L’arzanà de’ Viniziani, da Dante Alighieri a Corto Maltese
Il Salone Nautico 2021 si svolgerà nel cuore di Venezia, un luogo magico dove le favole possono trasformarsi in realtà: l’Arsenale
Il Salone Nautico 2021 si svolgerà nel cuore di Venezia, un luogo magico dove le favole possono trasformarsi in realtà: l’Arsenale
Per almeno sette secoli, l’Arsenale di Venezia è stato il cuore dell’industria navale del Mediterraneo. Il Libro delle Maestranze, che conteneva i nomi degli “arsenalotti”, cioè dei lavoratori che quotidianamente si recavano nei grandi cantieri per prestare la loro opera, arrivò a contare anche più di 5 mila iscritti.
L’attività negli ampi cantieri, gli stessi dove sabato prossimo si aprirà il Salone Nautico 2021, non si arrestava mai. Nei periodi di guerra, gli arsenalotti erano in grado di varare una galea da battaglia al giorno. Dentro le “tese”, i capannoni, si realizzava tutto quello che poteva servire al varo completo di una nave, dallo scafo ai cordami, dalle vele ai remi. La frenetica attività del grande cantiere navale colpì anche Dante Alighieri che nella sua Commedia paragonò l’Arsenale all’ottavo Cerchio infernale, quello delle Malebolge:
“Quale nell’Arzanà de’ Viniziani
bolle l’inverno la tenace pece
a rimpalmare i legni lor non sani”.
Nella pece bollente descritta in questo canto, l’Alighieri ci infilò i “barattieri”, coloro cioè che praticavano l’arte del baratto, più o meno lecito, più o meno fraudolento. Neppure questo è un caso. A Venezia, rispetto a Firenze, il baratto veniva considerato con molta indulgenza e c’è tutt’ora un ponte dedicato a questo non troppo nobile mestiere.
La faccenda fece probabilmente storcere il naso al Sommo Poeta che visitò Venezia nei primi mesi del 1321 in qualità di ambasciatore del signore di Ravenna, Guido Novello da Polenta. Dante ci ha lasciato una precisa descrizione dell’indiavolato lavoro degli arsenalotti:
“Chi fa suo legno nuovo e chi ristoppa
le coste a quel che più viaggi fece,
chi ribatte da proda e chi da poppa,
altri fa remi e altri volge sarte,
chi terzeruolo e artimon rintoppa”.
Gli storici hanno dibattuto a lungo se l’Arsenale di Venezia possa essere considerato la prima industria moderna, anticipando di secoli la storia dell’umanità. In effetti, i cantieri navali della Serenissima avevano realizzato una vera e propria catena di montaggio dove erano applicati concetti assolutamente moderni come il controllo della qualità e la razionalizzazione del processo produttivo al fine di migliorare il prodotto e velocizzarne la realizzazione.
L’unica differenza – non da poco – con una moderna fabbrica è che… non c’erano gli operai! Gli arsenalotti infatti erano in tutto e per tutto degli artigiani e, se pure non perdevano di vista il risultato finale, si dedicavano ciascuno al proprio mestiere, conservandone gelosamente i segreti, e si riunivano nelle rispettive corporazioni. Lo stesso nome “arsenale”, coniato a Venezia e poi diffuso in tutto il mondo, deriva da un termine arabo, daras-sina’ah, che significa “casa dei mestieri”.
Di curiosità sull’Arsenale di Venezia ce ne sono da scriverci una enciclopedia. Una delle più misteriose, è quella raccontata anche dal grande Hugo Pratt, nella sua Sirat Al Bunduqiyyah, Favola di Venezia. Un sognante Corto Maltese a spasso per calli e campielli, sosta davanti alle porte dell’Arsenale e nota una scritta runica (l’alfabeto dei vichinghi) scolpita sulla spalla di uno dei leoni bizantini. “Questa città è sempre più strana”, commenta il romantico marinaio.
Il mistero di quelle rune – oggi purtroppo illeggibili – non è mai stato svelato. Con buona probabilità erano la “firma” di alcuni guerrieri vichinghi – un po’ come certi vandali fanno tutt’oggi nei marmi dei monumenti antichi – lasciata ad imperitura memoria del loro viaggio dai gelidi mari del nord allo stretto del Bosforo.
Questo manipolo di mercenari nordici era stato probabilmente assoldato dall’imperatore di Bisanzio durante l’assedio del 1204, dove il Doge Enrico Dandolo riuscì a deviare la quarta crociata che era salpata per raggiungere Gerusalemme. Ma questa, come sottolineerebbe il marinaio Corto Maltese, è un’altra storia.
Foto di copertina tratta da Wikipedia
L’immagine è tratta dal libro a fumetti “Sirat Al Bunduqiyyah” di Hugo Pratt