Il fertilizzante naturale degli oceani
Polvere vulcanica e sahariana: il fertilizzante naturale del mare
Polvere vulcanica e sahariana: il fertilizzante naturale del mare
Alcuni ricercatori dell’Università di Miami sono tornati da una spedizione nell’Atlantico dove hanno studiato l’impatto della polvere sahariana nebulizzata e della cenere vulcanica sull’ecosistema oceanico partendo dalla più piccola forma di vita del mare, le microscopiche alghe marine, che costituiscono la base della rete alimentare marina. Il team ha scoperto che queste due componenti si combinano per fornire i nutrienti e gli ingredienti di base che consentono alla vita negli oceani di prosperare.
“Sia la polvere del deserto che la cenere vulcanica – afferma Hope Elliott, studentessa di dottorato in Scienze oceaniche presso la Rosenstiel School of Marine, Atmospheric and Earth Science e promotrice della ricerca – contengono fosforo, un elemento chiave presente negli oceani del mondo che agisce essenzialmente come fertilizzante per il mare. In quantità sufficienti, il fosforo stimola la produzione di fitoplancton, piante microscopiche che riducono le concentrazioni di anidride carbonica atmosferica eseguendo la fotosintesi e che costituiscono la base della catena alimentare marina”.
In alcune regioni oceaniche, però, il fosforo esiste in basse concentrazioni, sollevando preoccupazioni sulla salute dell’ecosistema marino in quelle acque. Nelle acque superficiali del Nord Atlantico, ad esempio, i livelli di fosforo sono così bassi che si avvicinano a quantità che sono state documentate nel Mar Mediterraneo orientale, un’area assai carente di questo elemento chimico.
“Sappiamo da tempo – prosegue Elliott – che la polvere proveniente dalle regioni desertiche può aumentare i livelli di fosforo nell’oceano ma si sa poco su che ruolo possa avere il fosforo proveniente dalla cenere vulcanica nell’aumento della crescita del fitoplancton”. Per rispondere a questo quesito è stata dapprima analizzata la comunità microbica marina presso il molo della Rosenstiel School in Florida ma, in seguito, è risultato ovvio che occorrevano altre prove in mare aperto, in condizioni ambientali reali.
È nata così la spedizione nell’Atlantico, nella quale sono stati utilizzati campioni provenienti da Godzilla, una gigantesca tempesta di sabbia del Sahara che ha attraversato l’oceano nel giugno 2020 giungendo fino agli Stati Uniti, e quelli della polvere causata dall’eruzione del vulcano La Soufrière nel 2021. Questi sono stati mescolati ad acqua di mare, poi analizzata tramite uno spettrofotometro per misurare la quantità di fosforo rilasciata, che potrebbe essere utilizzata come fertilizzante dal fitoplancton. “Abbiamo scoperto – spiega Elliott – che entrambi hanno aumentato le concentrazioni di fosforo nell’acqua e, monitorando il movimento del fosforo, abbiamo scoperto che il fitoplancton lo utilizza e lo digerisce”.
A gennaio, nel corso di cinque giorni trascorsi a bordo della R/V Neil Armstrong del Woods Hole Oceanographic Institution, Elliott e altri cinque ricercatori hanno raccolto una moltitudine di campioni dalle acque circostanti le Bermuda, esponendoli alla polvere sahariana e alla cenere vulcanica raccolte dai filtri del rinomato Barbados Atmospheric Chemistry Observatory della Rosenstiel School.
Kim Popendorf, il professore di scienze oceaniche che ha guidato la ricerca degli studenti, ha condotto contemporaneamente uno studio sulla varianza della crescita microbica e ha affermato che “è stato in gran parte uno sforzo collaborativo. Durante l’esperimento abbiamo analizzato l’acqua fino alla profondità di 500 metri, misurando i tassi di turnover energetico metabolico microbico insieme a una serie di misure chimiche e di comunità microbiche”.
“A causa del cambiamento climatico – conclude Elliott – si prevede che l’emissione di polveri naturali nebulizzate, ovvero tutto ciò che non è inquinamento antropogenico, aumenterà. Ciò include le emissioni di polvere minerale e il fumo degli incendi boschivi, che possono depositarsi nelle regioni oceaniche o nei laghi. Ci aspettiamo di vedere più eventi estremi e più polvere in generale che finisce nell’oceano, il che avrà un impatto sulle concentrazioni di nutrienti e sul fitoplancton. Quindi, per il futuro, spero di esaminare in che modo la deposizione atmosferica influisca sulle fioriture algali dannose”.
Fonte foto: University of Miami
Molto interessante. Daily Nautica parla di mare a tutto tondo, non solo per scrivere di velocità, lunghezza, larghezza barche, visto che le barche navigano sul mare, sapere di più di tutto quello che vi ruota intorno, fa solo bene