19 agosto 2020

Immersioni nell’atollo di Bikini

19 agosto 2020

Questo paradiso terrestre è stato teatro di una serie di esperimenti nucleari che hanno devastato e inquinato per decenni le acque e le terre emerse

Immersioni nell’atollo di Bikini

Questo paradiso terrestre è stato teatro di una serie di esperimenti nucleari che hanno devastato e inquinato per decenni le acque e le terre emerse

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L’atollo di Bikini si trova nel Pacifico settentrionale, nell’arcipelago delle Isole Marshall. Vero esempio di paradiso terrestre, con una vasta laguna circondata da isole meravigliose, è stato teatro di una serie di esperimenti nucleari statunitensi che hanno devastato e inquinato per decenni le acque e le terre emerse.

Dalla fama di questi esperimenti derivò il nome del costume da bagno femminile, diventato di moda in quegli anni. Fu inventato a Parigi nel 1946 dal sarto francese Louis Réard, che gli diede questo nome convinto che avrebbe avuto un esito esplosivo e dirompente. Il termine Bikini viene in ogni caso dalla lingua locale delle Marshall, con “Pik” che significa terra, superficie e “Ni” noci di cocco, quindi “terra delle noci di cocco“.

Nel 1946 la Marina americana era preoccupata degli effetti di una bomba atomica su una flotta di navi moderne: stava iniziando la Guerra Fredda e gli Stati Uniti temevano che presto l’Unione Sovietica avrebbe concluso gli esperimenti necessari a costruire una bomba nucleare. Decisero così di dare il via all’Operazione Crossroads, ovvero il lancio di una bomba da 23 kilotoni su 70 navi, tra cui la famosa Saratoga, portaerei americana protagonista della guerra nel Pacifico e la corazzata giapponese Nagato, fiore all’occhiello della Marina nipponica.

L’esperimento non diede i risultati sperati e fu seguito dall’Operazione Baker, un’esplosione subacquea che devastò e rese radioattiva un’area marina immensa, e da altri esperimenti, fra cui quelli dell’Operazione Castle, la bomba all’idrogeno. I test proseguirono per 12 anni, per un totale di 67 esplosioni nucleari. La popolazione locale fu allontanata con la promessa di poter far ritorno entro sei mesi dalla prima esplosione ma dopo 70 anni i 5 mila discendenti vivono ancora sparsi per il mondo e la causa intentata contro il governo degli Stati Uniti non è andata a buon fine, tranne che per l’ottenimento di un piccolo sussidio e delle spese mediche gratuite.

Attualmente le isole sono ancora disabitate, eccetto per la presenza di personale militare e di alcuni scienziati che tengono monitorata la situazione della radioattività. Ricercatori della Columbia University di New York hanno da poco dimostrato come i livelli di cesio 137 siano ancora pericolosamente alti e proibiscano di risiedere sulle isole e di mangiarne i prodotti, in particolare le noci di cocco, in cui la radioattività sembra accumularsi. Acqua, piante e specie marine, quindi, sono ancora contaminate dopo tutti questi anni.

Delle 70 navi bombardate durante l’Operazione Crossroads, 13 giacciono sul fondo del mare ad una profondità raggiungibile dai subacquei: ad esempio, la Saratoga in assetto di navigazione tra i 18 e i 50 metri, la Nagato capovolta a 55 metri. In condizioni normali farebbero venire l’acquolina in bocca ad ogni appassionato di relitti. Molti subacquei, infatti, organizzano i propri viaggi e le vacanze in funzione di essi, figuriamoci per vedere delle navi così grandi e famose. Alcuni avventurosi e molto costosi tour operator organizzano una crociera subacquea con meta proprio l’atollo di Bikini, per delle immersioni da brivido in quello che nel 2010 è stato riconosciuto Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, per non dimenticare mai.

Sicure al 100%? Non ci giurerei. Per il momento, però, accontentiamoci dello splendido filmato girato dall’OceanX con l’ausilio di un sommergibile da ricerca.

Paolo Ponga

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