15 marzo 2016

Il batterio mangia plastica potrebbe salvare il mare

15 marzo 2016

"Ideonella sakaiensis 201-F6": questo il nome del batterio scoperto dai giapponesi in grado di smaltire la plastica in sole 6 settimane.

Il batterio mangia plastica potrebbe salvare il mare

"Ideonella sakaiensis 201-F6": questo il nome del batterio scoperto dai giapponesi in grado di smaltire la plastica in sole 6 settimane.

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Sara’ un batterio mangia plastica a liberarci dal problema della plastica in eccesso e a salvare i nostri mari dall’inquinamento. E’ quanto emerso da uno studio condotto da alcuni scienziati giapponesi, che hanno scoperto l’esistenza di un batterio in grado di rompere i legami chimici del PET, il materiale di solito usato per realizzare le bottiglie di plastica.

Ogni anno vengono prodotti 311 milioni di tonnellate di plastica, ricavata per il 90% dal petrolio e per il solo 14% dal reciclo, e di queste molte finiscono in mare inquinando irreparabilmente i vari ecosistemi e mettendo a rischio la vita degli animali che ci abitano. Ben note sono (o dovrebbero esserlo), purtroppo, quelle isole gallegianti di spazzatura che si spostano da una parte all’altra degli oceani sfruttando le correnti marine. Questo avviene perche’ la plastica, impiegandoci molto tempo prima di degradarsi, si accumula in un unico punto e forma dei veri e propri “continenti” di rifiuti. Ora, pero’, grazie a questo studio pubblicato sulla rivista Science, forse sara’ possibile trovare una soluzione piu’ efficace al problema. Il batterio Ideonella sakaiensis 201-F6 ha, infatti, la capacita’ di produrre degli enzimi in grado di “corrodere” i legami del PET e di smaltire la plastica in sole 6 settimane.

Gli scienziati, tuttavia avvertono che questa non puo’ essere considerata una soluzione definitiva allo smaltimento della plastica. Per potersi servire del batterio occorre, infatti, investire in spazi, strumenti e risorse per creare delle strutture specializzate esclusivamente nello smaltimento del PET e questo potrebbe essere gia’ un limite non da poco per il suo sfruttamento.

Non va comunque dimenticato che esistono gia’ delle strutture adibite al riciclo del PET . Evitando di distruggere del tutto un materiale prodotto da una risorsa preziosa e difficile da reperire come il petriolio, si ottengono materiali da impiegare in diversi settori economici: quello dell’abbigliamento, per esempio, adopera questo metodo per creare fibre tessili da utilizzare nella realizzazione dei vestiti.

Ma esiste davvero una soluzione al problema della plastica? C’e’ chi sostiene che l’unico modo efficace sia produrne di meno e riciclarne di piu’. Ma bastera’ davvero?

Chiara Biffoni

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