Un giorno da kiter sulla costa del Kenya, il nostro reportage da Watamu
Il racconto di una normale giornata di lavoro per uno degli istruttori del Watamu Kiteboarding, scuola di kitesurf che si trova all’interno del Garoda Resort, lungo la costa orientale del Kenya: la natura rigogliosa, gli animali, i colori dell’oceano e i ritmi lenti tipici dell’Africa.
Il racconto di una normale giornata di lavoro per uno degli istruttori del Watamu Kiteboarding, scuola di kitesurf che si trova all’interno del Garoda Resort, lungo la costa orientale del Kenya: la natura rigogliosa, gli animali, i colori dell’oceano e i ritmi lenti tipici dell’Africa.
Il nostro collaboratore David Ingiosi, apassionato e istruttore di kite surf i trova in Kenya, presso il villaggio di Watamu. Il racconto che segue è quello di una giornata sulle spiagge africane, tra suoni, suggestioni, sapori e splendide foto dall’Africa.
All’alba i mille suoni emessi dagli uccelli appollaiati in mezzo agli alberi ti arrivano soffusi dentro la camera prima ancora di aprire gli occhi e ti avvisano che un altro giorno africano sta per cominciare qui a Watamu.
Ti alzi dal letto e i 24 gradi del condizionatore sempre acceso non sembrano più così tanti come la sera prima. È quasi Natale e in questo periodo il tasso di umidità lungo la costa orientale del Kenya può raggiungere il 70 per cento. Durante la notte spesse coltri di nubi grigie si addensano nel cielo e a volte scaricano una pioggia pesante e calda che dura pochi minuti. Già nelle prime ore del mattino tuttavia le nuvole iniziano a dissolversi lasciando spazio all’azzurro nitido e ai raggi del sole equatoriale che ti trafiggono spietate le lenti dei Rayban.
La scuola di kitesurf che gestisco si chiama Watamu Kiteboarding e si trova all’interno del Garoda Resort, una suggestiva struttura in stile africano affacciata sulla spiaggia del Parco Marino di Watamu. Per arrivarci dalla camera mi basta percorrere uno dei tanti vialetti circondati da alberi di frangipane dai caratteristici fiori bianchi che emanano un intenso profumo di vaniglia fresca. È uno dei momenti più belli della giornata.

Dopo una colazione energica a base di frutta fresca, mango, papaia, ananas e banane, accompagnata da un paio di uova fritte con il bacon e un caffè all’americana sono pronto alla giornata di lavoro che mi aspetta.
Alla scuola c’è già Madaraka, un ragazzo di 25 anni di Malindi che mi aiuta a mettere in ordine le attrezzature, dare assistenza in spiaggia e soprattutto a tenere a bada le scimmie che se ne stanno tutto il giorno sui rami frondosi vicino alle docce e che approfittano di ogni momento utile per entrare velocissime rovistando dappertutto, comprese le tasche dei miei pantaloni appesi.
Qui all’interno del parco marino la vita in spiaggia è influenzata dalla marea che ogni 5-6 ore comporta un escursione di 4,5 metri. In genere la mattina la marea è bassa e dall’acqua cristallina emerge una lingua di sabbia bianchissima larga una cinquantina di metri che permette di inoltrarsi nell’oceano Indiano alla scoperta di coralli, mante e stelle marine dai colori brillanti che vanno dal viola purpureo al rosso acceso. Chi parte presto può arrivare a esplorare un grande scoglio a forma di tartaruga coperto di vegetazione e che dista circa un miglio dalla costa.
Io a quell’ora preferisco prendere il sup e pagaiare facendo lo slalom tra i coralli e cercando di avvistare qualche tartaruga oppure piccoli squali più al largo. L’acqua dell’oceano segna circa 30 gradi e secondo la luce può cambiare in ogni momento regalando incredibili sfumature dal turchese al blu cobalto. Vista dal largo la costa di Watamu appare in tutta la sua bellezza: lingue di sabbia finissima circondate da palme che si alternano a rocce frastagliate e scure. In mezzo agli alberi ogni tanto si intravede il bianco sgargiante delle splendide ville di qualche famiglia per lo più italiana o inglese che ogni anno trascorre lunghi periodi in questo angolo di paradiso.

Quando navigo lungo la costa in genere faccio dei lunghi bordi in solitario per farmi abbracciare dall’oceano Indiano, caderci dentro e a volte fantastico di raggiungere l’arcipelago di Zanzibar che è qui di fronte, oppure il Madagascar, o ancora le Mauritius. Sono suggestioni naturalmente, ma il fatto di navigare in queste acque che sono state in passato lo sfondo di esplorazioni coloniali epiche e traffici marittimi con l’Oriente, ispira il marinaio che è in me. Quando invece voglio divertirmi e provare salti e manovre rimango sotto costa nell’acqua turchese che risalta i colori e la forma del mio kite.
I clienti della scuola di kitesurf in genere sono gli ospiti del Garoda o degli altri villaggi della zona. Per lo più italiani in vacanza, ma anche gente che si è trasferita qui in Kenya e gestisce alberghi oppure ristoranti, gelaterie o ancora agenzie di safari. Non mancano anche ragazzini kenyani, adottati da famiglie agiate che dopo le vacanze li mandano a studiare nei college inglesi di Mombasa.
Lo spot di Watamu è perfetto per imparare: vento costante, acqua piatta, pochi ostacoli se non qualche roccia sparsa qua e là e sempre visibile grazie all’acqua trasparente. Per i rider più esperti c’è la possibilità di raggiungere il reef e surfare tra le onde fino a 2-3 metri di altezza, oppure avventurarsi in downwind esplorativi lungo costa superando larghi tratti di faraglioni giganti e aguzzi fino al Creek, un tratto di oceano che si inoltra per circa 4 miglia nell’entroterra e semra un grande fiume.

Finite le lezioni in genere sono circa le 17, la luce accecante del giorno finalmente si allunga, si addolcisce e il turchino del cielo comincia stemperarsi prima nel rosa, poi nell’arancio e infine nel rosso fiammeggiante del tramonto che qui sulla costa prevalentemente pianeggiante spazia per chilometri e ti apre letteralmente il cuore.
Dopo il rito del thè, antico retaggio della colonizzazione inglese, saluto Madaraka che chiude la scuola e riprende il pullman per Malindi e vado a nuotare in piscina oppure m’incammino per un’ultima passeggiata nel silenzio della spiaggia. A volte al crepuscolo rimango a giocare a pallone con i beach boys oppure li sfido ad arrampicarmi sulle rocce. Perdo sempre.
Quello che invece non perdo è l’euforia di essere in Africa, qui a Watamu, paradiso del kitesurf affacciato sull’oceano Indiano, dove la vita scorre lenta e il cuore batte come un tamburo.
David Ingiosi
Foto di David Ingiosi per Liguria Nautica, riproducibili previa citazione della fonte con link attivo
Argomenti: surf
