27 gennaio 2012

Confiscato yacht da 3 milioni di euro del console onorario delle Bermuda

27 gennaio 2012

L'imbarcazione, dal nome "Jack", apparteneva all'imprenditore campano Gioacchino Di Meglio, che però non ha subito capi d'accusa. La Spezia sede della logistica truffaldina per evadere l'Iva

L'imbarcazione, dal nome "Jack", apparteneva all'imprenditore campano Gioacchino Di Meglio, che però non ha subito capi d'accusa. La Spezia sede della logistica truffaldina per evadere l'Iva

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Anche i ricchi piangono. Soprattutto in caso di sequestro, da parte della Guardia di Finanza, di uno yacht da 3 milioni di euro. È successo a Gioacchino Di Meglio, facoltoso imprenditore di Capri e console onorario delle Bermuda, dove si è trasferito più di 40 anni fa realizzando un impero economico fondato su alberghi e ristoranti, tra cui il famoso Mickey’s Bistro.

 

Sequestro illustre – L’imbarcazione in questione è “Jack”, un Azimut 18, appartenente all’imprenditore campano, sequestrata nel 2005 a seguito l’inchiesta condotta dal servizio navale della Guardia di Finanza di La Spezia, diretto dal luogotenente Giovanni Lanzetta, su delega del pubblico ministero della locale Procura della Repubblica, Raffaella Concas. Adesso è di proprietà dello Stato Italiano (lo ha deciso la Corte di Cassazione), che lo metterà in vendita ricavandone almeno 2 milioni di euro. In realtà, Gioacchino Di Meglio non ha subito alcun capo di imputazione, è stato solo ascoltato in qualità di persona informata sui fatti.

 

L’inchiesta – Nel mirino degli investigatori sono finite sei persone – i componenti di un’agenzia di servizi, uno spedizioniere, un funzionario dell’agenzia delle dogane di La Spezia – con l’accusa di avere organizzato un sistema illecito per abbattere il versamento dell’iva sulle immatricolazioni delle imbarcazioni.

 

Così evadevano l’Iva – In parole povere, funzionava così: si spedivano i mega yacht in un qualche paradiso fiscale e gli li si faceva far rotta verso l’Italia per l’immatricolazione. Per evadere l’imposta, si sottostimava il valore commerciale di tali imbarcazioni, grazie a perizie costruite ad arte ad opera del funzionario compiacente, consentendo ai proprietari di pagare fino a 5 volte meno di quanto dovuto. Anche l’Azimut di Di Meglio era tra queste barche, in buona compagnia, peraltro. C’era anche il 43 metri di Hermes Stephanou, potentissimo armatore cipriota. «L’imprenditore – ha detto Emilio Ruotolo, l’avvocato caprese che all’epoca prese le difese di Di Meglio – fu ascoltato in Procura, a La Spezia, ma carte alla mano riuscì a dimostrare di essersi affidato in buona fede a quella agenzia. Motivo per cui non si procedette nei suoi confronti».

 

(fonte immagine royalgazette.com)

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