Tokitae, l’orca più solitaria del mondo
Tokitae, alias Lolita, era l’orca più solitaria del mondo. È morta dopo 53 anni di prigionia
Tokitae, alias Lolita, era l’orca più solitaria del mondo. È morta dopo 53 anni di prigionia
Si tratta di una storia con un finale triste. Una storia sconosciuta in Italia ma che ha fatto molto rumore negli Stati Uniti, dove giornali e televisioni hanno riportato più volte la vicenda. Tokitae, conosciuta anche come Lolita, era un’orca di 57 anni, catturata nello stato di Washington, presso Penn Cove, nel lontano 1970.
Da allora è vissuta per 53 anni in una vasca del Miami Seaquarium lunga 24,5 metri x 10,7 (80 piedi x 35), allietando col suo carattere dolce e giocherellone generazioni di visitatori. Ma era anche l’animale più solo del mondo, visto che il suo compagno, Hugo, era venuto a mancare nel lontano 1980.
Tokitae è morta venerdì 1 settembre, probabilmente per un peggioramento delle sue già compromesse condizioni renali, a cui si sommavano delle lesioni polmonari di tipo cronico, che le avevano causato nel 2022 una grave polmonite. Lolita era diventata famosa perché amatissima dagli americani e al centro di furibonde discussioni sul suo futuro.
A marzo di quest’anno era stata annunciata la decisione di liberare l’animale presso il Puget Sound, l’area da cui era stata prelevata tanti anni prima. A finanziare il progetto, il cui costo si aggirava intorno ai 20 milioni di dollari, era stato il miliardario Jim Irsay, proprietario della squadra di football americano degli Indianapolis Colts.
Il piano per liberarla non era però stato esente da critiche. Mezzo secolo di prigionia in un ambiente estremamente ristretto e problemi di salute cronici potevano mettere a rischio la sua sopravvivenza in natura. L’animale era in fase di trattamento per il suo rilascio, durante il quale era stato modificato l’ambiente in cui viveva, con l’inserimento di alghe e dell’imbragatura con la quale sarebbe stata sollevata dalla sua vasca.
Gli oppositori della sua liberazione in mare ricordavano, però, l’esempio di Keiko, l’orca protagonista di “Free Willy“, che fu liberata grazie ad una campagna d’opinione pubblica dopo l’uscita del film, ma non riuscì a integrarsi nell’ambiente selvaggio, cercando la compagnia umana al posto di quella della sua specie e morendo solo due anni dopo il rilascio nelle acque dell’oceano.
Truth4Toki, un gruppo di 35 professionisti e biologi, aveva lanciato una petizione per chiedere che fosse invece trasferita al SeaWorld di Orlando, in grado di fornirle un ambiente più ampio e cure migliori, per trascorrere nella migliore maniera possibile il tempo che le restava da vivere. Di opinione contraria erano gli indigeni di etnia Lummi dello stato di Washington, conosciuti anche come Lhaq’temish o People of the Sea, una tribù di Nativi Americani che aveva deciso di adottare l’orca, chiamandola “Sk’ali’Ch’elh-tenaut“.
Nella lingua Lummi il termine per indicare l’orca è “qwe’lhol mechen”, che significa “i nostri parenti sotto le onde”, a indicare quanto questi uomini rimangano legati alla natura. L’organizzazione Lummi, chiamata “Sacred Sea“, è una no-profit, il cui lavoro è fondato sulla spiritualità ma sostenuto dalla scienza, e lottava per riportare l’animale nelle sue acque natie.
“Toki – ha spiegato un portavoce di Friends of Toki – è stata fonte di ispirazione per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di ascoltare la sua storia e soprattutto per la nazione Lummi, che la considerava una di famiglia. Quelli di noi che hanno avuto l’onore e il privilegio di trascorrere del tempo con lei ricorderanno per sempre il suo bellissimo spirito”. Spirito che adesso nuota libero per gli infiniti spazi del mare blu.
Fonte foto: Miami Seaquarium e Miami Herald
Argomenti: Daily Nautica