19 maggio 2016

Acciughe liguri al macero: proviamo a capire il perché. Intervista al pescatore Leonardo Fasciano

19 maggio 2016

Leonardo Fasciano è un esperto pescatore di Rapallo, svolge questo mestiere da oltre vent'anni. Ecco la sua opinione sul caso delle acciughe liguri

Acciughe liguri al macero: proviamo a capire il perché. Intervista al pescatore Leonardo Fasciano

Leonardo Fasciano è un esperto pescatore di Rapallo, svolge questo mestiere da oltre vent'anni. Ecco la sua opinione sul caso delle acciughe liguri

3 minuti di lettura

Spieghiamo in breve la questione. A inizio mese le lampare genovesi hanno pescato più del necessario e gran parte del pescato è finito al macero. Neppure l’invio di diverse cassette verso i mercati di Torino e di Milano ha garantito il regolare smaltimento del prodotto. Partiamo dal presupposto che un fatto del genere è un caso abbastanza eccezionale, da qui proviamo a capire cosa può essere realmente successo e come è organizzato il mercato del pesce in Liguria.

Abbiamo cercato una voce tra i pescatori per capirci di più e l’abbiamo trovata in Leonardo Fasciano. Il pescatore rapallino non si occupa direttamente del mercato delle acciughe ma ci ha spiegato meglio alcune dinamiche.

LN – Leonardo, la situazione ora pare essere tornata alla normalità?

LF – Ho fatto un giro al mercato del pesce di Genova e ho visto che le acciughe venivano venduto a 10 euro al kg. Ho visto del pesce buono, abbastanza grosso, mi è sembrato tutto regolare.

LN – Cosa ci puoi dire riguardo ai fatti occorsi a inizio mese, una tua opinione?

LF – Io non mi occupo direttamente del mercato delle acciughe, le lampare liguri lavorano solitamente nella zona di Sestri, di Genova, di Spezia. Posso provare a dare un mio giudizio, frutto dell’esperienza di questi venticinque anni di mestiere.

Evidentemente c’è stata scarsa comunicazione tra pescatori e grossisti, il prodotto fresco è arrivato dopo, quando ormai c’era poco richiesta. E’ davvero un peccato che cassette di pesce fresco vengano svendute o addirittura finiscano al macero. Noi ci muoviamo a livello locale, smerciamo il pesce tra pescherie e vendita al pubblico, poi la rimanenza, se ne resta, viene inviata al mercato di Genova.

LN – Perchè vengono importate così tante acciughe dall’Adriatico e dalla Croazia. Perchè non viene valorizzata la merce del luogo?

LF – Principalmente è una questione di prezzo. Il cliente non guarda più tanto alla qualità di ciò che compra, preferisce orientarsi sulla merce che costa meno. E’ un problema generale, capita in ogni settore. Inoltre c’è anche un altro aspetto, va detto che in questo periodo le acciughe nostrane non sono così grosse e così belle, molti ne approfittano e vendono merce di qualità minore che viene importata e che quindi viene pagata molto meno.

LN – Vorrei approfondire meglio questa tematica. Alcuni dicono che sia la norma vendere prima il pesce importato e solo in un secondo momento quello fresco. Poiché quello acquistato dai pescatori locali viene pagato a fine giornata, in base alle vendita, mentre la merce acquistata da fuori viene pagata prima. Cosa ci puoi dire in merito?

LF – Onestamente mi pare molto strano che la merce venga pagata indipendentemente dalla vendita, se questo è vero vuol dire che è pesce di qualità bassa, venduto a un prezzo davvero irrilevante. Solo in questo caso avrebbe logica un acquisto alla cieca.

LN – Il mercato del pesce com’è cambiato in questi anni?

LF – E’ una situazione molto diversa, non è più come tanti anni fa. Ora il pesce, le acciughe come pure le altre tipologie, arriva da canali diversi, c’è un commercio universale. Se qua è brutto e il peschereccio non può uscire, arriva la merce dall’Adriatico o dalla Croazia.

E’ venuta meno la concezione di acquistare dal peschereccio di fiducia, o meglio pochi la pensano ancora così. Una situazione del genere porta vantaggi e svantaggi. Di sicuro la qualità si è abbassata, a livello di prezzo invece c’è più opportunità di acquisto. Va detto questo, il mercato del pesce non è un mondo a parte, segue le tendenze globali.

 

Paolo Bellosta

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