Confindustria Nautica al governo: “Riaprire il charter, la barca è molto più sicura di ristoranti e spiagge”
Roberto Neglia, responsabile dei Rapporti istituzionali di Confindustria Nautica, fa il punto sulle trattative con il governo per la riapertura di charter e della navigazione da diporto. “Meglio aspettare qualche giorno in più ma avere norme ben fatte”
Roberto Neglia, responsabile dei Rapporti istituzionali di Confindustria Nautica, fa il punto sulle trattative con il governo per la riapertura di charter e della navigazione da diporto. “Meglio aspettare qualche giorno in più ma avere norme ben fatte”
Ormai da qualche giorno sappiamo benissimo da quando e come potremmo tornare al ristorante e quali sono gli accorgimenti da adottare per prendere la tintarella in spiaggia. Ma ancora non sappiamo come e quando potremo noleggiare una barca con la nostra famiglia o con i nostri amici per navigare in libertà.
Eppure la barca è un luogo ancora più sicuro di ristoranti e spiagge, soprattutto in virtù delle tre “parole chiave” con cui l’Inail stabilisce gli impatti di rischio di contagio per ciascuna attività: esposizione, prossimità e aggregazione. Ed è proprio con questa consapevolezza che Confindustria Nautica sta lavorando presso il governo per la “volata finale” della riapertura della nautica, che porterà alla ripresa del charter e della navigazione da diporto.
Roberto Neglia è il responsabile dei rapporti istituzionali di Confindustria Nautica, l’uomo chiave che interfaccia l’associazione nazionale di categoria con le massime istituzioni. In videoconferenza con la stampa di settore, ha spiegato il suo lavoro e la filosofia che sta alla base del “basso profilo” tenuto da Confindustria Nautica, che ha dato i suoi frutti.
“A differenza della Francia – ha ricordato Neglia – in Italia la navigazione non è mai stata interdetta. Si può navigare solo per necessità ed è comunque vietato uscire di casa senza un valido motivo. Il 18 maggio scadono le limitazioni del Dpcm del 26 aprile e probabilmente uscirà una norma quadro, con lo Stato che detterà le norme minime e le Regioni potranno solo inasprirle“.
SI SONO DIMENTICATI DEL CHARTER?
“L’Inail ha fatto un protocollo per le spiagge e per i ristoranti – ha affermato Neglia – che per molti di loro vorrà dire non poter lavorare, perché sono impraticabili. Per il charter vogliamo evitare soluzioni di questo tipo, perché significherebbero una finta riapertura. Se non ho le condizioni minime per lavorare, riaprendo avrei solo i costi”.
Come mai ancora non c’è la normativa sul charter? “Perché a quelli che sono riusciti ad avere per primi la norma, come appunto ristoranti e balneari – ha spiegato il dirigente di Confindustria Nautica – non gli è andata benissimo. Piuttosto che arrivare primo, preferisco aspettare ma avere una norma che dia più soddisfazione“.
Confindustria Nautica, intanto, ha incontrato 180 operatori di charter per spiegargli il “modus operandi” con cui ha dimostrato i bassi rischi della nautica in base ai criteri Inail. “Il problema – ha sottolineato Neglia – è che al governo sono arrivate istanze che non tenevano conto di questi criteri,a cui aggiungerei anche il monitoraggio. Ovvero, se una persona si ammala, io posso risalire a chi ha frequentato per circoscrivere il contagio. Noi abbiamo presentato all’Inail un protocollo che dimostra che la prossimità è bassa, il livello di aggregazione è basso e che, essendo un’attività imprenditoriale, c’è una struttura che la gestisce o un comandante, che permette il monitoraggio dei clienti“.
GLI ERRORI “CONTROPRODUCENTI”
“Di buon senso ma controproducente – ha aggiunto Neglia – è anche richiedere”, come hanno fatto alcuni operatori sardi, “l’arrivo indiscriminato in Sardegna di italiani e stranieri, mentre invece il governo vuole distinguere i flussi degli italiani da quelli esteri, dire che l’evidenza deve essere solo documentale, quando il governo vuole un monitoraggio più evidente o parlare di protocolli autonomi, quando Inail vuole un protocollo preciso e unico per tutti“.
