25 agosto 2020

Disastro ambientale alle Isole Mauritius: è corsa contro il tempo per fermare la marea nera

25 agosto 2020

Il ministro dell’ambiente Kavydass Ramano: “Questo è un disastro ecologico senza precedenti per Mauritius”

Disastro ambientale alle Isole Mauritius: è corsa contro il tempo per fermare la marea nera

Il ministro dell’ambiente Kavydass Ramano: “Questo è un disastro ecologico senza precedenti per Mauritius”

4 minuti di lettura

Un disastro ambientale senza precedenti. Così è stato definito dal ministro per l’ambiente delle isole Mauritius, Kavydass Ramano, lo sversamento di 800 tonnellate di petrolio nelle acque azzurre e cristalline dell’oceano Indiano, proprio nei pressi di un’area naturalistica di grande importanza per la biodiversità di molte specie animali e vegetali uniche e in via di estinzione.

Ma andiamo con ordine.

Il 25 luglio scorso, la MV Wakashio, una nave portarinfuse giapponese battente bandiera panamense, diretta in Brasile, con il suo carico di 200 tonnellate di gasolio e 3800 tonnellate di olio combustibile, si è arenata sulla barriera corallina a sud-est delle isole Mauritius, nei pressi del parco marino di Blue Bay, culla di numerose specie di coralli e pesci tropicali e a circa 2 km dall’isola delle Aigrette, riserva naturale gestita dalla Mauritian Wildlife Foundation.

La nave giapponese è rimasta incagliata sulla scogliera per ben 12 giorni. Poi il 6 agosto il disastro, con una fuoriuscita di petrolio pari ad 800 tonnellate, che ha iniziato a sversarsi nella laguna.

Un disastro ecologico senza precedenti

Il 7 agosto è stato dichiarato dal governo lo stato di emergenza ambientale.

“Questo è un disastro ecologico senza precedenti per Mauritius – ha sottolineato il ministro dell’ambiente Kavydass Ramano – tanto più che il fermo della nave è avvenuto in una zona sensibile dal punto di vista ambientale, ricca di flora e fauna terrestre e marina, vale a dire il sito della Pointe d’Esny Ramsar, il parco marino di Blue Bay, la riserva naturale dell’Ile aux Aigrettes, la riserva di pesca del Grand Port e le mangrovie, tra gli altri”.

Una tragedia non solo ambientale, ma anche economica e sociale per i suoi 1.2 milioni di abitanti,  il cui sostentamento è legato per larga parte alla pesca e al turismo, settori fortemente compromessi dalla marea nera.

La popolazione della regione, che dipende dalla pesca per guadagnarsi da vivere – scrive in un post sulla propria pagina facebook la Mauritian Wildlife Foundation è stata fortemente colpita e gli abitanti del litorale sono costantemente esposti all’inquinamento atmosferico proveniente dagli idrocarburi. Le mangrovie, i coralli e l’ecosistema marino ne sono influenzati e la marea nera ha impattato anche sul settore turistico, un pilastro dell’economia. Il lavoro di conservazione svolto sull’isola delle Aigrette per quasi quattro decenni è oggi molto compromesso”.

Un danno gravissimo per l’ecosistema e la biodiversità delle Mauritius, che ha visto la mobilitazione e la collaborazione di istituzioni, associazioni, esperti provenienti da molti Paesi del mondo e l’impegno del governo francese.

Numerosi volontari e abitanti del luogo  si sono messi all’opera per rimuovere la chiazza oleosa sulla superficie marina, anche attraverso strumenti artigianali realizzati con reti, canne e bottiglie di plastica cucite con filo di nylon e persino capelli, donati dalle donne del posto, che con generosità hanno voluto contribuire alla salvezza del mare. Al 18 agosto erano state raccolte 991 tonnellate di rifiuti oleosi e circa 597 tonnellate di sostanze solide.

La rottura dello scafo

Il 15 agosto, anche a causa delle pessime condizioni metereologiche, lo scafo della MV Wakashio, si è spezzato in due e le autorità locali hanno deciso di procedere all’affondamento del relitto, non prima di aver eliminato tutti gli inquinanti presenti.

Proprio di questi giorni Greenpeace ha indirizzato una lettera aperta al governo mauriziano e ai responsabili della Mitsui OSK Lines. L’associazione si dice particolarmente preoccupata per la decisione delle autorità locali di procedere all’affondamento del relitto, a rischio sarebbero diverse tipologie di balene e la possibilità di contaminare l’oceano con grandi quantità di tossine di metalli pesanti, mettendo a rischio anche la sicurezza alimentare.

Tra le richieste formulate da Greenpeace vi è anche una revisione delle rotte di navigazione che escluda le zone di mare particolarmente sensibili ed eviti quindi  il ripetersi di disastri di questo genere per il futuro.

Maria Cristina Sabatini

Foto pagina twitter Primo Ministro Pravind Jugnauth

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