Minacce negli abissi: le 10 creature marine più pericolose per l’uomo
Ecco un'affascinante (e anche un po' inquietante) lista delle creature marine più pericolose per l’uomo
Ecco un'affascinante (e anche un po' inquietante) lista delle creature marine più pericolose per l’uomo
Parliamoci chiaro: il mondo acquatico non è il nostro. In esso entriamo come intrusi o come semplici visitatori. Mentre sulla terraferma camminiamo ormai da decine di migliaia di anni come la specie dominante, forti e sicuri sulle nostre (due) gambe, non può essere così sott’acqua. L’ambiente ci è estraneo anche per la sua tridimensionalità, a cui siamo, per forza di cose, poco avvezzi.
Oltretutto, in questo strano ambiente vivono creature di per sé estremamente pericolose, che spesso non hanno la minima intenzione di farci del male ma il cui contatto può portare a tremende conseguenze, a volte fatali. Vogliamo provare a fare una lista assolutamente soggettiva e non professionale delle creature più pericolose degli abissi?
- Le meduse scatola o cubomeduse. Fra di esse la specie probabilmente più temibile è la Chironex fleckeri o vespa di mare. La sua campana a forma di cubo può arrivare a 25 centimetri di lunghezza e da ogni angolo partono 15 tentacoli lunghi fino a 6 metri e pieni di cnidoblasti carichi di veleno. Di solito è presente nelle aree con fondali sabbiosi e costituisce quindi un elevato pericolo per i bagnanti. Se trovate dei cartelli che ne indicano la presenza, evitate di tuffarvi in acqua: il suo veleno può essere mortale in soli tre minuti. Si trova, come altre specie simili, nelle acque australiane, indonesiane e filippine, dove sembra causi decine di vittime ogni anno. Dalle nostre parti può arrivare la meno velenosa ma sempre terribile caravella portoghese.
- I conidi. Sono i gasteropodi più pericolosi, con migliaia di specie diverse che in comune hanno la forma conica della conchiglia. Le specie più velenose, che possono essere mortali per l’uomo, vivono dell’Indo-Pacifico. Non si tratta di un animale aggressivo ma se prelevato dal suo ambiente si difende lanciando un dardo chitinoso cavo pieno di veleno, ovvero le micidiali conotossine attualmente sotto esame dei ricercatori perché fonte di potenziali farmaci salvavita. Come dire: guardare e non toccare.
- Il polpo dagli anelli blu. Si tratta di un piccolo animale che vive nel nord delle coste australiane e nell’ Indo-Pacifico centrale. È un animale all’apparenza innocuo e molto bello ma quando è irritato si riempie di piccoli anelli di colore blu elettrico che sembrano pulsare. Il suo morso è indolore ma carico di tetrodotossine. In pratica, queste bloccano la trasmissione degli impulsi fra nervi e muscoli, causando intorpidimento e difficoltà di parola in circa quindici minuti, poi arresto respiratorio e cardiaco. Non esistono antidoti.
- Il riccio fiore o Toxopneustes pileolus. È il più velenoso fra i ricci di mare. Vive nel Mar Rosso e nell’Indo-Pacifico. È bellissimo, una specie di cuscinetto ricoperto da petali rotondi di colore giallo, rosato o biancastro fra cui si nascondono le spine e soprattutto le pedicellarie bianche che trasmettono il veleno. Come tutti i ricci tende a ricoprirsi di detriti per nascondersi dai predatori e per questo motivo sono stati registrati casi di fotografi subacquei che hanno tentato di ripulirli con una mano per poi effettuare un magnifico scatto. Una fotografia che a volte è costata la vita.
- Il pesce pietra o Synanceia verrucosa. Vero maestro del travestimento, sembra una roccia coperta da alghe e concrezioni. Vive nel Mar Rosso e dall’Africa orientale fino alla Polinesia. Assolutamente non aggressivo, è pericoloso per le spine acuminate collegate a una ghiandola piena di veleno. Le più nocive sono le prime tre dorsali, in cui ci si potrebbe incautamente imbattere calpestandolo. Sono così aguzze da perforare anche le scarpette da apnea o da jogging e il dolore che causano è così acuto da far svenire il malcapitato. Può essere mortale. Simili come effetti e pericolosità sono il pesce scimmia (Erosa erosa), il pesce pietra d’estuario (Synanceia horrida) e il pesce diavolo spinoso (Inimicus didactylus), che vivono nelle medesime acque. Attenzione, quindi, a dove mettete i piedi.
