12 maggio 2015

Cosa ci ha insegnato il caso Concordia? Analisi e riflessioni sulla realtà navale italiana

12 maggio 2015

Un triste capitolo che sembrerebbe volgere al termine, almeno per quanto riguarda la parte riferita agli aspetti connessi al suo destino

Un triste capitolo che sembrerebbe volgere al termine, almeno per quanto riguarda la parte riferita agli aspetti connessi al suo destino

3 minuti di lettura

webcam_genova_costa_2L’ultimo viaggio per la Costa Concordia è iniziato, e pian piano il relitto si avvia sempre di più verso la sua completa demolizione. Un triste capitolo che sembrerebbe volgere al termine, almeno per quanto riguarda la parte riferita agli aspetti connessi al suo destino; e mentre ancora si disputa la partita legale e l’ex Comandante Schettino, dice la sua attraverso il libro “Le verità sommerse” (Graus editore), è comunque lecito domandarsi cosa ci abbia lasciato di costruttivo, o comunque come elemento di riflessione, questa vicenda.

 

L’analisi è senz’altro ampia ed articolata ma, allo stesso tempo, addirittura doverosa.In primo luogo è venuto nuovamente alla ribalta il fattore sicurezza, aspetto su cui si legifera e si parla in abbondanza ma che qui, in Italia, è ancora tematica ed argomento di secondaria importanza; basti pensare alla melma tirata su da Report durante il loro servizio del 10 ottobre 2014, che ha gettato nuove ombre e perplessità, non risparmiando certo cantieri, autorità ed organismi tecnici.

 

Senz’altro ulteriore fattore, sui sarebbe opportuno lavorare, è sempre quello riferito alla formazione, la quale, ad oggi più che migliorare è solamente peggiorata. Partendo dagli ex istituti nautici presso i quali e fino a prova contraria, dovrebbero essere i primi enti proposti alla buona preparazione dei futuri ufficiali, per poi passare a particolari politiche di talune compagnie, il risultato è certamente da considerarsi pressoché disastroso.

 

Inutile sottolineare, che in un mondo come quello navale, altamente competitivo e senza frontiere, l’unico fattore che può fare la differenza, al fine di competere ad armi pari con le altre realtà marittime, è quello qualitativo, il quale, paga bene e sempre.
Infatti e per fortuna, c’è da dirlo, che il settore, salvo le opportune eccezioni nazionali, viene “salvato” dalle eccellenze estere le quali, essendo il settore dello shipping e dello yachting internazionale, di riflesso può ancora esaltare le ottime individualità (italiane) e professionalità di esperti, tecnici, comandanti e ufficiali, nonché di aziende che lavorano sparse in tutto il mondo.

 

Certamente un’ulteriore ingrediente che manca è quello relativo alla serietà ed al buon senso, che nel suo complesso, oltre che a farci fare spesso brutte figure (come nel caso in questione), penalizza e sta penalizzando ancora il settore, il quale oltre che ad essere dilaniato dalla crisi è stato anche affossato da politiche economiche folli e non competitive, portando un patrimonio professionale e sociale alla rovina.

 

Sicuramente se il paese sapesse migliorarsi in meglio, prendendo magari spunto da sistemi marittimi consolidati, pratici, seri ed economicamente sostenibili, come quello Inglese, tanto per fare un esempio, allora e forse potremmo aspirare, un giorno, a definirci senza paura di essere contradetti: «Un popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori».

Daniele Motta
Perito e Consulente Navale
Per ulteriori informazioni:
www.studiomcs.org – e-mail: info@studiomcs.org
Tel. +39 389 006 3921

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3 commenti

  1. tommaso says:

    Cerchiamo di non essere ipocriti. Schettino è imperdonabile ma resta l’espressione di un sistema che lo ha promosso comandante a capo di un branco di incapaci, su una nave viziata, fatta con lamiere sottili, saldate male, con paratie stagne e cedevoli tanto da affondare col mare calmo lasciando la falla emersa. I super tecnici scrivono che tutte le certificazioni sono valide certificando con questo solo la propria omertà.

  2. Egr. Sig. Tripiciano,
    La ringrazio anzitutto per i modi con cui ha espresso il suo pensiero.
    Tuttavia, senza presunzione alcuna credo, invece, che le tematiche citate siano invece tutt’altro che non comprensibili…

    In primo luogo è stata citata la formazione, la quale, le posso assicurare, è statisticamente uno dei fattori più frequenti che possono portare al sinistro e sul quale, le assicuro, e sempre facendo le dovute eccezioni, è argomento di assoluta attualità nel settore marittimo. (basti pensare alla STCW che ha avuto la sua prima stesura in tempi non certo biblici, ovvero dal ’78)

    Per quanto riguarda il resto credo che ogni ulteriore commento possa essere solamente superfluo. Se da 40 anni lei ha il piacere di navigare, anche se come diportista, sono convinto che avrà potuto notare il livello del nostro sistema marittimo rispetto a quello di determinati paesi, anche se naviga certamente per piacere.

    Ad ogni modo spero vivamente, anche se per me è la prima volta da 5 anni, che i futuri articoli siano, per tutti i lettori, sempre migliori e comprensibili dei precendenti.

    Ringraziandola ancora,

    Migliori Saluti

    Daniele M.

  3. Mauro Tripiciano says:

    Sono un esperto di sicurezza sul lavoro e diportista a vela da 40 anni; non metto in dubbio la competenza di D.Motta né la qualità delle sue idee, ma non ho capito quasi niente dell’articolo: dovremmo sforzarci tutti di essere più chiari e concreti se vogliamo fare qualche passo avanti.