Carne di squalo: chi non l’ha mai assaggiata alzi la mano!
Secondo un’approfondita indagine condotta dal WWF, l’Italia è il più grande importatore mondiale di carne di squalo
Secondo un’approfondita indagine condotta dal WWF, l’Italia è il più grande importatore mondiale di carne di squalo
Chi non ha mai assaggiato carne di squalo alzi la mano. Ma attenti, perché se lo doveste fare potreste sbagliarvi di grosso… In Italia viene, infatti, commercializzata come verdesca, smeriglio, makò, palombo, spinarolo, gattuccio, can bianco, missola, vitello di mare, cagneto e con molti altri nomi ancora.
A parte che, sicuramente, almeno una volta nella vita vi sarà capitato di mangiare un filetto di pesce spada leggermente diverso dal solito… E sapete cosa lo dimostra, numeri alla mano? Il fatto che l’Italia (sì, proprio il Belpaese!), considerando il volume d’affari, è il più grande importatore mondiale di carne di squalo, nonché la nazione che la paga mediamente di più: circa quattro dollari al chilogrammo.
E’ qaunto emerge da un’approfondita indagine condotta dal WWF, che ha analizzato il commercio della carne e delle pinne di squalo nel mondo. I risultati sono tanto strabilianti quanto sconfortanti. Il valore totale del commercio di squali e razze tra il 2012 e il 2019 ha superato i 4,1 miliardi di dollari, con il commercio di pinne destinate al mercato asiatico (dove le ritengono afrodisiache) pari a 1,5 miliardi e quello generale della carne valutato intorno ai 2,6 miliardi.
Secondo il rapporto del WWF, il commercio di carne di squalo interessa qualcosa come 200 Paesi al mondo, con l’Unione Europea come principale fornitore. Il Paese esportatore numero uno al mondo? Non lo indovinerete mai: è la Spagna, che nel decennio 2009-2019 ha esportato quasi 185 mila tonnellate di carne di squali e razze, destinata principalmente al Brasile, al sud-est asiatico e, ovviamente, al nostro Paese.
Con le stime di 100 milioni di esemplari rimossi ogni anno dagli oceani e numerose specie in via d’estinzione, il WWF chiede una migliore regolamentazione e una maggiore trasparenza per prevenire lo sfruttamento eccessivo e impedire le facili frodi alimentari.
“Stiamo mangiando più carne di squalo e razza di quanto pensiamo – ha dichiarato Simone Niedermuller, biologa del ‘WWF Mediterranean Marine Initiative’ – e questo sta accadendo ovunque, anche in Europa, con gravi conseguenze per alcune specie già a rischio di estinzione”.
“Squali e razze – ha sottolineato la biologa del WWF – girano più da morti che da vivi, poiché la loro carne attraversa oltre 200 confini, con alcuni Paesi mediterranei ed europei che svolgono ruoli chiave come importatori ed esportatori, oltre che come consumatori. È un commercio globale che richiede gestione e trasparenza per affrontare l’illegalità e il rapido esaurimento di squali e razze nei nostri oceani”.
La richiesta del WWF nei confronti dei consumatori è quindi quella di evitare di mangiare carne di squalo e razza se non proveniente da fonti sostenibili e tracciabili. Il problema è che, in questo momento, pochissimi prodotti sul mercato soddisfano questi requisiti.
“La domanda di pinne di squalo – ha affermato Andy Cornish, leader di ‘Shark: Restoring the Balance’, il programma globale di conservazione di squali e razze del WWF – è ben nota come causa dell’eccessivo sfruttamento di squali e razze e le dita puntano accusatorie sull’Asia, dove il consumo di zuppa di pinne di pescecane è più alto”.
“Questo nuovo rapporto – ha spiegato Cornish – mette in luce un commercio globale molto più ampio di carne di squalo e razza, di cui molte persone non sono a conoscenza. I legami commerciali sono estesi, con una serie di Paesi che svolgono un ruolo attivo, compresi diversi stati membri dell’UE al centro di questa rete”.
“Tutti questi Paesi – ha concluso il leader di ‘Shark: Restoring the Balance’ – devono adottare e attuare urgentemente regolamenti e controlli per la pesca sostenibile e la tracciabilità per garantire che il commercio provenga da stock gestiti correttamente e di provenienza legale, che le specie protette siano tenute fuori dal mercato e che i consumatori possano effettuare acquisti consapevoli”.
Argomenti: squali