La seconda vita delle vele. Nelle mani di Silvia Ronchi lo “scarto” diventa bello e sostenibile!
Silvia Ronchi, titolare di Rivelami, apre le porte del suo laboratorio a Sarzana, dove le vele dismesse diventano borse e accessori per la casa, all'insegna della sostenibilità
Silvia Ronchi, titolare di Rivelami, apre le porte del suo laboratorio a Sarzana, dove le vele dismesse diventano borse e accessori per la casa, all'insegna della sostenibilità
Viso acqua e sapone e sorriso luminoso: Silvia Ronchi, titolare di Rivelami, brand ecosostenibile di borse e accessori per la casa realizzati con vele dismesse e riportate a nuova vita, infonde forza e serenità ed è un piacere trascorrere del tempo in sua compagnia.
Assieme al marito, il famoso velista Dario Noseda e all’inseparabile Spina, cagnetta fantasia dal pelo color miele, Silvia ha accolto Daily Nautica all’interno di quel luogo magico, a Sarzana, che è il suo laboratorio, dove tante vele attendono di poter vivere una seconda volta. È affascinante pensare che ognuna di esse nasconda nella sua trama una sua storia di viaggi, di regate, magari di oceani e di tempeste che le hanno sferzate e a volte lasciato segni indelebili “sulla loro pelle”.
Ogni vela ha una sua storia ed è lì che parte l’immaginazione
Il gusto per l’estetica e per il dettaglio Silvia l’ha sempre avuto. Prima di buttarsi a capofitto in questa nuova avventura salmastra, lavorava come architetto a Milano. Poi, 10 anni fa, la rivoluzione. “Una passione nata sul lago (di Como) – racconta – dove avevamo un negozio di vela e di riparazioni. Nel nostro laboratorio spesso, avevamo tanto scarto ed era un vero peccato perché il tessuto delle vele è molto bello, interessante, con caratteristiche diverse. Così è nato il desiderio di fare qualche cosa con tutto quello scarto ed è arrivato Rivelami“.
Ogni vela ha una sua storia ed è anche questo, oltre alla struttura e al materiale con cui ognuna è realizzata, a solleticare la vena creativa di Silvia. “Quando arriva una vela – spiega – la apriamo e la stendiamo per vedere com’è fatta e quanto materiale abbiamo da poter recuperare. È lì che parte l’immaginazione. Subito inizi a fantasticare su dove sia stata quella vela, dove abbia navigato, se magari abbia affrontato qualche tempesta”.
Gusto per l’estetica, attenzione al dettaglio e tante ore di lavoro
Quello di Silvia è un lavoro dove bellezza e romanticismo sono cuciti assieme da tanto lavoro e fatica, soprattutto fisica. “Le vele – afferma – sono piuttosto pesanti e ingombranti, soprattutto quelle dei superyacht e dei maxiyacht. Hanno metrature imponenti, anche di 900-1000 mq, ed è veramente faticoso spostarle. Inoltre, è lungo il processo da quando una vela arriva a quando abbiamo il pezzo da poter tagliare per essere assemblato”.
“La vela, infatti – aggiunge Silvia – deve essere aperta, selezionata, tagliata. La riduciamo in pannelli che devono essere arrotolati su rotoli di cartone e poi tagliamo le dime. Le vele devono essere lavate: arrivano spesso sporche perché destinate alla discarica o sono cariche di sale. Alcune possono essere lavate in lavatrice, ma quelle più grandi e pesanti devono essere lavate a mano con uno straccio, un catino e un prodotto idoneo. Le ore di lavoro sono veramente tante”.
Una caratteristica del lavoro di Silvia, nell’assemblare personalmente ogni prodotto, è l’attenzione per i particolari: “Avere la mania del dettaglio – racconta- che sia fatto bene, non è solo un vezzo. Quale migliore sostenibilità c’è di durare nel tempo?”.
Silvia Ronchi e il suo “cacciatore di vele”
A sostenere Silvia e ad affiancarla nel suo lavoro c’è colui che lei definisce il suo “cacciatore di vele“, Dario Noseda. “Mio marito – spiega- è un velista di lungo corso. Alcuni anni fa ha anche fatto una traversata di cui si è molto parlato. Lui è nella vela fin da piccolino, per cui conosce tutto delle vele e tanti velisti. È lui il gancio vero (anche fisico) per il loro recupero. Delle sue vele è molto geloso. Si ricorda perfettamente di tutte quelle che arrivano. Le conosce per nome e se hanno una storia particolare, lui la sa. Sa dove vengono messe. Lui sa tutto”.
Tra i tesori conservati da Silvia e Dario, in attesa di rinascere a nuova vita, c’è anche una parte di un’antica vela dell’Amerigo Vespucci. “Ci è stata donata – sottolinea Silvia – da un velaio che aveva chiuso la sua attività. Di tessuto ce n’è poco ma ci sono delle parti bellissime con cuciture fatte a mano, dove è possibile leggere e rivedere le mani dei velai che hanno prodotto quella vela”.
Argomenti: ambiente-&-sostenibilità