11 settembre 2023

Rapporto NOAA 2023: identificati 7 Paesi che praticano la pesca illegale

11 settembre 2023

I sette Paesi responsabili di attività di pesca illegali, non dichiarate e non regolamentate sono Angola, Grenada, Messico, Cina, Taiwan, Gambia e Vanuatu

Rapporto NOAA 2023: identificati 7 Paesi che praticano la pesca illegale

I sette Paesi responsabili di attività di pesca illegali, non dichiarate e non regolamentate sono Angola, Grenada, Messico, Cina, Taiwan, Gambia e Vanuatu

4 minuti di lettura

La National Oceanic and Atmospheric Administration degli Stati Uniti ha pubblicato il rapporto 2023, redatto per il Congresso e relativo al miglioramento della gestione internazionale della pesca, identificando 7 nazioni responsabili di attività di pesca illegali, non dichiarate e non regolamentate (IUU – Illegal, Unreported and Unregulated fishing).

La NOAA Fisheries analizza i sistemi di pesca utilizzati a livello mondiale, l’utilizzo di reti da posta derivanti in alto mare, le catture accessorie e, da quest’anno, anche la pesca degli squali e il lavoro forzato. “La pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata – spiega – è un grave problema globale che minaccia gli ecosistemi oceanici e la pesca sostenibile, fondamentale per la sicurezza alimentare ed economica globale, mettendo in svantaggio i pescatori e i produttori di prodotti ittici rispettosi della legge negli Stati Uniti e all’estero”.

Il rapporto biennale identifica le nazioni che non rispettano i parametri indicati ma contemporaneamente aiuta chi cerca di migliorare la situazione negativa pregressa: in questo senso sono state date certificazioni positive a Paesi in via di sviluppo come Costa Rica, Guyana e Senegal, che hanno attivato pratiche per eliminare la pesca indiscriminata e le hanno portate avanti negli ultimi due anni.

Sette sono invece i Paesi che partecipano attivamente alla pesca IUU: Angola, Grenada, Messico, Cina, Taiwan, Gambia e Vanuatu. Particolarmente grave la situazione della Repubblica Popolare Cinese, indicata nel rapporto anche per la cattura indiscriminata degli squali (con Vanuatu) e per il lavoro forzato (insieme alla rivale di sempre, Taiwan). Incredibile che nel XXI secolo si debba parlare ancora di una questione così grave di cui è responsabile una superpotenza: sembra di ritornare agli uomini imbarcati a forza sulle navi pirata del Seicento.

Per tutte le nazioni indicate nel rapporto, il principale punto discusso riguarda le catture accessorie, il bycatch, che minaccia le specie protette e quelle in via di estinzione a causa della raccolta indiscriminata di tutto ciò che si trova sotto la superficie. “I pescatori – sottolinea la NOAA Fisheries – a volte catturano e scartano animali che non vogliono, non possono vendere o non sono autorizzati a tenere, creando ciò che conosciamo come catture accessorie. Le catture accessorie possono riguardare pesci ma anche mammiferi marini, tartarughe marine e uccelli marini che rimangono agganciati o impigliati negli attrezzi da pesca. Le catture accessorie sono una questione globale complessa che minaccia la sostenibilità e la resilienza delle nostre comunità di pescatori, delle nostre economie e degli ecosistemi oceanici”.

Cosa rischiano queste sette nazioni? Per ora l’esclusione dai porti statunitensi e possibili restrizioni alle importazioni. Altri Paesi, invece, risultano sotto i riflettori di NOAA Fisheries soprattutto per le catture accessorie di tartarughe marine o per non avere una regolamentazione certa sulla pesca in acque internazionali, che ponga al sicuro le specie protette. Tra le nazioni “avvisate” dal rapporto c’è anche l’Italia.

Il vicepresidente di Oceana per gli Stati Uniti, Beth Lowell, ha plaudito la pubblicazione del rapporto. “Gli Stati Uniti per la prima volta – ha dichiarato Lowell – identificano nel rapporto i Paesi che praticano sia la pesca IUU che il lavoro forzato, tra cui Cina e Taiwan. Il rapporto sottolinea che c’è ancora del lavoro da fare ma siamo incoraggiati dall’azione della NOAA, volta a garantire che i pescherecci rispettino la legge. Tutti i prodotti ittici venduti negli Stati Uniti dovrebbero essere sicuri, catturati legalmente, provenienti da fonti responsabili ed etichettati in modo onesto. L’azione della NOAA contro i Paesi che non rispettano le regole è uno strumento essenziale nella cassetta degli attrezzi del governo degli Stati Uniti per migliorare la pesca in tutto il mondo“.

 

Fonte foto: FAO e NOAA

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