26 febbraio 2019

Ritrovato il relitto della portaerei Hornet: il “Calabrone” che punse i giapponesi

26 febbraio 2019

Affondata nell'epica battaglia aerea delle isole di Santa Cruz del 26 ottobre 1942, è stata ritrovata ad una profondità di circa 5330 metri

Ritrovato il relitto della portaerei Hornet: il “Calabrone” che punse i giapponesi

Affondata nell'epica battaglia aerea delle isole di Santa Cruz del 26 ottobre 1942, è stata ritrovata ad una profondità di circa 5330 metri

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Una notizia affascinante, che interesserà tutti gli appassionati di storia militare e navale, è rimbalzata dagli Stati Uniti sulle cronache di tutto il mondo. Dopo intense ricerche, il team di ricercatori imbarcati sulla Petrel, nave da ricerca di proprietà della Navigea Ltd fondata da Paul Allen (co-fondatore di Microsoft insieme a Bill Gates), ha identificato il relitto della portaerei americana Hornet, inabissatasi durante il secondo conflitto mondiale.

Affondata nell’epica battaglia aerea delle isole di Santa Cruz del 26 ottobre 1942, è stata ritrovata nelle acque dell’arcipelago delle isole Salomone ad una profondità di circa 5330 metri. Le ricerche, effettuate esclusivamente per scopi storici e non a fini di lucro, sono partite dall’analisi dei diari di bordo di altre 9 navi americane presenti nell’area durante lo scontro e sono quindi culminate con l’immersione di un ROV (guidato dalla superficie) che, al primo tentativo, ha trovato il relitto della famosa portaerei statunitense.

La spedizione è così riuscita a fotografare e filmare parti del relitto, tra cui alcuni cannoni ancora puntati verso il cielo ed un trattore da rimorchio per aerei posizionato sul ponte. Intervistato dalla CBS, il 95enne Richard Nowatzki ha ricordato quei tragici momenti, quando era un marinaio di diciotto anni imbarcato sulla nave. “Quando se ne andarono -racconta riferendosi ai piloti giapponesi- eravamo morti nell’acqua. Hanno usato bombe perforanti che quando scendevano si sentivano attraversare i ponti uno dopo l’altro, per poi esplodere scuotendo l’intera nave”.

La portaerei Hornet CV8 (“Calabrone“) era la settima nave della Marina americana a portare questo nome. Varata nel dicembre 1940 ed entrata in servizio il 20 ottobre 1941, era un’enorme imbarcazione di 20.191 tonnellate distribuite su 251 metri di lunghezza. Questo gigante del mare veniva messo in movimento da 8 caldaie in grado di ruotare 4 eliche con una spinta di 120.000 cavalli che potevano far raggiungere alla portaerei una velocità massima di 32,5 nodi (61 km/h!), con un’autonomia di 23.000 km.

Costruita in maniera estremamente solida, come le gemelle Yorktown ed Enterprise, aveva un’ottima corazzatura e sistemi di difesa antiaerea. Il suo equipaggio era di 2200 marinai, oltre al personale di volo, ed era stata progettata per trasportare 79 aerei di tipo misto, tra caccia, aerosiluranti e bombardieri in picchiata. Divenne celebre perché protagonista principale dell’Operazione Doolittle dell’aprile 1942, durante la quale imbarcò 16 bombardieri B25 che andarono a colpire Tokio da 1200 km di distanza. Un’azione dimostrativa che ebbe un notevole impatto psicologico sia in patria che sull’avversario: il segnale che il Giappone non era invincibile e poteva essere battuto.

Nel giugno 1942 partecipò invece alla famosa battaglia delle Midway, che fermò l’avanzata nipponica verso le Hawaii e inflisse un colpo devastante alla marina imperiale giapponese, dal quale quest’ultima non riuscì più a riprendersi. Prese parte quindi attivamente alla campagna delle isole Salomone, finché il 26 ottobre 1942 presso le isole di Santa Cruz non venne attaccata da aerosiluranti e bombardieri in picchiata che la danneggiarono così gravemente da dover essere abbandonata dall’equipaggio: il capitano e gli altri sopravvissuti dovettero essere recuperati in mare.

Per non lasciarla cadere in mani nemiche, gli stessi statunitensi tentarono di affondarla con 9 siluri e 400 cannonate da 127 mm ma senza successo: la nave non voleva decisamente morire. Riuscirono nell’intento i giapponesi che, con 4 siluri da 610 mm, colpirono lo scafo in fiamme e ne decretarono la fine.

Paolo Ponga

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