La fusione dei ghiacci incrementa il metilmercurio nei mari
Parliamo di una potente neurotossina che sta proliferando in seguito al riscaldamento globale e alla fusione dei ghiacci. In Canada si studia la sua evoluzione
Parliamo di una potente neurotossina che sta proliferando in seguito al riscaldamento globale e alla fusione dei ghiacci. In Canada si studia la sua evoluzione
Metilmercurio nei mari, di cosa stiamo parlando? Di una potente neurotossina che si accumula molto rapidamente negli organismi, in primo luogo nello zooplancton, e poi via via lungo tutta la catena alimentare.
A quanto emerge da una recente ricerca, le motivazioni sarebbero da ricercare in un effetto secondario del riscaldamento globale e della conseguente fusione del ghiaccio marino nelle regioni sub antartiche, con la mediazione della proliferazione del plancton negli strati di mare più superficiali.
La ricerca ha preso le mosse da una valutazione dell’impatto ambientale della centrale idroelettrica delle cascate di Muskrat in Canada.
“Abbiamo misurato un livello di metilmercurio nei mari molto elevato, che non poteva essere spiegato dai modelli disponibili”, ha spiegato Schartup, addetto responsabile. “Il contributo di tutti i fiumi che affluiscono nel lago non era sufficiente: ci doveva essere qualcos’altro”.
Le misurazioni hanno rivelato un altro dato importante: le concentrazioni della sostanza nel plancton variavano con la profondità, raggiungendo i valori di picco tra 1 e 10 metri dalla superficie, analogamente a quanto avviene nelle acque dell’Oceano Artico centrale.
Come spiegare i valori di metilmercurio nei mari?
Come spiegare questi valori? La risposta è nelle abitudini degli organismi che formano il plancton. Negli estuari dei fiumi o quando il ghiaccio marino fonde, le acque dolci si mescolano con quelle salate in superficie: per questo motivo la salinità dell’acqua aumenta via via che aumenta la profondità del mare. Proprio questa stratificazione permette alla materia organica, che normalmente s’inabissa fino al fondo, di galleggiare nella colonna d’acqua formando la “neve marina”, una zona di abbondante nutrimento per lo zooplancton.
La situazione del lago Melville, già seria, è destinata a peggiorare con il completamento della diga, che incrementerà il mescolamento di acque dolci e acque salate. Paradossalmente, lo sviluppo dell’idroelettrico che dovrebbe contribuire a mitigare l’emissione di gas serra, localmente produrrà, in termini di aumento delle concentrazioni di metilmercurio nei mari, effetti più gravi di quelli prodotti dal riscaldamento globale con la fusione dei ghiacci.
Argomenti: Daily Nautica, mare