06 marzo 2024

Le ancore della baia dei pirati nelle Isole Canarie

06 marzo 2024

Durante un’immersione al Veril de las Anclas è possibile ammirare numerose ancore antiche e altri resti nascosti sotto la sabbia, principalmente anfore romane

Durante un’immersione al Veril de las Anclas è possibile ammirare numerose ancore antiche e altri resti nascosti sotto la sabbia, principalmente anfore romane

7 minuti di lettura

Molti di voi saranno stati in vacanza nelle Isole Canarie, un arcipelago di origine vulcanica meraviglioso da visitare in tutte le stagioni dell’anno. Forse nell’affollata Tenerife o nella festaiola Gran Canaria, nella nera Lanzarote o ancora nella ventosa ma bellissima Fuerteventura. In realtà, solo queste quattro isole si possono raggiungere con voli diretti dall’Italia, mentre El Hierro, la Gomera e la Palma sono raggiungibili tramite uno scalo a Madrid.

Le Canarie sono quindi sette? Sì e no. A nord-ovest di Lanzarote c’è un subarcipelago che fa parte delle Canarie, costituito da cinque piccole isole: l’Archipiélago Chinijo (“arcipelago piccolo”). Sono isole in cui l’origine vulcanica è evidente e una sola di esse, La Graciosa, è abitata da circa 600 persone dedite alla pesca e al turismo. Gli altri isolotti sono Montana Clara, Alegranza, Roque de l’Este e Roque de l’Oeste, delle scure rocce vulcaniche dove l’uomo ha giusto messo piede per esplorarle. L’arcipelago include poi una riserva e un parco naturale e dal 1995 è sede del parco marino più grande d’Europa, con un’ampiezza di ben 700 km². Dal 1992 l’arcipelago fa parte della rete delle Riserve della Biosfera istituita dall’UNESCO.

La Graciosa

Per arrivare a La Graciosa occorre andare a nord di Lanzarote e prendere un traghetto (gestito dalle Lineas Romero) che parte dal porto di Orzola. Questo conduce a Caleta del Sebo, il piccolo paese porto di pescatori situato sull’isola. L’ambiente è di una bellezza straordinaria, selvaggia. Siamo nella Comunità Europea ma chiaramente in Africa e si sente, si percepisce in ogni momento, in ogni sguardo rivolto al paesaggio, nei suoi colori e profumi. Sembra di essere ai confini del mondo conosciuto, come erano in effetti considerate queste isole secoli fa. A sud ci sono le Canarie vere e proprie, a est il Marocco meridionale, a nord la via d’acqua che conduce alla penisola iberica e a ovest solo l’immensità dell’Oceano Atlantico.

Sull’isola non ci sono strade asfaltate, solo sentieri di sabbia, anche in mezzo alle piccole case bianche. Il fuoristrada che si vede passare è quello di una guardia del parco e le barche sono quelle di pescatori che sicuramente conoscono i segreti dell’andare per mare. Le isole sono uno spettacolo incredibile, dantesco: coni vulcanici spaccati, deserto di sabbia, infinite spiagge, colline o fiumi di lava a fare da contrasto cromatico con il mare blu notte e il cielo azzurro come gli occhi di un bambino.

L’immersione

Io ci andai diversi anni fa, quando c’era un unico punto di ristoro, la filiale delle Lineas Romero e un nuovissimo Centro de Buceo, un diving center. Oggi ci sono diversi ristoranti, alcuni piccoli negozi e i pescatori affittano le case ai villeggianti per un’esperienza fuori dal mondo e da ogni circuito turistico.

Quando andai sull’arcipelago il diving era gestito dal bravissimo subacqueo canaro José Martin, coadiuvato da diversi istruttori, tra i quali il mio preferito era un ex militare secco e muscoloso che affettuosamente chiamavo “il duro” o “il bastardo” a seconda delle giornate. E aveva anche ragione ad essere così coriaceo: qui con l’oceano non si scherza. Quando sei in acqua e la corrente si fa sentire, rischi di ritrovarti in Marocco o cibo per gli squali, martello (innocui) e mako (un po’ meno), che sembrano passare saltuariamente da queste parti.

Il gommone era di quelli d’altura, fatti per l’oceano, con una chiglia profonda, mentre i subacquei, rivolti verso prua, erano seduti e allacciati con una cintura di sicurezza. Una volta ancorati, “il duro” buttava un peso in acqua e ne osservava la velocità di spostamento per valutare la corrente. In un’occasione si girò verso di me e fece una faccia perplessa. Poi scosse il capo, alzò le spalle e disse fra sé: “Hoy immersion para hombres”. “Cioè?” gli chiesi, mettendoci la più classica gestualità italiana. “Buceo con cojones”, rispose. “Andiamo bene”, pensai. Trovammo una corrente paurosa, soprattutto vicino alla superficie, ma anche un quantitativo di pesci mai visto.