IL MONITORAGGIO
Confindustria Nautica non vuole ridurre il numero di persone a bordo, ma garantire la sicurezza delle persone a bordo. Ad esempio garantendo test per chiunque si imbarchi, richiedendo la certificazione di non aver avuto febbre e sintomi per tre settimane, presentando un’autodichiarazione in cui specifica da dove si arriva, come si è arrivati al porto di imbarco, dove si andrà dopo la vacanza e come ci si sposterà. Così, se dopo qualche giorno qualcuno dell’equipaggio avrà dei sintomi, si potranno tracciare tutti i suoi movimenti.
Allo studio anche il “self check-in” con il telefonino, con cui mostrare gli interni della barca. Poi c’è il tema dell’igienizzazione (quella con l’ozono) e la sanificazione. Nel protocollo con cui Confindustria Nautica è riuscita a far riaprire la cantieristica ancora prima dell’industria manifatturiera, ha specificato anche quali erano le parti da igienizzare e come.
Al comandante verrà invece chiesto di tenere nota degli accosti, registrando i porti in cui l’equipaggio sbarcherà e dove andrà. “Molto più di una spiaggia o di un ristorante, dove non c’è il capo ombrellone o il capo tavola, in barca – ha fatto notare Neglia – ho dei soggetti che per legge sono deputati alla responsabilità sull’equipaggio. Questa persona può prendere delle annotazioni e renderle immediatamente disponibili in caso di problemi sanitari successivi“.
I FATTORI “ESTERNI”
“Dei tanti segmenti del turismo – ha sottolineato il dirigente di Confindustria Nautica – il charter è in assoluto quello con esposizione inferiore, maggior monitoraggio ed esposizione limitata. Un ristorante o una spiaggia sono in assoluto molto più rischiosi che noleggiare una barca. Se si pensa a riaprire i ristoranti e le spiagge, non ci si può e non ci si deve dimenticare dei charter. Sarei davvero soddisfatto – ha ammesso Neglia – se potessi annunciare che dal 1° giugno possono ricominciare le attività, in modo da avere due settimane per prepararsi“.
Ci sono però dei fattori che non dipendono dall’Italia e dalla nautica. “Anche se domani l’Italia riaprisse i charter – ha commentato Neglia – ma tutti i Paesi che ci circondano non riaprono le frontiere, il charter lo fanno solo gli italiani. Il noleggio di piccole dimensioni è di clientela locale o mista ma quello di grandi unità è tutto di clientela estera. Un’attività che stiamo facendo, anche a livello di associazione europea, è trattare con il Commissario europeo al turismo per accertarsi che non ci siano disparità di trattamento. Il protocollo prevede anche come rendere sicuro l’arrivo di un turista dall’estero o di una barca con bandiera estera“.
Tuttavia iniziative come il “passaporto sanitario”, di cui parla il presidente della Regione Sardegna, “spaventano solo il mercato – ha dichiarato Neglia – senza dare un riferimento. Può essere una barriera doganale, come pure una pratica facilmente eseguibile. Ma finché non viene specificato, rimane soltanto il timore. Non capisco questo atteggiamento per una regione dove solo il turismo nautico ha il 2,5% del Pil regionale. Pensare di auto chiudersi col passaporto sanitario è un gravissimo autogol perché alimentiamo l’idea di chi parla di accordi per i corridoi, tenendo fuori Italia e Spagna“.
FATTURATO DIMEZZATO
La priorità indicata da Confidustria Nautica al capo di gabinetto della Presidenza del Consiglio è avere una data certa per la riapertura del charter, perché la richiesta di mercato c’è. Molti operatori ricevono, infatti, telefonate e richieste di preventivi ma non sanno dire ancora da quando sarà possibile noleggiare le barche.
Al momento le società di charter italiane hanno registrato un calo di fatturato di oltre il 50% e per l’inizio della stagione, il rischio maggiore è quello della concorrenza che arriva da Croazia e Grecia. Molto meno temibile la Spagna, le cui condizioni sanitarie sono peggiori di quelle italiane.
Giuseppe Orrù
Argomenti: Charter, Daily Nautica, shipping