- I pesci leone o Pterois miles e volitans. In realtà quasi chiunque li conosce, perché spesso sono presenti negli acquari essendo bellissimi. Sono, però, pieni di spine cariche di veleno molto doloroso, che iniettano solo per errore o in caso di aggressione. Vivono in tutte le acque calde o temperate e sono una specie “infestante”, che si ciba delle larve o dei piccoli delle altre specie facendo piazza pulita.
- I trigoni o razze. I trigoni vivono nascondendosi nei fondali sabbiosi, mentre le aquile di mare sono enormi e meravigliose nuotatrici. In entrambi i casi si tratta di animali non aggressivi ma dotati di una coda cartilaginosa con aculei seghettati come un coltello da bistecca e collegati a ghiandole velenifere. Occorre, quindi, fare attenzione alla loro potenziale pericolosità, anche se si tratta di animali magnifici da incontrare sotto la superficie.
- I pesci palla o Tetraodontidae. A parte la possibilità di un morso doloroso, che può capitare con centinaia di altre specie marine, questi pesci non risultano essere particolarmente pericolosi sotto la superficie del mare. Lo diventano una volta portati in tavola, a causa dell’estrema tossicità delle loro carni. Solo chef giapponesi particolarmente preparati sono in grado di privare l’animale delle parti velenose. Malgrado questo, ogni anno si registrano diverse vittime fra i buongustai del Paese del Sol Levante.
- I serpenti di mare o Hydrophiinae. Sono animali solitari che normalmente si tengono distanti da un potenziale pericolo come quello generato da un essere umano. Si distinguono visivamente (se avete il coraggio di avvicinarvi) da specie simili di anguille o murene per la presenza delle scaglie. Se mordono non rilasciano sempre il veleno, forse per non sprecare preziose risorse verso quella che non risulta essere una preda. In ogni caso, meglio non rischiare e mantenere le dovute distanze.
- I coccodrilli. Penso non esistano specie animali sotto la superficie del mare capaci di incutere più timore in un subacqueo o ancor più in un semplice bagnante. Se l’unica specie davvero marina è il Crocodylus porosus, che vive tra l’India e il nord dell’Australia, sulla costa orientale africana non sembra essere così raro l’incontro con il coccodrillo del Nilo. Malgrado la diminuzione del numero di esemplari dovuta alla caccia intensiva, continuano a manifestarsi sporadiche aggressioni di questi bestioni lunghi più di 6 metri, capaci di attaccare le prede in maniera sorprendentemente veloce, per poi affogarle strette fra le inesorabili mascelle.
Non abbiamo dimenticato nessuno? In effetti abbiamo tralasciato l’animale conosciuto universalmente come il più temibile predatore dei sette mari: lo squalo. Di circa 500 specie totali, solo una decina sono davvero pericolose per l’uomo. Se, potenzialmente, la macchina da guerra sottomarina perfetta è il Grande Squalo Bianco, in realtà si tratta di un animale schivo e solitario, abituato a farsi i fatti suoi, che attacca l’uomo solo se lo confonde con una foca. Ben più pericolosi, lungo le coste, sono il Leuca (il Bullshark degli americani), che è in grado di vivere in acque sia dolci che salmastre ed attacca i bagnanti, oppure il Longimanus, che vive in mare aperto ed è il responsabile degli attacchi verso i naufraghi.
Allora perché lo abbiamo lasciato per ultimo? Perché oggi, in tempo di pace, gli squali fanno da 4 a 6 vittime ogni anno in tutto il mondo, contro gli oltre 100 milioni di esemplari cacciati e uccisi soprattutto per le loro pinne, ritenute erroneamente afrodisiache in Oriente. Risultano, quindi, essere molto meno pericolosi delle specie citate o di specie terrestri che si ritiene solitamente essere innocue, come per esempio le mucche, che uccidono una media di trenta americani ogni anno. Noi siamo invece decisamente la loro nemesi.
Fonti foto: Paolo Ponga, Wikipedia
Argomenti: Daily Nautica, vela