamento e turistico
I relitti di Mogan sono due pescherecci: uno affondato da una tempesta, l'altro dall'uomo a scopo di ripopolamento e turistico
Durante la preparazione di un viaggio per una destinazione marina non può mancare un’attenta ricerca sulle possibilità di praticare la subacquea. Detta in maniera più semplice, a me inizia a salire la voglia di relitti e parte la ricerca di diving center e punti di immersione. A Capodanno 2022 la meta designata era Gran Canaria, famosa per il clima mite tutto l’anno e per le gigantesche dune di sabbia della vicina Maspalomas. Avevo prenotato nella località di Mogan per il suo centro storico, la spiaggia e naturalmente un centro immersioni che avevo contattato tempo prima.
“Tranquillo – mi avevano detto – siamo nella zona più riparata dai venti invernali che spirano da nord-est. Qui si scende sott’acqua tutto l’anno. Relitti ce ne sono un paio e, se le condizioni sono buone, si risale lungo l’isola per altre avventure”. D’altronde il loro sito recita: “Grazie alla nostra posizione nel sud di Gran Canaria, protetta dai venti dominanti del nord-est, praticamente tutto l’anno è ottimale per le immersioni a Mogan. Solo in alcuni giorni di dicembre e gennaio si potrebbero trovare vento e onde”. Wow. Vuoi che sia proprio questo l’anno baciato dagli strali di un’improvvisa sfortuna? Naaaaaaaa.
In realtà, quando l’aereo aveva cominciato la sua discesa verso l’isola, erano ben visibili numerosi sbuffi bianchi nel mare blu notte. Ero perplesso ma d’altronde non sapevo che Gran Canaria era in allerta arancione per il passaggio di una burrasca invernale. Presa in aeroporto l’auto a noleggio, arrivare a Mogan, situata dall’altra parte dell’isola, fu facilissimo, grazie alla nuova superstrada GC-1 che ha dimezzato i tempi di percorrenza. Un po’ di venticello ma una temperatura diurna che arrivava tranquillamente a 25 gradi: uno spettacolo, considerando la data (29 dicembre), che venivamo dal Nord Italia e che ci trovavamo in uno Stato europeo.
Mogan, la “Venezia delle Canarie”
Mogan è costituita da tre zone: la parte interna più moderna, Playa de Mogan, una meravigliosa spiaggia sabbiosa con una miriade di piccole attività, e Puerto de Mogan, con le sue bianche casette con i fiori, i ristoranti davvero pregevoli e una fitta rete di canali che collegano il porto turistico a quello dei pescatori. Per questo, e forse anche per i prezzi decisamente superiori al resto dell’arcipelago, la cittadina è chiamata la “Piccola Venezia“, la “Venezia delle Canarie” o la “Portofino delle Canarie”. Tuttavia, passeggiare per i suoi vicoli, sdraiarsi sulla spiaggia o salire lungo i percorsi della città vecchia per godere di un panorama fantastico sono un’attrattiva senza prezzo.
Dall’altra parte della spiaggia si trova il Gran Canaria Divers, gestito da Nadine e Pascal Zwicker, due simpatici svizzeri tedeschi che hanno deciso di venire a vivere in questo luogo, così differente rispetto ai loro passi alpini, per la qualità di vita che può offrire. “Si esce?”, chiedo a Nadine. “Certo”, risponde. “Il mare?”. “Ottimo”. “Da terra non sembra”. “È solo un’impressione”. “Relitti?”. “Ce ne sono due. Una volta a Mogan erano tre ma il terzo, che si chiamava ‘Alagranza’, è sparito per una burrasca invernale”.
Il relitto “Veneguera Como Tu”
Il giorno successivo partiamo per visitare il primo, situato a circa 15 minuti di navigazione dal centro: si tratta di un piccolo peschereccio affondato da una tempesta mentre stava cercando riparo nel porto di Mogan. Di esso si è persa completamente la storia, tanto che il nome con cui viene chiamato deriva dalla spiaggia che si trova davanti al luogo dell’affondamento, Playa Veneguera, a cui è stato aggiunto “Como Tu“, cioè “Venezuelana come te”. Vestito di tutto punto con la mia semistagna, la bombola pronta e la sacca da gommone davanti a me, raccolgo le mie cose per scoprire che alla barca si arriva a nuoto.
