02 novembre 2018

Tra le Filippine e la Nuova Guinea l’oasi di coralli che resiste al riscaldamento climatico

02 novembre 2018

In questo tratto di Oceano Pacifico i coralli riescono a resistere al fenomeno dello sbiancamento

Tra le Filippine e la Nuova Guinea l’oasi di coralli che resiste al riscaldamento climatico

In questo tratto di Oceano Pacifico i coralli riescono a resistere al fenomeno dello sbiancamento

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È stato definito il Triangolo del Corallo ed è una delle oasi di natura marina meglio preservate al mondo: si trova tra Indonesia, Malesia, Papua Nuova Guinea, Filippine, Isole Salomone e Timor Est.

Si tratta di una zona di oceano di oltre 5 milioni di chilometri quadrati, in cui non si è verificato il processo noto come “sbiancamento” delle barriere coralline, dovuto principalmente a riscaldamento globale e all’inquinamento. In questa oasi si preserva intatta, anzi in aumento, la popolazione di alghe che protegge dall’esposizione ai raggi del sole il fragile ecosistema dove nascono i coralli.

Lo stato di salute di questo tratto di oceano è quindi in controtendenza, visti gli effetti disastrosi del riscaldamento globale sulle popolazioni di alghe dei coralli in altri mari e nello stesso Pacifico. Da qualche anno gli scienziati dell’Università del Queensland, in Australia, stanno accuratamente analizzando il reef, con tecnologie sofisticate di realtà virtuale e telecamere montate su scooter subacquei con visuale a 360 gradi per fotografare fino a 2 chilometri e mezzo di barriera corallina alla volta.

Sono state già scattate oltre 50 mila immagini e, attraverso programmi di intelligenza artificiale, sono state confrontate con le stesse foto del 2014. I risultati sono incoraggianti ed evidenziano come l’ambiente del “Triangolo” riesca a preservarsi dal deterioramento che colpisce le altre barriere. L’importanza di questo ecosistema è evidente, dato che quasi un quarto della multiforme vita oceanica si svolge attorno alla barriera corallina, con oltre 500 milioni di persone che dipendono dal benessere dei reef per la loro sopravvivenza.

 

Elisa Teja

Fonte articolo: Journal of applied ecology

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