Cecilia Zorzi a DN: “Alla Mini Transat 2025 voglio dimostrare che il talento non ha genere”
La nostra intervista alla velista italiana Cecilia Zorzi all'indomani dell'ufficializzazione della sua qualificazione alla Mini Transat 2025
La nostra intervista alla velista italiana Cecilia Zorzi all'indomani dell'ufficializzazione della sua qualificazione alla Mini Transat 2025
Tutti i percorsi sono fatti di tappe, alcune positive ed altre negative, che definiscono il raggiungimento di una meta. Nel caso di Cecilia Zorzi, navigatrice trentina classe 1994, la meta è la Mini Transat e la più recente tappa, felicemente positiva, è stata l’ufficializzazione della conferma della sua partecipazione a questa regata a settembre 2025.
Dopo più di 12.000 miglia percorse a bordo del suo Mini 6.50 proto EKI, Cecilia è ottava nella classifica di iscrizione ad una regata che per tutti i velisti che la portano a termine rappresenta la realizzazione di un sogno, ma per alcuni fra questi è anche l’inizio “informale” di una carriera professionistica nella vela. Cecilia è una navigatrice eclettica, con un’esperienza approfondita sia nel mondo delle classi olimpiche, Laser e Nacra 17, sia nel mondo offshore a bordo di Figaro e VO65, avendo partecipato anche all’ultima edizione della The Ocean Race a bordo di Austrian Ocean Racing powered by Team Genova.
Da quando ha iniziato il suo percorso in solitaria sui Mini 6.50, l’obiettivo è sempre stato quello di prendere parte alla Mini Transat, iconica traversata dell’Atlantico in due tappe in solitario e senza assistenza né comunicazioni con l’esterno, a bordo di barche a vela di 6 metri e mezzo, la cui 25esima edizione partirà il 21 settembre da Les Sables d’Olonne. Questa regata è ammantata da un fascino inscalfibile: un “battesimo del fuoco” per chi vi partecipa, che quando arriva al di là dell’Atlantico ha uno sguardo ormai cambiato per sempre. Partecipandovi, Cecilia vuole anche raggiungere un altro obiettivo, oltre a quello sportivo: dare visibilità al messaggio centrale della sua campagna “Cecilia in Oceano”, che il talento non ha genere.
Daily Nautica ha parlato con Cecilia Zorzi, che si è trasferita nella cittadina bretone di Lorient per prepararsi al meglio per l’avventura che l’aspetta tra qualche mese, del percorso fatto finora e delle sue aspettative.
Cecilia, innanzitutto, perché vuoi fare la Mini Transat?
Ottima domanda! Devo avere ben chiaro il “perché”, per ricordarmelo quando sarò in mezzo all’Oceano. Io sono partita con la vela d’altura per altri motivi che non attraversare l’Atlantico da sola su un Mini 6.50 e iniziando a navigare ho sentito che finalmente avevo trovato il mio posto. Il dover prendere delle decisioni, essere libera di scegliere la mia rotta quando sono da sola, fanno cadere tutta la pressione che all’interno della società mi sento addosso. Ho sempre avuto un forte senso della competizione ed a un certo punto questo “star bene in mare” non mi è più bastato, volevo anche regatare e il Mini 6.50 è stata la risposta ovvia a queste due necessità. Io la Mini Transat la voglio fare un po’ per me, per dimostrare a me stessa che posso fare una cosa del genere, lasciando da parte un senso di inadeguatezza generale che ho provato da adolescente, ma un po’ la voglio fare anche per tutte le persone che si sentono allo stesso modo e fargli vedere che se ci si mette in testa qualcosa e ci si impegna ad ottenerla, nessuno ti può fermare.
Cos’è che temi di più di questa regata?
Forse temo proprio la solitudine, che non mi sarei mai aspettata! L’estate scorsa durante la SAS (Les Sables-Les Açores-Les Sables, regata Mini 6.50 che parte da Les Sables d’Olonne e arriva alle Azzorre, e ritorno, in solitario. N.d.r), la mia prima volta da sola in Oceano, tre o quattro giorni dopo Capo Finisterre, quando non vedevo né sentivo più nessuno alla radio, mi sono sentita un po’ persa. Già al ritorno ho gestito meglio questa sensazione, ma il pensiero di essere da sola lì in mezzo ha cominciato a prendere concretezza ed è stato impegnativo. L’essere da sola, il dover prendere delle decisioni in autonomia è però anche la cosa che non vedo l’ora di provare di nuovo.
In questo momento sei a Lorient per prepararti al meglio: che aspettative hai in termini di risultati per questa Mini Transat?
Sì, sono al polo “Lorient Grand Large” a Lorient, che allena molti atleti di varie classi, dai Mini 6.50 ai Class 40, agli IMOCA, quindi è una realtà molto stimolante. Rispetto all’anno scorso che ho passato a spasso per il mare, senza nessuno che mi seguiva, è cambiato tutto. Qui facciamo tutto insieme, dalla preparazione fisica agli allenamenti in mare, ai debriefing in aula: è tutto un altro approccio. Ho deciso di venire qui perché c’è tantissima conoscenza ed esperienza, sia del Mini che della navigazione d’altura, che purtroppo in Italia non abbiamo ancora. Io voglio arrivare “di là” prima di tutto, ma voglio arrivarci bene! Ciò detto, io navigo su una barca italiana nuova, il WIP, che è classificata come proto ma che ha caratteristiche di una barca di serie, anche se ufficialmente non lo è ancora perché non ha ancora varato le 10 unità necessarie a rientrare in questa categoria. Ciò significa che è una barca ancora da conoscere e da esplorare, non ancora così veloce rispetto a quelle di altri colleghi con cui mi alleno, quindi so che per stare dietro a loro devo fare la parte di tattica e strategia in modo perfetto. Venire qui è stato un investimento emotivo ed economico, perché voglio tirare fuori da questo progetto Mini tutto quello che riesco.
Pensi che la Mini Transat sia un trampolino di lancio per una carriera professionistica futura?
Non lo so ancora! Non ho idea di cosa voglia fare dopo la Mini Transat, anche perché non so se sono pronta a ricominciare un altro progetto “tutto mio” subito dopo, perché questo mi sta già prosciugando! Ci sono un po’ di equipaggi italiani che si stanno formando su barche un po’ grandi, mi piacerebbe magari farne parte. Quello che è sicuro è che con questo progetto e con la scelta che ho fatto della barca, voglio un po’ rendermi la vita “difficile” per poter massimizzare gli insegnamenti e le lezioni, obbligandomi a sbattere la testa, così quando farò il passo successivo mi porterò dietro un grande bagaglio d’esperienza.
Cos’è la cosa che rende la tua campagna Mini Transat “speciale”?
Noi viviamo in una società basata sul genere, ma per me il talento, nello sport come nella vita, non ha niente a che fare con esso. Il messaggio che cerco di trasmettere con la mia campagna è che noi possiamo fare tutto quello che vogliamo indipendentemente dal nostro genere e da quello che la società si aspetta da noi.
Argomenti: mare, ocean-race, vela