Immersione sul relitto dell’Hans Schmidt in Alto Adriatico
Il relitto dell'Hans Schmidt si trova due miglia marine oltre quello ben più famoso del Baron Gautsch ed è stato scoperto da una ventina d’anni, anche se l’identificazione è ancora più recente
Il relitto dell'Hans Schmidt si trova due miglia marine oltre quello ben più famoso del Baron Gautsch ed è stato scoperto da una ventina d’anni, anche se l’identificazione è ancora più recente
Mi trovo a Rovigno, una splendida località sulla costa dell’Istria di chiara impronta veneziana. E’ meraviglioso perdersi fra i suoi vicoli pieni di vita e di negozi, per poi risalire la collina dell’isolotto, su cui spicca la chiesa intitolata a Sant’Eufemia, ben visibile da lontano, con la sua statua appoggiata alla ruota dei supplizi, che, ad un ignaro osservatore, ricorda un marinaio alle prese con il timone. Gli abitanti stanno cercando di trasformare la città in quella che definiscono la “Cannes dell’Adriatico” e, a giudicare dalla pulizia, dall’accoglienza, dalla bellezza del marina e dal verde perfetto, ci stanno riuscendo. I prezzi, ben lontani da quelli di un alcuni anni fa, non scoraggiano comunque il forte afflusso di turisti.
Il tempo è magnifico e il mare una tavola da surf, perfetto per fare immersioni. Solo dopo la mia partenza, sono arrivate pioggia e onde. D’altronde avevo avvisato i ragazzi del diving, il Rovinj Sub: “Non fatemi tornare a casa, ve ne pentirete!”. Il mare calmo ci permette di uscire con i gommoni, per recarci veloci come il vento a visitare un relitto di cui non conosco che il nome: Hans Schmidt. So che si trova due miglia marine oltre quello ben più famoso del Baron Gautsch, definito il “Titanic dell’Adriatico”, che è stato scoperto da una ventina d’anni, anche se l’identificazione è ancora più recente.
L’immersione
Roberto Cafolla, l’istruttore del centro, trova in un batter d’occhio il punto d’immersione, malgrado si sia completamente in mare aperto. Una volta fermi la preparazione è veloce e ben presto ci tuffiamo sotto la superficie. Come un bambino rimango a bocca aperta, anche se con l’erogatore stretto tra i denti. In queste zone la visibilità è assai variabile, specie d’estate, ma oggi è incredibile e la corrente scarsa. Si riesce a distinguere la sagoma del relitto sin da subito, malgrado si trovi a 41 metri di profondità, ed è davvero enorme, poggiato in assetto di navigazione.
Lo scafo in acciaio risulta praticamente intatto, tranne che vicino alla prua: all’altezza della stiva anteriore è infatti dilaniato, al punto che la prua pare essere quasi staccata dal resto della nave, ad eccezione di alcune lamiere sul fondo che sembrano tenere insieme le due parti. All’esterno dello scafo sono identificabili delle bombe, che facevano parte del carico: gli esperti le ritengono bombe d’aereo di origine italiana da cui rimanere lontani, poiché tuttora potenzialmente pericolose. Stranamente, le stesse non sembrano essere presenti nelle stive della nave, che però sono visitabili solo in minima parte, anche a causa della presenza di numerose reti sul relitto, che rende pericolosa la penetrazione.
In molti punti la sovrastruttura centrale sembra essere stata demolita da subacquei professionisti, forse per ridurre l’altezza del relitto, possibile causa di pericolo per la navigazione. Se i consumi lo consentono, il giro inizia a metà nave, per scendere nel punto dello squarcio di prua. Qui, dove le lamiere hanno formato una grande croce, si penetra all’interno delle stive, per risalire da un boccaporto. Si prosegue poi verso la rotonda poppa, per scendere ad ammirare il timone e l’elica parzialmente nascosti dalla sabbia del fondale, dove è normale vedere qualche astice che si nasconde tra le lamiere. Si risale poi percorrendo tutta la coperta, per raggiungere di nuovo la prua, staccata dal resto del relitto. Ancora una veloce visione d’insieme, quindi l’immersione termina e si riprende la sagola che porta verso la superficie.
