Particelle di fibra di vetro scoperte in ostriche e cozze

Un nuovo studio ha rivelato livelli preoccupanti di particelle di fibra di vetro o di plastica rinforzata con fibra di vetro in ostriche e cozze, sollevando preoccupazioni sulle implicazioni per l'ambiente e la salute umana

23 July 2024 | di Paolo Ponga

State mangiando un succoso piatto di impepata di cozze e avete una sensazione strana, come di sabbia in bocca? Al di là della battuta di spirito, uno studio condotto dalle Università di Brighton e Portsmouth e pubblicato sulla rivista Science Direct ha scoperto la presenza di particelle di fibra di vetro nelle ostriche e nelle cozze, sollevando preoccupazioni sulle implicazioni per l’ambiente e la salute.

La presenza di microplastiche nell’ambiente marino è cosa risaputa. Ormai miliardi di pezzi di plastica galleggiano nei nostri oceani e molte delle creature marine che noi umani siamo soliti mangiare sono contaminate da essi. Queste plastiche vengono poi trasferite al nostro organismo e le conseguenze sulla salute stanno diventando sempre più chiare, con la loro presenza già scoperta nel latte materno e nei testicoli.

Il nuovo studio ha rivelato per la prima volta livelli preoccupanti di particelle di fibra di vetro o di plastica rinforzata con fibra di vetro (GRP = Glass Reinforced Plastic o Glass Reinforced Polymer) in ostriche e cozze, animali fondamentali per gli ecosistemi marini a causa delle loro abitudini di filtraggio. Lo studio ha scoperto che la fibra di vetro utilizzata nella produzione di barche si sta sfaldando e contamina le acque costiere, causando danni alla vita marina.

La presentazione della ricerca scientifica spiega che “in questo studio pionieristico sono state rilevate particelle di fibra di vetro nelle parti molli di ostriche e cozze raccolte da popolazioni naturali di fronte a un cantiere navale attivo. La presenza di vetro particellare con concentrazioni fino a 11.220 particelle/kg in Ostrea edulis (ostriche) e 2740 particelle/kg in Mytilus edulis (cozze) è stata confermata dalla spettroscopia micro-Raman”.

Lo studio è stato effettuato nei pressi della cittadina di Chichester, situata nel sud dell’Inghilterra, presso Portsmouth, una popolare destinazione per la navigazione a vela. L’accumulo è risultato particolarmente evidente durante il periodo invernale, quando si effettuano di solito le manutenzioni delle barche, facendo inevitabilmente finire in acqua delle particelle di GRP. La fibra di vetro, ampiamente utilizzata fin dagli anni ’60 nella produzione di imbarcazioni, è nota per essere molto resistente ma allo stesso tempo difficile da smaltire.

Uno degli autori della ricerca, il professor Fay Couceiro dell’Università di Portsmouth, ha affermato che “è un problema globale, in particolare per le nazioni insulari con spazi limitati per le discariche. Si stanno compiendo sforzi per trovare soluzioni di smaltimento praticabili ma c’è ancora molto da fare per prevenire lo scarico in mare e la combustione sulla terraferma. Stiamo appena iniziando a comprendere l’entità della contaminazione da fibra di vetro. Il nostro studio è il primo a mostrare questo livello di contaminazione nelle popolazioni naturali di bivalvi”.

Il potenziale impatto ecologico e sulla salute umana è significativo e lo studio evidenzia l’urgente necessità di una migliore regolamentazione e gestione dello smaltimento della fibra di vetro. Penso che piacerebbe a molti poter continuare a degustare una marinata di cozze o qualche succulenta ostrica senza troppi patemi d’animo: d’altronde, se Linneo ha identificato queste specie come “edulis”, sarà stato anch’egli un estimatore di tali meravigliosi bivalvi.

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