Mi spiego meglio. Ci si veste al diving, si mettono le pinne e la maschera nell’acqua della baia e poi si fa una lunga pedalata in acqua per raggiungere il gommone, che si trova in acque libere. Quindi, con delle onde paurose che sballottano il piccolo natante come un turacciolo, i subacquei cercano di salirci sopra dalla scaletta, mentre continuano a sbatterci contro la faccia. Quando finalmente riesco a salire, Pepe, il vecchio capitano, con un grande sorriso mi chiede ironicamente: “Tutto bene?”. Per fortuna la risposta in italiano si perde nel vento ma forse qualcosa ha capito, vista la grassa risata che sento alle mie spalle.
La navigazione procede con grandi difficoltà. La bufera non è ancora passata del tutto e si vede. Le onde sembrano giungere da ogni lato e stare sul gommone è come cavalcare un toro impazzito. Una volta giunti sul luogo del relitto è d’obbligo scendere direttamente: sarebbe impossibile ritrovarsi tutti in superficie. Una volta scesi sul fondo mi rendo conto che la visibilità non è quella di tante altre immersioni alle Canarie, a causa del periodo dell’anno, delle condizioni marine e di una specie di ciclone che ha colpito l’isola qualche mese prima, gettando in mare chissà quanti milioni di metri cubi di fango, che hanno ricoperto ogni cosa.
L’immersione è comunque gradevole, con una visibilità intorno ai 10 metri, con tendenza a migliorare, e la presenza di tanti roncadores, trumpetfish, triglie, nudibranchi e polpi. La temperatura, costante in superficie come sul fondo, si aggira intorno ai 20 gradi, perfetta per la mia muta. Il ritorno è invece la fotocopia dell’andata e sembro essere l’unico perplesso dal piccolo gommone e dalle condizioni di ritorno sulla spiaggia. Scopro, però, di essere anche l’unico a non provenire dal Nord Europa e quindi abituato forse troppo bene.
Il relitto “Cermona II”
L’ultimo giorno dell’anno è quello dedicato al Cermona II. Si tratta anche in questo caso di un peschereccio, in ferro e lungo 32 metri, che giace a soli 19 metri di profondità davanti al piccolo porto. L’affondamento è stato fatto di proposito nel 2002, a scopo di ripopolamento e turistico: oltre ai subacquei si recano infatti a vederlo i normali turisti, che utilizzano barche dal fondo di vetro o un piccolo sottomarino giallo che ricorda la famosa canzone. Lungo le lamiere e sul fondo ci sono tanti pesci e tutta questa vita stride col fondale, sul quale, purtroppo, si trova ancora uno strato di fanghiglia che il mare impiegherà un po’ di tempo a portare via. Qui la visibilità è addirittura ridotta a circa 7 metri.
Al ritorno lo staff stappa una bottiglia per festeggiare tutti insieme il nuovo anno, ovviamente in pantaloncini e ciabatte. Il 2023 mi vedrà alle prese con un mare leggermente più tranquillo e alcune paretine nel sud dell’isola: purtroppo, in queste condizioni, è impensabile avventurarsi nella zona nordorientale alla caccia di altri relitti. Se avete quindi voglia di fare immersioni da queste parti, il Gran Canaria Divers e i suoi bravi e simpatici professionisti fanno per voi, mentre se vi piace leggere storie di mare e di relitti e magari volete scoprire la causa di questa mia passione, vi consiglio “Storie Sommerse – Esplorazioni tra i relitti“, edito da Il Frangente: 25 racconti su marinai che lottano contro il destino e su viaggi fatti per esplorare i resti delle navi perdute, sempre trasformate dal mare in incredibili oasi di vita.
Argomenti: Daily Nautica