Gli oceani non sono tre ma cinque: Artico e Antartico le “new entries”
Gli oceani sarebbero 5 perché ai 3 tradizionali (Atlantico, Indiano e Pacifico) se ne aggiungerebbero altri due: l'Artico e l'Antartico
Gli oceani sarebbero 5 perché ai 3 tradizionali (Atlantico, Indiano e Pacifico) se ne aggiungerebbero altri due: l'Artico e l'Antartico
Quali sono i 5 oceani? Conoscete i loro nomi? Sicuri? Io non credo e il motivo è semplice. Nella cultura italiana gli oceani sono solo tre: l’Oceano Atlantico tra Europa-Africa e le Americhe, l’Oceano Indiano tra Africa e Oceania (sotto le coste meridionali dell’Asia), e l’immenso Oceano Pacifico (che spesso non lo è affatto) che va dalle coste orientali dell’Asia e dell’Oceania fino alle coste occidentali delle Americhe.
Finito? No, perché secondo l’Organizzazione Idrografica Internazionale (IHO) ve ne è un quarto, l’Oceano Artico, che non è, come riteniamo noi, semplicemente un mare, una propaggine dell’Atlantico, ma una vera e propria entità a sé stante racchiusa dalle terre di Europa, Asia e Nord America e, per la maggior parte, completamente ricoperta di ghiaccio.
E il quinto? L’ultimo oceano è stato a lungo riconosciuto dagli scienziati, senza però che vi fosse un accordo a livello internazionale. Tuttavia, a partire dalla “Giornata Mondiale degli Oceani” dell’8 giugno scorso, il National Geographic ha deciso di riconoscere ufficialmente l’Oceano Antartico come quinto oceano del mondo. A lungo i geografi hanno discusso per capire se le acque intorno all’Antartide avessero abbastanza caratteristiche uniche da meritare questa definizione o fossero semplicemente fredde estensioni degli oceani Pacifico, Indiano e Atlantico.
Mentre gli scienziati anglosassoni e la stampa usavano sempre più il termine “Southern Ocean”, i cartografi del NatGeo analizzavano le caratteristiche delle sue acque, ritenute uniche per diversi motivi. Innanzitutto è un oceano definito dalla sua corrente. Mentre gli altri oceani sono delimitati dai continenti che li circondano, qui vi è la situazione inversa: l’Oceano Antartico racchiude un continente intero ed è definito da una corrente, la Corrente Circumpolare Antartica (ACC), nata circa 34 milioni di anni fa, quando l’Antartide si separò dal Sud America.
Questo ha consentito un flusso senza ostacoli dell’acqua intorno al continente più meridionale della Terra, approssimativamente a una latitudine di 60 gradi sud, la linea che è ora riconosciuta come il confine settentrionale dell’oceano. La corrente attira le acque dai tre oceani che la sovrastano e le spinge come un nastro trasportatore, portando acqua fredda e densa, carica di carbonio, sul fondo del mare.
All’interno della corrente le acque sono più fredde, meno salate e con un ecosistema differente, unico, dove si trovano specie marine che vivono solo lì. Oppure ospitano temporaneamente specie come le megattere, che si recano in quelle acque cariche di krill per fare enormi scorpacciate e poi le abbandonano per svernare in altri ecosistemi. Anche diverse specie di uccelli migrano dentro e fuori le sue acque ricche di nutrimenti.
Inoltre, è stato provato che l’Oceano Antartico ha un impatto cruciale sul clima della Terra e che negli ultimi anni la sua temperatura sta aumentando: potrebbe infatti essere la chiave di volta del riscaldamento globale, probabilmente come accadde alla fine dell’ultima glaciazione.
Una ricerca coordinata dall’Università di Oldenburg, insieme all’Istituto Max Planck e all’Istituto Alfred Wegener, e pubblicata sulla rivista “Science”, ha infatti dimostrato che cambiamenti nelle sue correnti hanno causato il rilascio nell’atmosfera di enormi quantità di anidride carbonica, che in quell’epoca hanno amplificato il riscaldamento del pianeta.
Il motivo per cui l’Oceano Antartico gioca un ruolo importantissimo nella regolazione del clima deriva dalla capacità di assorbire grandi quantità di CO2 attraverso microscopiche alghe, che morendo si depositano sul fondale oceanico, portando con sé l’anidride carbonica sequestrata. Dalla consapevolezza di questa importanza nasce l’idea del National Geographic: richiamare l’attenzione su queste acque promuovendone la salvaguardia e la conservazione, anche al fine di limitare la pesca intensiva, effettuata in particolar modo verso una specie di merluzzo e il krill.
“Chiunque sia stato da queste parti – ha affermato Seth Sykora-Bodie, scienziato marino presso la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) e il National Geographic Explorer – farà fatica a spiegare cosa ci sia di così affascinante ma saranno tutti d’accordo sul fatto che i ghiacciai sono più blu, l’aria più fredda, le montagne più paurose e i paesaggi più attraenti di qualsiasi altro luogo al mondo che si possa visitare”.
Io non ho mai avuto la fortuna di andarci ma, come minimo, penso che riprenderò la lettura di “Ghiaccio” (South), la storia delle avventure di Ernest Shackleton e della sua nave Endurance, naufragata fra i ghiacci del Sud del mondo.
Argomenti: Daily Nautica