Non ho menzionato, però, due aspetti magnifici di questo relitto. Per prima cosa è totalmente ricoperto da spugne (tipica presenza delle acque croate), che qui creano un incredibile caleidoscopio di colori: il blu del mare si alterna al grigio delle lamiere e al rosso di centinaia di spugne, inframmezzate dal giallo della tipica Aplysina aerophoba, dando vita a uno spettacolo che ricorda i mari tropicali. Il secondo aspetto, costante di tutta l’immersione, è invece la presenza di grandi banchi di pesci piccoli, attraverso i quali non puoi smettere di nuotare. E il fascino continuo e innegabile di questa immersione presto si tramuta in magia, che senti scorrere in tutte le cellule e che ti fa sentire come in un cartone della Disney, dove tutto è irreale per i suoi mille colori e per le mille presenze in acqua intorno a te. Un’esperienza che non potrai non ripetere, anche se cosciente che non potrà mai essere come la prima volta.
La storia
Fino a poco tempo fa di questa nave non si sapeva nulla. Era chiamata “Istra“, come una nave affondata nell’Ottocento nell’Adriatico a causa di una collisione con un altro piroscafo. Non poteva essere quella nave, vista la forma e quanto ritrovato su di essa, ma la sua identificazione era difficile. Ci si è riusciti solo recentemente, rivelando il vero nome della nave affondata, la Hans Schmidt, un mercantile costruito in Olanda nel 1920 dai cantieri Nieuwe Waterweg Scheepsbouwmaatschappij di Schiedam e varato con il nome di “Albireo“. Era una nave di 4.427 tonnellate di stazza lorda, lunga 116,7 metri x 15,27 x 8,08, mossa da un motore a tre cilindri a triplice espansione e da una singola elica, con una velocità massima di 10 nodi.
Durante la costruzione fu acquisita dalla NiGoCo di Rotterdam, la compagnia “Van Nievelt, Goudriaan Co. Stoomvaart MiJ. N.V.”, che la utilizzò per il trasporto di merci di vario tipo in tutto il mondo ma soprattutto verso il Sud America, l’Africa Occidentale e le Canarie. Nel giugno 1939, poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la compagnia armatrice decise di venderla alla tedesca Heinrich Schmidt di Amburgo, che le cambiò il nome in Hans Schmidt. Il 24 gennaio 1943 la nave stava trasportando munizioni nell’Adriatico, quando, con tutta probabilità, incappò in una mina d’aereo: l’impatto ricorda quello di un siluro ma non ci sono documenti che riportano un attacco diretto.
Il relitto oggi
Adesso il relitto è sotto la protezione del Ministero della Cultura croato, quindi le immersioni sono possibili solo tramite i diving center autorizzati, che pagano una tassa per portare i subacquei a visitarlo. Ogni ricordo di guerra o della tragedia che ha portato questa nave sotto la superficie del mare è ormai dimenticato. Oggi è solo un’oasi di vita per le innumerevoli creature marine che si trovano tra le sue lamiere: molluschi, crostacei, spugne e pesci di diverse dimensioni. Senza contare che queste acque sono ricche di ctenofori, grandi e trasparenti creature marine in grado di prendere colore lampeggiando come un semaforo, e non è difficile incontrarvi dei delfini, sempre stanziali in queste zone.
Un vero spettacolo che riempirà il cuore di ogni subacqueo rasserenando la sua anima e magari facendogli pure venire voglia di gustare al ritorno qualche specialità croata. Niente pesce ma il classico maialino alla griglia con i cevapcici e le patate saltate: una vera leccornia. Un grazie di cuore al Rovinj Sub per la perfetta conduzione delle immersioni! Se volete leggere altre storie di mare e di relitti, vi rimando a “Storie sommerse – Esplorazioni tra i relitti“, edito da Il Frangente di Verona.
Argomenti: Daily Nautica