Salvare gli oceani è possibile solo puntando sull’equità
Non si può risolvere il problema della conservazione degli oceani senza coinvolgere le comunità di persone che in questo ambiente vivono e che grazie ad esso sopravvivono
Non si può risolvere il problema della conservazione degli oceani senza coinvolgere le comunità di persone che in questo ambiente vivono e che grazie ad esso sopravvivono
Uno studio effettuato da un team di scienziati provenienti dalle università di tutto il mondo ha sottolineato il concetto in maniera precisa: solo considerando l’equità possiamo sperare di conservare gli oceani. In pratica, risulterà fondamentale promuovere l’equità degli oceani nel nesso tra sviluppo, clima e politiche di conservazione, che è anche il titolo della ricerca pubblicata su Nature Ecology & Evolution.
Se si vuole quindi che il mondo raggiunga gli obiettivi di conservazione del 2030 sarà essenziale avvalersi del contributo delle comunità locali. Senza di esse sarà infatti praticamente impossibile mantenere le temperature globali di 2°C al di sotto delle medie pre-industriali e trasformare il 30% degli oceani del mondo in aree protette. La questione è anche al centro delle ricerche svolte da Ocean Equity Research, un collettivo di esperti che studia e fornisce consulenza su come gestire l’interazione umana con i nostri oceani in modo da ottenere i risultati più desiderabili per tutti. Lo scopo è quello di rimodellare il rapporto del mondo con i suoi oceani.
Commentando l’importanza dell’equità, il dott. Joachim Claudet, Senior Research and Ocean Advisor per il Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (CNRS) e autore principale dello studio, afferma che “abbiamo urgentemente bisogno di un cambiamento trasformativo verso la sostenibilità degli oceani. Un tale cambiamento può verificarsi solo se coinvolgiamo gli attori dell’oceano verso forme più inclusive ed eque di sviluppo sostenibile, adattamento ai cambiamenti climatici e conservazione. Nel nostro documento proponiamo punti chiave di leva con opzioni attuabili affinché i decisori possano promuovere l’equità negli oceani”.
L’incipit della pubblicazione conferma questo concetto, asserendo come “il raggiungimento di economie oceaniche inclusive e sostenibili, di una resilienza climatica a lungo termine e di un’efficace conservazione della biodiversità, richiede azioni urgenti e strategiche dalla scala locale a quella globale. Discutiamo dei cambiamenti fondamentali necessari per consentire una politica equa in questi tre ambiti”.
“Centinaia di milioni di persone in tutto il mondo – spiega il dott. Nathan Bennett, responsabile del progetto Global Oceans per il WWF, presidente del People and the Ocean Specialist Group per l’IUCN e coautore della ricerca – vivono vicino all’oceano e dipendono da esso per sopravvivere. È quindi logico che le loro voci e i loro bisogni siano presi in considerazione nelle decisioni relative all’oceano, scelte che influenzeranno le loro vite. Ciò include lo sviluppo dell’economia blu, la creazione di aree marine protette e l’attuazione di azioni a favore del clima. In breve, l’equità deve essere al centro della governance degli oceani“.
In effetti, la questione è di una totale logica e semplicità: non possiamo risolvere questo gigantesco problema senza coinvolgere le comunità di persone che in questo ambiente vivono e che grazie alle sue risorse si nutrono, sopravvivono e crescono una famiglia. In questo sta il concetto di “equity” posto alla base dello studio. Ma è davvero realizzabile? È davvero possibile che le comunità locali riescano a guardare oltre l’immediato, oltre la mera lotta per la sopravvivenza e per un futuro migliore da dare ai loro figli? D’altra parte, è ugualmente ipotizzabile che chi ragiona con ottiche di potere militare, politico ed economico concepisca delle forme di accordo con la povera gente che abita le coste degli oceani di tutto il mondo?
Noi non possiamo saperlo. Possiamo però concordare con la dott.ssa Stacy Jupiter, direttrice esecutiva della conservazione marina della Wildlife Conservation Society e coautrice dell’articolo. “Continuare con lo status quo – sottolinea – non è un’opzione. Per realizzare efficacemente le ambizioni del mondo per lo sviluppo sostenibile, il cambiamento climatico e la biodiversità negli spazi oceanici, nessuno dovrebbe rimanere indietro. Esiste un imperativo morale ed etico per tutti di riflettere attentamente sulle possibili conseguenze indesiderate delle azioni di sviluppo e conservazione. Mettere l’equità in primo piano come principio chiave nella politica e nella pratica è un primo passo necessario per garantire il benessere di tutte le persone che utilizzano e accedono agli oceani e per salvaguardare il nostro pianeta“.