Al ritorno dall’immersione fatta in drift, la parte difficile fu afferrare la scaletta e togliersi le pinne senza finire in Africa. Ci riuscimmo (quasi) tutti: d’altronde i subacquei spagnoli che venivano a immergersi con il diving de La Graciosa erano tutti bravi, ben coscienti di quello che avrebbero trovato in acqua. Io lo ero un po’ meno, abituato al lago e al calmo Mediterraneo. Le immersioni non sono infatti mai semplici: fatte nei canali tra le diverse isole, consentono di ammirare un ambiente sottomarino di prim’ordine, con un grande quantitativo e varietà di pesci, ma il mare è spesso agitato, con una corrente sempre presente e variabile di intensità. Ecco perché bisogna avere un minimo di esperienza e una buona forma fisica.

El Rio

Una delle immersioni che si possono fare da La Graciosa è quella, affascinante, del Veril de las Anclas. Il canale tra quest’isola e Lanzarote è chiamato El Rio (“il fiume”). Qui, su un fondale di sabbia, poggia una secca di roccia vulcanica posta in senso trasversale e lunga più di un chilometro, chiamata El Veril de las Abujas. In questo punto si ancorò la nave del moderno scopritore delle Isole Canarie, l’esploratore normanno Juan de Bethencourt, sotto il vessillo di Enrico III di Castiglia, nel giugno del 1402. In realtà, sembra che la zona fosse già stata esplorata da navi cartaginesi, greche e romane, visti i ritrovamenti di anfore fatti in loco negli ultimi anni.

Di sicuro, tra il ‘500 e il ‘700, El Rio divenne un posto strategico per gli ancoraggi, perché relativamente sicuro dalle tempeste che potevano colpire l’arcipelago. Era però un luogo frequentato spesso anche dai pirati. Immaginate quindi un veliero fermo qui per fare acqua o proteggersi da una tempesta. Improvvisamente, all’inizio del canale, spunta una nave pirata, avvistata dagli uomini in coffa che gridano l’allarme. L’unico modo per salvarsi è una fuga precipitosa, tagliando gli ormeggi e issando in tutta fretta le vele: ecco spiegata la presenza delle numerose ancore di quel periodo.

L’immersione al Veril de las Anclas si trova verso la metà del banco di roccia ed è piena di ancore antiche e di altri resti nascosti sotto la sabbia, principalmente anfore romane. Tre ancore spuntano dal fondo come se fossero state messe apposta lì per i turisti, belle e molto fotogeniche, una delle quali facilmente identificabile come del ‘600-‘700. È poi un vero spettacolo percorrere la roccia vulcanica, che crea anse, piccole grotte, anfratti sempre pieni di pesci, in parte di origine mediterranea, in parte tropicale: aquile di mare, saraghi, mustelle, razze, carangidi, hogfish, cernie, nudibranchi, cavallucci di mare, granchi freccia, pesci balestra, tarpoon, ricci bicolore, cerianti, roncadores. Nella zona è inoltre frequente la presenza di squali angelo, torpedini e razze grosse come automobili, in barba a chi mi aveva detto che alle Canarie non ci sono belle immersioni da fare e sono pochi i pesci da vedere.

I relitti

Sulla vicina isola di Lanzarote ci sono poi alcuni relitti da visitare, a Puerto del Carmen dalla riva e a Punta Tinosa partendo dalla barca. Si tratta però di piccole imbarcazioni da pesca o da trasporto affondate appositamente per ripopolamento o per turismo: “scuttled”, come dicono gli americani. Non risultano particolarmente affascinanti, se non per la vita marina presente. A Punta Tinosa, presso i resti di una barca affondata, mi capitò di incontrare quattro magnifici tonni pinna gialla che nuotavano sereni sopra di essa, per poi scomparire nel blu in una frazione di secondo grazie alla loro possente muscolatura: uno spettacolo indimenticabile.

A Puerto del Carmen, invece, viveva una cernia delle dimensioni di una scrivania. Si chiamava Dave e veniva attirata apposta dalle guide dei diving, che di nascosto le portavano del pane infilandolo nel GAV. Non aveva così alcun timore dei subacquei ed era quasi invadente quando andava a cercare il cibo nei loro giubbetti. Chissà se si sta ancora mettendo in mostra oppure è nel paradiso delle cernie, a sognare il profumato laboratorio di un panettiere delle Canarie.

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1 commento

  1. Stefano says:

    Non è assolutamente vero che El Hierro e La Gomera siano raggiungibili da Madrid. Sono raggiungibili via aerea e via nave sia da Gran Canaria che da Tenerife. La Palma invece è raggiungibile come sopra ma pure da Madrid avendo un aeroporto internazionale.