L’importanza di proteggere le nursery dei coralli
È necessario proteggere gli ecosistemi marini al di là delle barriere coralline stesse, in particolare nelle aree in cui le larve di corallo hanno maggiori probabilità di sopravvivere e prosperare
È necessario proteggere gli ecosistemi marini al di là delle barriere coralline stesse, in particolare nelle aree in cui le larve di corallo hanno maggiori probabilità di sopravvivere e prosperare
Una nuova ricerca alle isole Hawaii porta a una visione differente dell’ecosistema corallino e degli sforzi che occorrono per mantenere sano questo meraviglioso e imperdibile habitat. Gli studi sono stati completati da scienziati e collaboratori dell’Università di Stanford e dall’Ako’ako’a Reef Restoration Program, finanziato dall’Arizona State University, e i risultati sono stati pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences.
Gli sforzi di conservazione della barriera corallina si concentrano in principal modo sulla preservazione dei coralli consolidati e sulla loro protezione da noti fattori di stress, come l’inquinamento, la pesca eccessiva e il deflusso delle popolazioni costiere. Spesso le barriere vengono inoltre immaginate non come un substrato calcareo che è vita stessa ma come una parete rocciosa nella quale vivono tanti animali differenti: una visione stazionaria e immutabile, che è totalmente diversa dalla realtà.
Questa indagine è stata effettuata a Miloli’i, nella parte occidentale dell’isola di Kauai, e mostra come sia necessario proteggere gli ecosistemi marini al di là delle barriere coralline stesse, in particolare nelle aree in cui le larve di corallo hanno maggiori probabilità di sopravvivere e prosperare. Questo sforzo è fondamentale per le future attività di conservazione e ripristino dei coralli, anche in funzione della pressione a cui sono sottoposte a causa degli effetti devastanti del cambiamento climatico.
In un’intervista, la dottoressa Rachel Carlson, principale autrice dello studio, ha confermato come un lavoro di tipo collaborativo, che riesca a combinare conoscenza locale, indigena e scienza occidentale, sia cruciale per tracciare un futuro che garantisca la sopravvivenza delle popolazioni di corallo.
“C’è molta conoscenza degli indigeni – spiega la dottoressa Carlson – sulla deposizione delle uova dei coralli e sulle popolazioni ittiche nelle Hawaii occidentali. In questo studio abbiamo affrontato una questione aperta: quanto sono connesse le popolazioni di coralli agli insediamenti lungo questa costa? Ciò che essenzialmente abbiamo scoperto è che i fattori principali che aiutano i keiki di corallo, conosciuti come larve, a stabilirsi e a sopravvivere, sono la corrente vicino alla costa e la struttura della barriera corallina“.
Keiki è una parola hawaiana che significa “bambino”, spesso utilizzata per le orchidee appena nate, e che ci fa andare con la fantasia all’Oceano Pacifico e alle sue isole da sogno. Esistono alcuni rari filmati che mostrano il momento preciso di riproduzione dei coralli e la loro “fioritura”, un fenomeno raro e affascinante come pochi. Sicuramente dobbiamo lottare per far sopravvivere alcuni dei luoghi più straordinari al mondo agli effetti negativi del cambiamento climatico e all’invasione umana: come farlo se non interagendo fra scienza e cultura locale?