Inquinamento dell’oceano? Ecco la “barriera” di Boyan!
Un progetto davvero interessante pensato da Boyan Slat, ragazzo di soli ventidue anni
Un progetto davvero interessante pensato da Boyan Slat, ragazzo di soli ventidue anni
La plastica è una delle maggiori fonti di inquinamento nell’oceano e nel dire questo non scopriamo certo una grande verità. L’Onu nelle ultime settimane ha diffuso dati davvero allarmanti, numeri impensabili: in media scarichiamo nel mare otto milioni di tonnellate di plastica l’anno. In parte si tratta di microplastica che molte volte viene mangiata dai pesci per ritornare così nei nostri piatti; in sostanza finiamo per consumare in maniera indiretta i nostri stessi rifiuti. Una sorta di contrappasso dantesco.
L’inquinamento dell’oceano è spesso visibile a occhio nudo, in questo caso non si tratta di microelementi ma di vere e proprio isole di plastica che galleggiano in superficie e che determinano la morte di molte specie animali, alcune di queste in via d’estinzione. Come fare dunque?
Negli anni si è cercato di limitare il problema, spesso senza successo, ora sta raccogliendo consensi l’idea di Boyan Slat, ovvero una barriera pensata per convogliare i rifiuti e limitare l’inquinamento dell’oceano.
Stop all’inquinamento dell’oceano: scopriamo come funziona questa barriera galleggiante
Si tratta di una enorme barriera lunga oltre cento km che dovrebbe contenere la dispersione della plastica in acqua: un primo, fondamentale, passo per limitare l’inquinamento dell’oceano e dei mari. Infatti una volta che il materiale sarà raccolto, le navi impiegate per la pulizia delle superfici acquee avrebbero più tempo, e molti meno problemi, a svolgere il proprio dovere.
L’idea è stata partorita dalla giovane e geniale mente di Boyan Slat, ragazzo di soli ventidue anni, che, grazie all’appoggio del governo olandese, sta portando avanti la sua personale battaglia all’inquinamento dell’oceano.
Cerchiamo di capire meglio il funzionamento di questo progetto. Questa barriera, fissata ai fondali mediante un sistema di cavi, non è altro che un lungo serpente di gomma che dovrebbe “condizionare” le correnti marine in modo da convogliare i rifiuti in questa sorta di immenso cassonetto del mare.
Attualmente è stato realizzato un primo prototipo installato presso il porto dell’Aia. Degli appositi sensori stanno monitorando l’utilità di questa sistema, se tutto dovesse andare per il meglio entro un anno si procederà alla realizzazione di una barriera in scala reale.
Verso la fine del 2018 verranno effettuati altri test al largo delle coste giapponesi per poi, se queste prove dovessero dare risultati positivi, installare la barriera nella zona a più alto tasso d’inquinamento dell’oceano: la Great Pacific garbage patch, ovvero l’immensa chiazza di immondizia che stazione nel Pacifico.
Fonti:
http://www.tgcom24.mediaset.it/
https://www.inabottle.it/it/ambiente/barriera-plastica-oceano
Paolo Bellosta
Argomenti: Daily Nautica